29
Apr
2010

Lo sbilancio previdenziale: c’è, eccome

Non c’è dubbio che bisogna essere riconoscenti, per il gran lavoro svolto all’Inps dal presidente Antonio Mastrapasqua e da tutti i suoi collaboratori. La relazione annuale INPS sul 2009  presentata l’altroieri in Parlamento testimonia di un grande sforzo di efficienza tecnologica e di procedure, con 600 milioni di euro di risparmi cumulati, 18 miliardi di sostegni a vario titolo alle vittime della crisi di cui 10 alle famiglie, 18 milioni di prestazioni pensionistiche pagate, 20 milioni di lavoratori assicurati, un milione e mezzo di imprese con cui interfacciarsi. Anche se, malgrado tutto questo, il testo della relazione sul sito Inps ancora non c’è. Tre dati almeno, però, si stagliano tra tutti quelli forniti, e disegnano una fotografia del Paese che ha anche ombre, al di là delle luce su cui Mastrapaqua giustamente ha insistito. La prima ombra è il pesante deficit reale, altro che avanzo. Vediamo i dati.

Il primo riguarda il bilancio finanziario. Viene dichiarato un avanzo di 7,9 miliardi rispetto agli 11 del 2008. Ma a fronte di uscite per 268,6 miliardi, le entrate contributive ammontano nel 2009 a 148,5 miliardi. Il resto sono trasferimenti dal bilancio dello Stato per 83 miliardi, in amento del 5% quasi sull’anno prima. E’ evidente che per un conto veritiero, al dà della tecnicalità delle diverse poste e del fatto che all’Inps spettano funzioni di assistenza oltre che previdenziali, bisogna concludere che il bilancio resta in rosso per 83 miliardi meno gli 8 di avanzo, cioè di 75 miliardi. Lo sbilancio era pari a 59 miliardi nel 1999, a 68 nel 2007. E’ cresciuto del 24% in un decennio.  Nel dare atto all’INPS di fare il possibile per migliorare l’efficienza della propria gestione, questo è il maggior dato su cui riflettere. Senza nuovi interventi – a proposito dei quali si comprende che la politica non muoia dalla voglia di confrontarsi con sindacato e  imprese – i trasferimenti generali dal bilancio dello Stato sono destinati ad accrescersi.

Il secondo dato riguarda i 16 e oltre miliardi spesi per i 2,6 milioni di trattamenti d’invalidità. L’INPS sta potenziando con successo i controlli e le revoche, e si espone a ulteriore contenzioso come non bastasse quello che già lo colpisce. Ma lo scandalo del ministro Tremonti, che ripete spesso i tassi di concentrazione dell’invalidità in alcune province del Sud superiori anche del 500% al resto d’Italia, resta pienamente giustificato. E’ una prassi che in alcune aree d’Italia ha configurato una vera forma impropria di integrazione al reddito delle famiglie. In cambio quasi sempre di consensi alla politica e al sindacato, con medici e funzionari compiacenti. E’ una faccia dell’Italia premoderna che colpisce i contribuenti onesti, uno scandalo che deve finire.

Il terzo dato è quello che ci dice molto dell’Italia attuale e del suo futuro. Nel 2010, la popolazione degli anziani sopra i 65 anni supererà quella dei giovani tra gli 0 e 19 anni. E’ l’inversione di una tendenza plurisecolare, dovuto all’innalzamento della vita attesa, al minor tasso di fecondità da oltre 25 anni inchiodato a 1,5 nati per donna invece dei 2,1 che servono a sostenere l’equilibrio demografico. Nel 2009 i nuovi sessantenni sono stati 780 mila, i nuovi ventenni poco più di 600mila. Se allunghiamo la proiezione fino al bambini nati nel 2009, per ogni anno tra il 2010 e il 2030 otteniamo che il saldo migratorio necessario per l’equilibrio dei conti intergenerazionali sale dalle 170 mila unità del 2009, a 200mila l’anno fino al 2017, per innalzarsi a ben 400 mila l’anno tra il 2019 e il 2030. Trecentomila nuovi stranieri l’anno per vent’anni sono sei milioni di individui: è questo l’apporto di immigrati di cui l’Italia e l’INPS hanno bisogno, per non collassare sotto il peso di trasferimenti ancora maggiori dalla fiscalità generale.

