12
Set
2009

Perché Exor compra Fideuram…

Si sprecano tesi e interpretazioni sul perché nel comitato di gestione di Intesa a fine mese la banca guidata da Corrado Passera cederà proprio alla Exor degli eredi Agnelli Banca Fideuram, per poco più di 3 bn. nel settore assicurativo e nel risparmio i controllanti di Fiat sono entrati e usciti a più riprese nella loro storia, a seconda degli anni buoni o cattivi dei capitali che potevano liberare o concentrare nell’auto. Dunque oggi si potrebbe pensare che essendo ormai Fiat un’azienda il cui più consistente apporto patrimoniale è americano,  si può passare dagli annunci di diversificazione ai fatti. Anche se resta il controsenso di dover cercare capitali sul mercato o dalle banche per questa acquisizione, e chissà che non sia la stessa Intesa a fornirli… Ma aggiungo una battura illuminante che mi ha fatto ieri l’altro un banchiere – il migliore in Italia, secondo me – apprendendo della trattativa torinese in corso. “Non stia ad almanaccare”, mi ha detto ghignando. “Comprano un gestore di risparmio perché solo così possono far rientrare i loro patrimoni contando sulla più assoluta riservatezza”.  Insomma, meglio Fideuram che Margherita.

12
Set
2009

Dopo Amato, anche CdB sbaglia sulla patrimoniale. E tifa per gli evasori

Sul Sole 24 Ore di oggi Carlo De Benedetti si aggiunge alla richiesta di un’imposta patrimoniale, avanzata a inizio agosto da Giuliano Amato. Me ne sono occupato qui, facendo mia la classica obiezione alla patrimoniale nel nostro ordinamento argomentata dal grande Cesare Cosciani, intorno all’inopportunità di un’imposta che premierebbe i patrimoni ad alto reddito nominale come le speculazioni immobiliari, e ostacolerebbe la patrimonializzazione delle imprese che è invece oggi più che mai necessaria, soprattutto per il 98% di imprese italiane sotto i 15 dipendenti. Non ho molto da aggiungere per illustrare la nostra contrarietà, se non tre osservazioni secche.  Read More

11
Set
2009

Un esempio perfetto

Forse sono un po’ troppo radicale a dire che la public choice dimostra che la politica non può funzionare, però ogni tanto (credo più o meno ogni giorno, ad informarsi) capitano degli esempi veramente lampanti a riguardo.

Lakeside Capital ci informa che la triste vicenda dei lavoratori che si erano abbarbicati sulle gru perché il loro datore di lavoro aveva venduto l’azienda ha avuto sviluppi interessanti. In sostanza, dice il Corriere, alla fine a pagare sarà il contribuente. Che sorpresa.

Per dirla come l’ispiratore di Buchanan e Tullock, “lo stato è la grande finzione mediante la quale tutti pensano di vivere a spese degli altri”.

Qual è il problema? Una lobby che chiede 60,000,000 di euro allo stato costa ad ogni suo cittadino solo 1 euro: inutile, anzi, antieconomico, opporsi. Quando poi si arriva a 10,000 gruppi che chiedono altrettanto, il portafoglio del contribuente verrà saccheggiato, ma non ci sarà alcun modo per difendersi, visto che bisognerebbe combattere 10,000 guerre contro le lobby per recuperare 1€ da ciascuna.

Se invece lo stato, in tutte le sue forme e manifestazioni, non potesse fare certe cose, le lobby, semplicemente, sparirebbero, senza problemi irrisolvibili di public choice da affrontare. Non esiste la buona politica, esiste per fortuna la politica impotente. O perlomeno esisteva in passato.

