4
Mag
2017

È la crescita economica che rende il mondo più sano e ricco—di Luca Bazzana

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Luca Bazzana.

La World Health Organization (WHO), in due recenti ricerche — “Inheriting a Sustainable World: Atlas on Children’s Health and the Environment” e “Don’t Pollute My Future!”—, indica l’inquinamento come la principale minaccia alla salute dei minori nei Paesi in via di sviluppo. Angela Logomasini, Senior Fellow del Competitive Enterprise Institute, ha una tesi diversa.
Nel paper “Polluted Logic Taints WHO Reports on Children’s Health” viene spiegato come, negli ultimi decenni, il mondo sia diventato sempre più sano grazie alla crescita economica che ha consentito di uscire dalla povertà a milioni di persone. L’impatto è stato notevole, basti pensare che dal 2005 al 2015 la mortalità infantile è scesa di circa il 30%. Anche se nei report della WHO l’industrializzazione e la crescita economica vengano indicate come le cause di un generale miglioramento della salute nel mondo, gli autori preferiscono sottolineare — raccogliendo grande attenzione da parte dei media — argomenti diversi. Per esempio l’ipotesi che l’inquinamento uccida circa 2 milioni di bambini all’anno.
Logomasini spiega anzitutto come venga utilizzata una definizione di inquinamento piuttosto confusa, senza riflettere sulle cause di carattere istituzionali che lo condizionano. Nelle nazioni democratiche e a economia di mercato, l’inquinamento dell’aria non è più, generalmente, un problema. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, questo problema è ancora tutto da risolvere proprio per la mancanza di crescita economica e degli standard applicati nelle sezioni maggiormente sviluppate. Un altro punto su cui l’analisi della WHO è poco condivisibile riguarda il ruolo dell’impatto che le tecnologie moderne hanno avuto sul miglioramento degli standard di vita nel mondo. Infatti, vengono presi in causa esclusivamente gli effetti negativi, ad esempio dei pesticidi, senza considerare come questi abbiano contribuito a migliorare ambiente e standard di salute.
La WHO, invece di sostenere che il problema della mortalità infantile è figlio della povertà, preferisce benedire l’attuazione di politiche in grado di generare una “crescita sostenibile”, attraverso la riduzione di agenti chimici “tossici” e di combustibili fossili. Logomasini spiega che i report della WHO — e tutto l’impianto mediatico che generano — non mette in luce che la crescita economica, originata dal libero mercato, e non una “crescita sostenibile” guidata dal regolatore, sia la chiave per avere un mondo più sano. Sono molti i dati a sostegno di questa tesi. Ad esempio, l’obesità infantile è passata dal 25% nel 1990 al 14% del 2015; dal 1990 più di 2 miliardi di persone hanno accesso a migliori sistemi di impianti igienici; le morti di bambini a causa di malattie diarroiche sono scese a 526.000 nel 2015 da 1,2 milioni nel 2000. Grossi passi avanti sono stati fatti anche sul fronte dei combustibili fossili, nel 2016 solamente tre Stati utilizzavano benzina al piombo, erano 82 nel 2002.
In conclusione, ci dice Logomasini, se l’obiettivo dei report della WHO era quello di promuovere politiche atte a migliorare la salute dei bambini, allora questo non è stato raggiunto. Il tanto vituperato mercato potrebbe dare un contributo anche in questo campo: se solo lo si lasciasse fare.

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