30
Mar
2020

L’importanza della comunicazione nella lotta al virus

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Nicolò Bragazza.

Nella terribile situazione che l’Italia sta attraversando a causa dell’epidemia di Covid-19 si ha l’impressione che, nonostante i morti, gli ammalati e le sofferenze, vi sia qualcosa che manca inesorabilmente e che, in momenti come questi, é vitale tanto quanto le cure mediche, ossia una strategia del governo per far fronte al contempo all’emergenza sanitaria e all’emergenza economica.

E questo non tanto perché dal governo ci si aspettino soluzioni miracolose nottetempo, ma piuttosto perché da esso ci si aspetterebbero perlomeno chiarezza e decisione in un momento in cui un intero Paese é stato chiuso in casa a causa di un nemico letale ed invisibile. Questa pretesa dovrebbe essere il minimo sindacale non solo per assicurare l’efficacia delle misure già prese ma anche per affermare il principio che i cittadini non sono sudditi e meritano la massima trasparenza quando sono gioco, seppur per un periodo limitato, le loro libertà fondamentali. Creare un rapporto maturo e responsabile con la cittadinanza dovrebbe essere, specialmente nelle emergenze, il principale obiettivo di ogni governo che abbia a cuore una soluzione per quanto possibile rapida della crisi.

In questa sede sorvoleremo sulla prassi di prendere decisioni annunciandole via facebook o per mezzo di Dpcm (senza nemmeno il dovere in seconda battuta di richiedere l’approvazione dei rappresentanti dei cittadini). Molti ne hanno già scritto estensivamente e chiaramente come l’amico Giuseppe Portonera qui. Sorvoleremo anche sull’adozione di altri metodi di contenimento del virus sperimentati in altri Paesi: assumeremo che sia stato scelto il metodo migliore possibile per far fronte alle caratteristiche delle nostra emergenza e che, come tale, il lockdown sia una misura appropriata. 

Fatte queste doverose premesse e concedendo quindi al governo il beneficio della correttezza delle misure emergenziali finora adottate passiamo ad una critica piu serrata delle modalità comunicative che in questo momento rivestono un’importanza altrettanto cruciale.

Ufficialmente il lockdown verrà mantenuto fino al 3 aprile ma sembra certa un’ulteriore estensione (verosimilmente fino a fine aprile/inizio maggio). Già il fatto che a 5 giorni dalla fine del lockdown non si abbia visibilità su ciò che succederà dopo la dice lunga sulla capacità di questo governo di gestire la comunicazione con la cittadinanza in questa fase di emergenza. E questo ha un impatto non solo sulle aspettative, ma di riflesso anche sulla salute fisica e mentale di moltissimi italiani già prostrati da 15 giorni di “arresti domiciliari”. A questo si aggiunge il clima di incertezza per le aziende e le attività commerciali che non sanno quando potranno sollevare nuovamente le saracinesche e tornare a lavorare. Spesso, in economia, l’incertezza uccide più della mancanza di attività economica effettiva e genera una serie di risposte che possono avvitarsi in una spirale ancora più negativa. Esiste un chiaro trade-off tra contenimento dell’epidemia e ripartenza dell’economia, ma questo non dovrebbe far dimenticare il fatto che una volta che le terapie intensive saranno tornate a “respirare” sarà doveroso procedere il più velocemente possibile con il ritorno alla normalità. Se é vero che questo virus uccide, é anche vero che qualora il nostro sistema economico collassasse non avremmo solo un rischio ulteriore di propagazione del virus, ma anche disordini e violenze. Nessuno stato democratico e liberale può sopravvivere in questa eventualità. 

Per questa ragione, il governo dovrebbe immediatamente comunicare l’estensione del lockdown, fino ad una data che, con un minimo margine di errore, possa dirsi conclusiva dell’epidemia o perlomeno degli effetti più gravosi sugli ospedali e in particolare sulle unità di terapia intensiva. Ovviamente una comunicazione chiara di questo tipo renderà più semplice per famiglie e imprese fare programmi per il futuro e attrezzarsi adeguatamente per la riapertura. A questo deve accompagnarsi una comunicazione trasparente sulle misure future per il contenimento del contagio (che purtroppo non é destinato a sparire in un paio di mesi) e per supportare le imprese e l’attività economica più in generale. Questo si traduce nel preparare la popolazione psicologicamente e materialmente a convivere con il virus finché una cura particolarmente efficace o un vaccino non saranno disponibili e adottare su larga scala tutte quelle prassi che consentono di ridurre notevolmente la capacità di tramissione del virus. Uffici pubblici, luoghi pubblici e luoghi di lavoro piu in generale dovrebbe essere dotati di tutti gli strumenti necessari per assicurare un sereno svolgimento dell’attività lavorativa nella massima sicurezza. Si parla di guanti, mascherine (adeguate), igienizzanti per le mani, per superfici e altri strumenti che dovrebbero essere messi a disposizione su larga scala e il cui uso dovrebbe essere caldamente raccomandato. Mi piace sempre riportare l’esempio dello Shopping Mall a Canary Wharf qui a Londra, dove di fianco ad ogni ingresso sono disponibili degli apparecchi attaccati al muro che distribuiscono gratuitamente gel igienizzanti per le mani. Non ritengo impossibile dotare tutti i grandi supermercati e i centri commerciali italiani di questi dispositivi che potrebbero avere un ruolo non marginale nel rallentare la propagazione del virus.  

Bisognerebbe incentivare lo smart working per quanto possibile e mantenere chiuse le scuole e le università almeno fino a settembre. Esse dovrebbero continuare le proprie attività online, come molte stanno già facendo con ottimi risultati. 

Sul fronte degli ospedali si rende oggi più che mai necessario per supportare una riapertura il più rapida possibile un aumento poderoso delle unità di terapia intensiva e sub-intensiva che garantirebbero la possibilità di gestire i picchi con maggiore efficacia e soprattutto evitando al personale sanitario quelle scelte terribili e dolorose tra chi poter salvare e chi no. Il governo dovrebbe comunicare i numeri e gli obiettivi che si pone su questo fronte con la massima chiarezza in modo che i progressi possano essere documentabili. Questo avrebbe l’effetto non solo di garantire un giusto controllo dell’elettorato sulll’azione di governo – che, a chi scrive, sembra essere ciò che più preoccupa il governo stesso – ma anche di dare maggiore serenità al personale medico che in questo momento é costretto a lavorare in situazioni di perenne emergenza per mancanza di posti sufficienti a garantire il trattamento adeguato ai pazienti. 

La necessità di stabilire tempi e indicazioni chiare e definite alla popolazione é un dovere del governo e deve essere il vero asse su cui costruire il successo della strategia anti-epidemia. Non é contando sull’inasprimento delle pene e sull’emissione di nuovi moduli che é possibile vincere la battaglia con il virus, ma é necessario piuttosto puntare su un rapporto maturo, trasparente e coerente con la cittadinanza tutta. Se il governo metterà in campo una strategia che unisca scadenze certe con un piano multi-livello per garantire una riapertura il più rapida possibile che comprenda anche una strategia di contenimento dei contagi, allora é possibile non solo che l’epidemia verrà presto limitata, ma anche che i danni economici possano essere relativamente contenuti. Diversamente, i danni economici saranno estesi e potenzialmente permanenti e questo non avrà altro effetto che vanificare le possibilità di contenere l’epidemia.

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