Di qui tre conseguenze. La prima riguarda la necessità di una forte svolta nelle politiche a favore della famiglia e della natalità. Si tratti di deduzioni fiscali o del quoziente familiare, sono più che mai necessari approcci “alla francese” o alla “tedesca”, per innalzare il tasso di attività femminile rendendo insieme possibile avere più figli, come accade in quei Paesi.

La seconda conseguenza è che sulle politiche dell’immigrazione non è più il caso di fare demagogia. Senza imigrati, e  ben integrati, l’Italia secondo i numeri che abbiamo non si regge.

La terza è che bisogna abituarci a un paese in cui gli ultra sessantacinquenni passeranno oltre i 20 milioni tra poco, per salire fin verso i 30. E’ un Paese in cui cambia la modalità del consumo e dell’investimento, del risparmio e dell’utilizzo del patrimonio. In cui devono essere diversi i modi di intendere e offrire i servizi, la mobilità nelle città e sui lunghi tratti, la facilità di accesso alla pubblica amministrazione. Ma anche l’intrattenimento e i consumi culturali, il cibo e le abitudini alimentari, persino lo sport e il tempo libero. In un Paese dove tutto è modellato in apparenza per “sempre giovani”, saremo davvero capaci di adeguarci a un’”Italoia di vecchi’? E’ una asfida culturale e umana, prima che di aridi conti previdenziali.

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8 Responses

  1. Compri oro, signore, non registrato e in suo possesso fisico. Il Truffone non può stare in piedi e anche chi si ritiene parte dell’elite può essere colpito. Come ben sanno i compagni di merende, è dal 2001 che il Cardinale avvertiva che il Truffone faceva cric-cric.
    Nessun sistema che non sia un gold full coin standard privato può stare in piedi. Tutti gli altri sistemi (previdenziale, bank leverage, riserva frazionaria, debito sovrano) sono solo Ponzi-variazioni, che campano con tempo preso a prestito. Resta solo da indovinare quanto tempo. Tic, tac, tic, tac…

  2. Guido

    Buongiorno Giannino, sono un suo estimatore e la seguo assiduamente anche su radio 24, nonostante questo vorrei farle un piccolo appunto.
    Tutte le volte che devo leggere un’articolo sul suo Blog, devo perderci la vista inquanto non c’è modo, ne con pulsanti nel sito ne con i browser di allargare la pagina senza con questo perdere parte (margine sx) dello scritto,e questo non dipende dal bowser.
    La ringrazio per la sua pazienza e chiedo scusa per non essere nell’argomento ma, mi è venuto di getto e le ho scritto.
    Rinnovandole la mia stima la saluto.
    Guido.

  3. admin

    @Guido abbiamo riscontrato quello che lei segnala e abbiamo aggiunto uno strumento di ingrandimento del carattere in alto a destra nella pagina

