12
Lug
2013

Il decreto del Fare, Art. 17 – Il Fascicolo Sanitario Elettronico

L’art. 17 del decreto Fare contiene le misure per favorire la realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico (FSE), ossia “l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito”.

Entro il 31 dicembre 2013 regioni e province autonome dovranno presentare all’Agenzia per l’Italia digitale il loro progetto sul FSE che, una volta approvato dall’Agenzia per l’Italia digitale e il Ministero della Salute, dovrà essere realizzato entro il 31 dicembre 2014.

L’attuazione del FSE è senza dubbio un importante provvedimento nel settore sanitario: è infatti utile per consentire sia ai pazienti che ai medici l’accesso immediato alle informazioni sulla storia clinica del paziente, favorendo una comunicazione più rapida e immediata tra pazienti e professionisti, e rendendo così al cittadino un servizio più efficiente.

Nel medio-lungo periodo la raccolta di dati e informazioni contenuti nel FSE potrà garantire la disponibilità di importanti e numerose informazioni sulle malattie, utilizzabili per ricerche e studi scientifici.

Inoltre consentirà l’accesso ubiquitario alla storia clinica del paziente (sia dal medico generale che al pronto soccorso), permettendo così di poterlo curare rapidamente in modo efficace ovunque esso si trovi, evitando la duplicazione di accertamenti ed esami già svolti e, quindi, evitando una duplicazione dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale.

Questo consente anche di rendere più produttivo il personale, che impiegherebbe il proprio tempo e risorse in altre mansioni, piuttosto che per ricercare informazioni già disponibili e ripetere esami già svolti. Inoltre, rende possibile fornire immediatamente al paziente cure più personalizzate, essendo disponibile tutta la sua storia clinica.

Essendo, poi, dati direttamente accessibili al personale sanitario (una volta che il cittadino ha dato il proprio consenso), è anche utile a ridurre la burocrazia amministrativa oltre a contenere l’onere documentale.

È evidente che, almeno inizialmente, saranno necessari degli investimenti: al comma 15-quinquies si autorizza una spesa, per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura centrale di FSE in modalità cloud computing, non maggiore ai 10 milioni di euro per il 2014; dal 2015, non deve invece superare i 5 milioni di euro.

Nel decreto si stabiliscono quindi tempi e oneri fissi e uguali per tutte le regioni: tuttavia la sanità – il suo funzionamento, organizzazione e livello del servizio – differisce molto nelle diverse regioni italiane. Con riferimento al FSE in particolare, un rapporto del 2012 del Cisis evidenziava che è già stato realizzato in cinque tra Regioni e Province autonome (Lombardia, Provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna), è invece in fase di sperimentazione in sette regioni (Piemonte, Liguria, Marche, Veneto, Abruzzo, Campania, Basilicata), è in corso di realizzazione in Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia), mentre nelle regioni rimanenti è solamente previsto.

Anche dove è già stato attuato, sebbene disponibile per tutti i cittadini, sono ancora pochi ad aver dato il consenso alla gestione dei dati: di fatto, quindi, il numero di fascicoli attivi risulta ancora piuttosto basso (ad esempio, in Toscana è pari al 32% -1,2 milioni di cittadini; fanno meglio Lombardia, oltre il 65% – 6 milioni di cittadini -, e la Provincia Autonoma di Trento, dove si raggiunge l’80%, 0,5 milioni di cittadini).

È quindi evidente un certo ritardo e disomogeneità regionale, non solo per quanto riguarda strettamente la sanità, ma anche con riferimento agli investimenti in tecnologie e personale qualificato per rendere interoperabili e accessibili i dati, o relativamente alla banda larga, necessaria per poter usufruire dell’infrastruttura centrale per il FSE in modalità cloud computing.

Complessivamente, si tratta di un provvedimento certamente auspicabile, dal momento che mette al centro la comunicazione tra medico e paziente e la salute del cittadino, e nello stesso tempo tende a sburocratizzare la sanità. Tuttavia, a fronte di tempi e risorse definiti e uguali per tutti (in sé, concetti auspicabili), alcuni ritardi, sia normativi che tecnologici, e la forte disomogeneità regionale, potrebbe inficiare la piena efficacia e realizzabilità di tale misura.

 

Per vedere tutti i commenti degli esperti dell’Istituto Bruno Leoni, clicca qui.

You may also like

L’emergenzialismo
Punto e a capo n. 18
La vita grama del cittadino comune
Autonomia differenziata: più parole che fatti

1 Response

  1. Marco O

    Stiamo parlando dell’ultimo grido in fatto di moda
    Il calcolatore Univac 494 che portò gli uomini sulla luna costituì la base tecnologica per questo progetto in Svezia, eravamo negli anni 70, all’alba degli anni 80 non solo le ambulanze comunicavano il codice sanitario del paziente appena lo prendevano a bordo perché la sua scheda potesse essere esaminata per predisporre al meglio la sua accoglienza (compatibilità per trasfusioni, allergie, anamnesi del soggetto), ma i medici potevano esaminare i pazienti tramite apparecchi di telediagnosi e scheda medica on line.
    Chi ha dei dubbi può benissimo non fornire i propri dati, così come chi ne abusa (medico o infermiere) può essere condannato in qualsisi momento per qualsiasi somma

Leave a Reply