13
Lug
2013

Il decreto del fare, Art.35 – Appalti

Nel marzo 2012, il governo Monti  estendeva la responsabilità solidale in materia di appalti di opere e servizi per i debiti nei confronti dell’erario al committente (art. 35, c. 28, d.l. 16/2012).

Introdotta nel 2006 tra appaltatore e subappaltatore, con la novità del 2012 essa impegnava anche i committenti all’obbligo solidale al versamento all’erario delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell’IVA relativa alle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell’ambito dell’appalto.

La norma, che aveva un senso finché si limitava a stabilire un legame di responsabilità tra appaltatore e subappaltatore, veniva subito contestata non solo perché introduceva un irragionevole obbligo di solidarietà passiva a carico di chi affida i lavori o i servizi in appalto, che non si vede perché debba rispondere verso il fisco dei debiti maturati dalla controparte contrattuale, ma anche perché era fortemente oscura nella sua formulazione. Non si comprendeva, infatti, quali fossero i destinatari della disposizione – in particolare se comprendesse anche il settore pubblico – quale margine di discrezionalità ci fosse nella distinzione tra prestazione d’opera e appalto di servizi, come procedere per escludere la responsabilità tramite la prova documentale.

Gli operatori economici, in particolare nel settore dell’edilizia, dall’entrata in vigore della disposizione hanno chiesto a più riprese chiarimenti sulla portata della disposizione, che, in sostanza, li gravava del peso di verificare la fedeltà fiscale e contributiva degli appaltatori e dei subappaltatori in un clima di delazione fiscale.

Ad ottobre, l’Agenzia delle entrate emanava così una circolare (n. 40/E) che si limitava tuttavia a circoscrivere l’efficacia temporale della disposizione (la questione in fondo meno problematica dell’articolo) senza sciogliere i dubbi interpretativi sull’ambito soggettivo e oggettivo e sui suoi effetti.

Nei mesi di vigenza, la norma ha prodotto il blocco dei pagamenti per molte imprese, poiché i committenti – data la corresponsabilità introdotta – dovevano sospendere i pagamenti fino all’esibizione della documentazione attestante la correttezza dei pagamenti fiscali. I primi erano obbligati in definitiva ad operare come bracci esecutivi del fisco, in una sorta di caccia all’evasore.

Dopo pochi mesi di vigenza della norma, in cui le interpretazioni di più varia natura (c’era chi pensava persino che l’obbligo riguardasse solo appalti in materia edilizia) si alternavano ai silenzi dell’agenzia delle entrate rispetto alle richieste di chiarimento, il decreto fare è intervenuto abrogando la responsabilità solidale limitatamente al versamento dell’IVA, ma non anche per i versamenti previdenziali e le ritenute da lavoro dipendente.

Una vittoria parziale, quindi, e non solo perché relativa solo a una parte degli obblighi tributari, ma soprattutto perché è amaro pensare che sia un successo l’eliminazione di una norma profondamente iniqua e irragionevole, che in un solo anno di vigenza di un anno di vigenza ha prodotto solo confusione, incertezza e blocco delle transazioni in un importante settore economico come quello degli appalti.

Per vedere tutti i commenti degli esperti dell’Istituto Bruno Leoni, clicca qui.

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