  4. stefano

    Egregio Oscar Giannino, a proposito di demagogia sugli immigrati, credo che la stessa possa esser fatta in entrambe le direzioni:
    1) non li voglio perché rubano posti di lavoro agli Italiani
    2) li voglio per fare i lavori che gli Italiani non vogliono più e perché devono pagarci le pensioni
    Ora, io ho per vicini di casa degli immigrati, con alcuni mi trovo bene, con altri no, non ho preclusioni né sensi di colpa nei loro confronti.
    Per quanto riguarda l’INPS, la invito ad andare presso una sede di tale istituto, e vedrà con i suoi occhi che gli immigrati sono i più assidui frequentatori (le donne di talune etnie e/o religioni, non possono uscire di casa se non accompagnate, ma pare che per battere cassa si faccia uno strappo alla regola).
    Mi risulta, ma qui lei potrà correggermi se sbaglio, che gli immigrati,qualora decidessero di tornare a casetta loro, si possano portare via tutti i contributi versati con gli interessi al 5%.
    Se invece questi tramite il ricongiungimento si portano in Italia i “genitori”, gli ultrasessantacinquenni ricongiunti possono chiedere la sociale (se è vero questa è grossa!).
    Un mio vicino ha tre mogli, laggiù nell’Africa nera. Torna al suo Paese per le vacanze, le rende gravide e poi le fa venire in Italia a scodellare i pargoli nei nostri ospedali, che sono “belli e gratis”.
    A fronte di questi, ovvio, c’è l’immigrato che non intende tornare per i più svariati motivi, ed allora ha anche cura del Paese che lo ospita.
    Ciò non toglie che se la legislazione è quella che ho descritto, il giorno in cui decideranno tutti di andarsene (e non è detto che non accada) il buco INPS diventerebbe ancora più grave. Altro che palle.
    E le assicuro che la maggior parte intende ritornare.

  5. Fabio Fazzi

    Caro Giannino, il Suo post è, come al solito, molto interessante. Soldi per politiche a favore della natalità (ammesso che servano a qualcosa: la denatalità è anche una conseguenza di un humus culturale) non ce ne sono. Del resto non si può neppure pensare che la popolazione cresca all’infinito per “produrre” contribuenti sufficienti a compensare l’aumento della durata della vita inattiva media. L’immigrazione, come rileva correttamente Stefano, comporta anche un aumento dei costi sanitari, di assistenza sociale, etc. e, aggiungo io, versamenti contributivi assai modesti dato il basso livello di reddito degli immigrati.
    Siamo quindi veramente di fronte a, come scrive Lei, a una grande sfida culturale e umana che richiederà necessariamente un drastico aumento della durata della vita lavorativa. Sfida difficile non solo per le resistenze sindacali, ma anche perché normalmente i lavoratori anziani, in quanto costosi e poco flessibili, sono vissuti come un peso dalle aziende, che sono spesso felici di liberarsene persino con i prepensionamenti incentivati. Occorre quindi pensare a “lavori per anziani”, dove collocare utilmente persone di età compresa tra i 60 e i 70 anni, consentendo loro di percepire un reddito che non pesi sulla previdenza in attesa della pensione.

  6. Massimo

    In Italia ci sono circa 60 milioni di abitanti. Portare il tasso di occupazione alla media UE (+7,1%) vorrebbe dire mettere al lavoro 4.260.000 persone.

    Se non tutti, una buona parte dei lavortatori di cui l’INPS avrebbe bisogno, e già integrati, senza i problemi che tutti conosciamo (vedi le banlieues francesi)

    Non che questa operazione sia facile intendiamoci, ma comunque più semplice che stravolgere l’intera nostra società.

    http://www.repubblica.it/economia/2010/04/28/news/l_italia_del_non_lavoro_7_meno_della_media_ue-3675148/

    L’Italia del non lavoro 7% meno della media UE
    La percentuale di disoccupati risulta più bassa perché c’è meno gente che lavora: il 57,5% contro il 64,6% della media europea. Situazione drammatica al Sud specie per donne e giovani

    (segue online)

  7. Andrea

    Buongiorno Oscar,
    mi rendo conto di essere “pistino” ma le chiedo una precisazione, se le entrate contributive 2009 INPS sono 148,5 miliardi, i contributi dello Stato 83 miliardi (totale entrate 231,5 miliardi) e quanto erogato 268,6 miliardi, siamo già qui in presenza di un disavanzo di 37,1 miliardi. Quale cifra è errata o cosa non è stato calcolato?

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