2
Nov
2009

Liberalizzazione dei cieli: langue pure in Africa

Yamoussoukro è una città di cui pochi, in Europa, conoscono il nome: eppure se si tratta della capitale della Costa d’Avorio e della città da cui proveniva anche colui che per più di trent’anni – dal 1960 al 1993 – ha gestito i destini di questa nazione africana: Félix Houphouët-Boigny.

Una decina di anni fa in questo centro si tenne pure un summit panafricano che avrebbe dovuto favorire, con la “decisione di Yamoussoukro”, appunto, lo sviluppo dell’aviazione del continente grazie ad un processo di liberalizzazione. Poco e niente, però, ne è derivato. Nonostante la mobilitazione della Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) e dell’Eccas (Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale), nel 1999 si sono delineate regole che nessuno ha veramente rispettato e formulato auspici a cui nessuno ha dato corpo.

Così in questi giorni sono tornati a Yamoussoukro – per la Sesta riunione del comitato di coordinamento – i tecnici incaricati di elaborare nuove soluzioni, che hanno poi trasferito i loro dossier ai ministri interessati. La questione merita atenzione perché se sulla situazione americana ed europea è abbastanza agevole avere informazioni (e di recente Andrea Giuricin ha pubblicato un ottimo post, qui su Chicago-blog, proprio in merito agli ostacoli che la liberalizzazione all’interno dell’Occidente sta conoscendo), in genere quanto accade in Africa resta abbastanza misterioso. Si sa senza dubbio – lo rilevava in modo assai efficace anche June Arunga nel suo eccellente documentario di qualche anno fa realizzato per la Bbc e intitolato The Devil’s Footpath – che i collegamenti all’interno del continente sono difficilissimi. Ma è difficile comprendere in che modo stia evolvendo la situazione.

A quanto è dato di capire dalla stampa africana di questi ultimi giorni, i risultati della riunione sono però stati piuttosto deludenti e forse c’è poco da attendersi anche per gli anni a venire. L’aviazione africana deve fare i conti con gravi problemi “esterni” (basti pensare alla regolamentazione europea in materia di ambiente, che non aiuta lo sviluppo dell’aviazione dell’Africa), ma anche con problemi “interni”. Al riguardo, è sufficiente ricordare l’obbligo del visto tra i vari Paesi africani: come se ci si dovesse recare al consolato ogni volta che da Roma si decide di andare a Parigi o Londra…

La riunione di Yamoussoukro avrebbe dovuto obbligare a riflettere sul ruolo dello Stato nei servizi di trasporto aereo (egemonizzati dai poteri pubblici in larga parte dell’Africa), ma anche sull’esigenza di globalizzare le varie economie, facendo saltare barriere e frontiere. L’aviazione forse più statizzata al mondo, quella africana, è anche la più arretrata e con la più alta percentuale di incidenti, come ha sottolineato pure Celestin Talaki, commissario alle Infrastrutture per la Ecowas.

Ma alla fine del meeting qualcuno è stato costretto a prendere atto – come riporta il quotidiano ivoriano Le Temps – che “taluni ostacoli hanno frenato la liberalizzazione”. Tante buone intenzioni hanno insomma prodotto un risultato di poco conto.

D’altra parte, le controversie sul trasporto aereo dell’Africa ci dicono come lì si soffra di mali che ben sperimentiamo ogni giorno in Europa: una presenza abnorme del settore pubblico (il “modello Air France”, per capirci), barriere protezionistiche e altri ostacoli agli scambi, lo sviluppo di istituzioni continentali più parassitarie che altro, classi politiche inaffidabili e clientelari, incapacità a evolvere. Il disastro è che nel caso africano tutto questo finisce per gravare su una situazione già molto difficile, che lo statalismo aggrava ancor più.

La dichiarazione finale uscita dagli incontri di Yamoussoukro non ha mancato di chiedere, secondo quanto riportano le cronache, che si agisca davvero verso la liberalizzazione dei cieli e che si attribuiscano a tutte le compagnie in possesso dei necessari requisiti i titoli ad operare nelle varie linee. E questo va bene. Ma in realtà si è insistito soprattutto sull’esigenza per gli Stati di spendere di più, controllare e gestire, armonizzare e garantire.

Lo stile della discussione è stato perfettamente europeo e la cosa non può sorprendere nessuno. Ma certo questo la dice lunga su come la cattiva qualità dei nostri dibattiti possa avere conseguenze disastrose sul futuro dei Paesi più poveri.

You may also like

ITA-Lufthansa: un punto di partenza, non un punto di arrivo
PNRR e società partecipate: meno spese, non più partecipazioni statali
No, la mafia non controlla il 50% del Pil italiano
Privatizzazione di ITA, il diavolo è nei dettagli

1 Response

  1. Andrea Giuricin

    Il mercato aereo africano è il meno sviluppato al mondo.
    La liberalizzazione potrebbe essere un volano per quei paesi come si è rivelata essere l’apertura del mercato aereo del sud-est asiatico.
    Dopo quella liberalizzazione in Paesi non certo “ricchi”, sono nate e cresciute decine di compagnie low cost e attualmente il mercato risulta essere tra i più attivi al mondo.
    Nel sud-est asiatico opera la low cost più efficiente al mondo, che a breve supererà i 20 milioni di passeggeri l’anno.

    Chi pensa che la liberalizzazione possa funzionare solo nei paesi “sviluppati” in realtà non conosce l’evoluzione recente del trasporto aereo.
    E’ necessario dare un impulso forte a questo processo di apertura del mercato aereo, al fine di aiutare l’Africa a crescere.

    Andrea Giuricin.

Leave a Reply