31
Ott
2012

Il Prosperity Index

Il Legatum Institute pubblica ogni anno un indice della prosperità globale basato sia sulla ricchezza materiale che sul benessere personale. Tale indicatore, il Prosperity Index, confronta 142 paesi a livello globale in base a otto categorie: economia, educazione, imprenditoria e opportunità, governance, salute, libertà personale e capitale sociale.

Quest’anno, per la prima volta, gli USA escono dalla top ten e scendono al 12esimo posto. In particolare, perdono otto posizioni nel sub-indice relativo all’imprenditoria e opportunità, per un totale di 5 su 8 dei sotto-indici in peggioramento.

Si stanno affermando sempre più le Tigri Asiatiche (spiccano Vietnam, Tailandia, Malaysia e Indonesia), mentre l’economia europea, a causa della crisi, continua a peggiorare. In 24 su 33 Paesi l’indice è in calo dal 2009 (i risultati peggiori si registrano in Grecia, Danimarca, Islanda e Spagna), tuttavia la prosperità complessiva è aumentata, con Olanda, Irlanda e Germania che conquistano posizioni (ora all’8vo, 10mo e 14esimo posto rispettivamente) e sette paesi presenti nella top-ten. Spiccano i Paesi scandinavi – Norvegia, Scandinavia e Svezia – in cima alla classifica, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto.

Emerge dunque il quadro di un’Europa a due velocità: da una parte la Grecia registra il peggioramento più marcato, con la perdita di dieci posizioni dal 2009, arrivando oggi 49esima; dall’altra la Germania è migliorata fino a raggiungere il 14esimo posto. Si distinguono anche i paesi dell’Est, tra cui Slovacchia e Estonia, che sono migliorati più di Italia, Belgio e Irlanda sia nel punteggio complessivo che nei sub-indici più importanti. Si pensi all’educazione: la Slovacchia, ora 26esima, è migliorata di 9 posti, mentre l’Italia è peggiorata di 13 posizioni dal 2009, arrivando 36esima.

In particolare, l’Italia è al 33esimo posto: mentre otteniamo un buon punteggio per quanto riguarda la sanità (19esimo posto), il punteggio peggiore (57) lo registriamo in merito alla libertà personale.

Da quest’anno in base ai risultati dell’Indice è stata ridisegnata la mappa globale, riunendo le nazioni in sei nuovi continenti in base alle caratteristiche condivise. Anche nelle economie più robuste non mancano gli ostacoli al raggiungimento della prosperità: i continenti si distinguono infatti per una crescita senza libertà personale; capitale sociale in sostituzione della governance; una lunga strada per la prosperità; economie promettenti, ma paesi poco sicuri; buona educazione, ma governance povera; presenza di top performers.

Tale indice risulta di particolare interesse perchè non cattura solo la misura della ricchezza materiale, ossia del PIL, ma anche il senso di benessere dei cittadini, che include quanto si sentono sicuri, ma anche come percepiscono la propria libertà personale. Ad esempio, paesi quali Cina, Malaysia, Tailandia, Arabia Saudita e Vietnam ottengono buoni risultati relativi all’indicatore economico, ma sono tra i peggiori a promuovere e tutelare la libertà personale dei cittadini. Interessante anche notare come alcuni paesi, soprattutto africani e dell’ex Unione Sovietica, inclusi Zambia, Sudan e Kazakistan, hanno punteggi abbastanza positivi relativamente al capitale sociale, mostrando che dove manca il supporto del governo le comunità intervengono e si organizzano per colmare il vuoto lasciato dallo stato.

Governance, economia e libertà personale sono dunque imprescindibili per il benessere personale. C’é peró ancora molto da fare per trovare un buon equilibrio tra questi elementi e le possibili soluzioni non sono necessariamente quelle a cui siamo soliti pensare. Si pensi alla partecipazione della societá dove è carente il ruolo del governo. Gli stessi risultati, inoltre, inducono a chiedersi se ci possa essere benessere senza libertá personale. Le opportunitá non mancano se le si vuole cogliere.

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4 Responses

  1. Mike

    Trovo l’argomento molto interessante. Auspico eventuali approfondimenti in merito. Intanto, grazie.

  2. Valerio Lucchinetti

    Ho provato a curiosare nei dati. Restringendo il campione all’Europa l’Italia si difende solo in quanto a Sanità mentre nel ranking complessivo risulta superata in negativo solo da paesi dell’ ex-blocco orientale (ex-URSS, ex-Jugoslavia ed Albania) nonchè dalla Grecia. Un bel risultato, non c’è che dire.

  3. Roberto 33

    Interessante ma non so quanto attendibile, bisognerebbe capire come sono calcolate le classifiche.
    Per spiegarmi meglio riporto qui un paio di esempi di confronti tra noi e gli USA.
    Sicurezza: noi siamo al 42° posto per quanto riguarda l’indice di sicurezza, gli USA al 27°. Verificando i dati sugli omicidi del 2010 (0,9/100.000 abitanti da noi; 4,8/100.000 abitanti in USA) e in genere quelli della criminalità non si riesce a capire il posizionamento, se non con il fatto che loro si “fidano” di più della polizia e si “sentono” (probabilmente a torto) più sicuri di notte.
    Salute: Noi siamo al 19° posto, gli US al 2°. L’italiano medio si aspetta di campare 81,77 anni, un cittadino americano 78,37 (da http://www.nationmaster.com); l’indice di mortalità infantile US è doppio del nostro (3,5 contro 6,81, dati UN); da contatti con cittadini americani che si avvicinano alla pensione sento che la cosa che più li preoccupa è l’assistenza sanitaria.
    Al di là di queste considerazioni mi sembra che la cosa che salta all’occhio dalla mappa sia che il posto dove si sta meglio è sempre la vecchia Europa.

  4. Tommaso

    Mi unisco alle considerazioni di Roberto.
    A questa pagina c’e’ l’elenco di indicatori per ogni capitolo
    http://www.prosperity.com/Methodology-What.aspx

    Forse un indicatore che che mette gli USA al secondo posto come Health e’ la spesa pro-capite per Health, che pero’ e’ questionabile sia un indicatore di buona salute della popolazione., e poi e’ strano che un solo indicatore su tanti.

    Difficile capire anche sulla sicurezza.

    Quindi, queste classifiche, come quella famosa del sole 24 ore, sono buone per attirare giornalisti, e a grandi linee ci beccano (ovvio che e’ meglio vivere in Danimarca che in Uganda, non mi serviva questa classifica per saperlo), ma appena si va sotto il titolo fanno acqua da tutte le parti, cioe’ non sono serie.

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