24
Lug
2019

Legge sul libro: perché danneggia i consumatori

Finalmente, anche grazie all’intervista rilasciata al Corriere della sera di oggi da Riccardo Levi (presidente Aie), viene messo sempre più in evidenza come la legge sul libro approvata alla Camera lo scorso 16 luglio penalizzi in primo luogo il consumatore.

Parrebbe fin banale dire che se il prezzo di un bene aumenta, la quantità acquistata diminuisce. E invece, in Italia, anche questa semplice regola pare non possa essere catalogata sotto la voce dei “fatti” ma solo delle “opinioni”. A maggior ragione, poi, sembra di trovarsi in un mondo a parte se si pensa che l’obiettivo dichiarato della legge sarebbe quello di promuovere la lettura: come è possibile aumentare la vendita dei libri se si aumenta il loro prezzo?

Perché riducendo lo sconto massimo sui libri dal 15 al 5%, il loro prezzo aumenta (chissà se anche questa è da considerarsi solamente un’opinione…). La riduzione dello sconto viene imposta per legge per (cercare di) penalizzare Amazon, favorendo invece le piccole librerie, che quello sconto del 15% non se lo possono permettere.

Il danno per il consumatore è poi doppio perché, oltre a ridurre lo sconto, la legge – come ricorda Levi nella sua intervista – vieta anche le pratiche di cross merchandising: ossia la possibilità, acquistando libri su Amazon o in un supermercato, di ottenere buoni per l’acquisto di altre merci che non siano libri. L’Aie stima che l’impatto della legge sia di 70 milioni (i soldi in più che le persone dovranno spendere per comprare la stessa quantità di libri).

Oltre a danneggiare il consumatore, la legge probabilmente non riuscirà nemmeno a favorire le piccole librerie, perché il vantaggio di Amazon non è solamente sui prezzi, ma soprattutto sui servizi offerti: la disponibilità di un catalogo infinito con consegne immediate o quasi.

Inoltre, se Amazon ha continuamente conquistato quote di mercato è a seguito dei grandi investimenti effettuati e delle innovazioni introdotte nel suo modus operandi. Della logistica è inutile dire, essendo l’aspetto più evidente, ma se può permettersi di fare sconti del 15% è anche perché, ad esempio, si può relazionare direttamente con gli editori per l’approvvigionamento dei volumi, saltando così un passaggio, quello del distributore. Ma Amazon oggi non si pone solamente come venditore di libri, bensì come stampatore o come distributore egli stesso. A beneficiare dei suoi servizi non è pertanto solo il lettore ma anche l’editore o perfino (e la cosa può sembrare paradossale) il libraio.

Insomma, non si può dire che Amazon non abbia conquistato la sua posizione con merito.

Perdipiù occorre tenere a mente che Amazon è solamente un mezzo, uno strumento per veicolare “cultura”. Oltre a tanti altri oggetti, Amazon fa circolare libri in grandi quantità: garantendo la disponibilità e l’immediata consegna di ogni titolo e quindi la diffusione di idee e di proposte editoriali le più varie.

Anche l’Autorità Antitrust, in occasione di una sua recente audizione presso la VII commissione della Camera dei deputati, ha espresso una posizione contraria al tetto sugli sconti per i libri, facendo leva su alcuni aspetti prima richiamati:

Secondo l’Autorità le disposizioni che prevedono tetti agli sconti massimi applicabili al prezzo dei libri nella vendita ai consumatori finali, anche on-line, non sono né necessarie a salvaguardare le finalità di tutela del pluralismo e dell’informazione, né tali da produrre benefici per i consumatori, risultando unicamente di ostacolo all’introduzione di servizi innovativi che il mercato dovrebbe essere lasciato libero di promuovere.

Se sulla riduzione degli sconti la posizione dell’Antitrust e di Levi è contraria, quest’ultimo compie invece – sempre nell’intervista rilasciata al Corriere – valutazioni di segno opposto per credito di imposta alle librerie e bonus per i giovani (la cui proroga non è però ancora stata prevista per il 2020). Di “18app” nella legge non si parla mentre invece istituisce la “carta della cultura”. Pure per bonus e card la situazione è un po’ paradossale: con una mano si aumenta il prezzo dei libri, con l’altra si dà una mancetta perché si possa comprarli. Ma questo sistema è più in generale negativo dal momento che perpetua la logica degli interventi microsettoriali, di cui in Italia si è perso il conto. Vanno a beneficiare singole categorie, stratificandosi ad altri interventi e creando una complessità del sistema fiscale sempre più elevata.

Bisognerebbe prima o poi cominciare a invertire questa tendenza, a semplificare veramente, ma entrare con la falce in questa giungla di deduzioni, detrazioni, esenzioni, bonus, card, ecc. pare non voglia farlo nessuno (forse perché nessuno pensa che sia umanamente possibile…).

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