11
Set
2009

Tassa-e-spendi o spendi-e-tassa? La seconda che hai detto, in Italia

Antonio Alfonso economista presso la BCE e Christophe Rault presso la Università di Orléans Cedex 2 hanno appena reso noto un divertente studio che stabilisce una tassonomia nel meccanismo di trasmissione della politica fiscale dei paesi dell’UE. La domanda è: dall’osservazione degli andamenti intertemporali della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale è possibile osservare delle inferenze di Granger-causality tra i due aggregati, in modo da distinguere i Paesi che tendenzialmente prima spendono di più e poi tassano di più, da quelli che invece spendono di più grazie all’effetto cassa-piena del buon gettito fiscale raccolto? La differenza è fondamentale. I Paesi spendi-e-tassa hanno com’è ovvio sistemi pubblici più tendenzialmente fuori controllo dal punto di vista della stabilità di medio-lungo periodo. I Paesi tassa-e-spendi sono intrinsecamente più stabili, hanno cioè un track record storico che testimonia una migliore capacità di tenere il freno tirato sulla spesa, per evitare deficit e aumento del debito pubblico, in caso di scelte di alleggerimento fiscale o in caso di contrazione del gettito a seguito di crisi economiche. In una fase storica come l’attuale, in cui i debiti pubblici per ragioni di “dichiarata” anticiclicità – noi siamo molto scettici su questo punto, come avrete capito dai mille post critici del moltiplicatore keynesiano –  tendono a crescere esponenzialmente, è intuitivo che i Paesi spendi-e-tassa sono esposti a rischi maggiori di quelli tassa-e-spendi. E dunque i loro politici e regolatori devono usare un’attenzione maggiore, prima di pestare con troppa energia il piede sul pedale della spesa pubblica. Domanda: secondo voi dove sta l’Italia? Ma che domande: tra i Paesi più di tutti spendi-e-tassa, naturalmente. Read More

10
Set
2009

Gas release: teoria del complotto o gioco delle coppie?

Per giudicare l’efficacia di un provvedimento, bisogna anzitutto aver chiaro quale sia il suo obiettivo. Se la gas release della settimana scorsa serviva dunque ad aiutare le piccole e medie imprese italiane, strette tra il crollo dei volumi, la riduzione dei margini, e un costo dell’energia comunque più alto di quello dei competitor, i dati diffusi ieri dall’Eni non lasciano spazio a dubbi: l’asta è andata semideserta, i prezzi hanno scontentato venditore e compratori (il che potrebbe essere un argomento per l’equità della scelta, però), e gran parte dei lotti sono andati a grossi utilizzatori o intermediari. Della delusione di tutti dà conto Stefano Agnoli sul Corriere. Dagospia, invece, offre una lettura, diciamo, complottista: forse non del tutto ingiustificata. Ma credo sia necessario aggiungere qualche tassello.

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9
Set
2009

L’Italia, “meno sociale” tra gli statalisti

Ho appena terminato di studiare una bellissima ricerca realizzata da Mathias Dolls e Andreas Peichl dell’Università di Colonia, e Clemens Fuest dell’Università di Oxford. I politici italiani di entrambi gli schieramenti dovrebbero leggerla. I contribuenti italiani di tutte le fedi politiche, dovrebbero leggerla. I sindacalisti e gli industriali, dovrebbero abbeverarsene. Non capita spesso, infatti, di incappare in uno studio che esamini in maniera comparata tanto efficacemente la funzionalità di così numerosi ordinamenti di welfare, al fine di misurarne gli effetti di “assorbimento” di una crisi economica. Gli autori erano mossi dall’intento di paragonare i due macromodelli a confronto, quello americano e quello europeo. Ma in realtà, poiché le misurazioni sono realizzate non per media europea ma distinguendo ciascuno dei 19 Paesi europei rilevati, le conclusioni più interessanti riguardano proprio il nostro Paese. Perché tra i Paesi ad altissima tassazione e contribuzione, l’Italia si classifica come il più inefficiente sistema di welfare pubblico ai fini del mitigamento degli effetti della crisi. L’America fa come noi o meglio di noi, ma con una pressione fiscale di oltre il 12% di Pil in meno. Ciò che di solito sinistra, sindacato e anche destra qui in Italia considerano la garanzia di un sistema più efficace nel “non lasciare nessuno solo di fronte alla crisi”, rispetto all’America – e cioè più spesa pubblica in nome della quale si giustifica l’enorme percentuale di prelievo pubblico in più – si rivela in realtà a un’attenta disamina per ciò che è: una bu-fa-la assoluta.  Read More

9
Set
2009

Nuove regole del gioco: la proposta di Goldman

Il Chief Executive Officer di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, parlando alla Handelsblatt Banking Conference di Francoforte, si mostra un filino pentito:

Il settore [finanziario] ha permesso che la crescita e la complessità dei nuovi strumenti superasse la loro utilità economica e sociale, come anche la capacità operativa di gestirli. Come risultato, il rischio operativo è aumentato drammaticamente e questo ha avuto un effetto diretto sulla stabilità complessiva del sistema finanziario.

Blankfein si è detto favorevole alla creazione di casse di compensazione per i derivati attualmente trattati over the counter, e che hanno raggiunto un sufficiente grado di standardizzazione.

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