4
Apr
2014

Esuberi pubblici: Renzi ha 2 strade ma una sola è svolta, assimilarli ai privati

Mancano pochi giorni alla presentazione del DEF, il Documento Economico-Finanziario che il governo Renzi dovrà presentare in Europa insieme al Piano Annuale delle Riforme. In quei due documenti , bisognerà tentare di essere il più possibili precisi e chiari. Sui diversi capitoli della manovra che il governo intende compiere per rilanciare crescita e produttività, nel rispetto dei vincoli europei , sulle coperture e sugli effetti reali di ogni singolo intervento il governo intenda porre in atto. Eventuali superficialità e approssimazione non avrebbero facili sconti, quanto più – come il premier ha ripetuto a Londra – si chiede all’Europa di “cambiare marcia”, cioè di pensare più agli effetti di crescita per rianimare reddito e prodotto, che al solo rigore per il rigore.

Uno dei capitoli essenziali sui quali occorre chiarezza, dopo queste settimane di convulso dibattito, riguarda il pubblico impiego. Non tanto o solo per la rilevanza che tale posta ha sul totale della spesa pubblica italiana. Ma perché è un pezzo essenziale dell’ambizioso piano di Renzi di imprimere una svolta all’efficienza della Pubblica Amministrazione, nelle graduatorie comparate internazionali non esattamente un vantaggio competitivo per l’Italia negli ultimi decenni. Diciamo subito che il governo ha davanti a sé due strade, diverse per assunto iniziale e strumenti conseguenti: ma una sola è davvero “la” svolta.  Prima di entrare nel merito serve una breve premessa, per inquadrare il fenomeno.

Innanzitutto, i numeri di cui si parla. Se consideriamo la spesa in retribuzioni pubbliche, dagli oltre 12 punti di PIL annui a cui era giunta nei primi anni ‘90 del secolo scorso, scese sotto il 10,5% l’anno delle “grandi pulizie” per entrare nell’euro, per poi risalireall’11,2% nel 2008. In questi anni di eurorigore è tornata a scendere, intorno al 10,5% del PIL nel 2013. Dai 172 miliardi di euro a cui ammontava ancora nel 2010 è diminuita ai 164 miliardi del 2013, e in prospettiva pluriennale è sostanzialmente stabilizzata intorno a tale cifra, con un lieve ulteriore decremento progressivo.

E’ l’effetto sostanzialmente di due misure: il blocco del turnovwer, cioè i pensionati annuali pubblici non vengono sostituiti se non con deroghe limitate; e il blocco degli scatti retributivi di anzianità, generale ma anche qui con alcune deroghe ( i magistrati, ad esempio). Numericamente i dipendenti pubblici – attenti, non comprendono i lavoratori delle società partecipate locali – sono in percentuale diminuiti più del monte retribuzioni, passando dai tre milioni e 430 mila del 2005 ai 3,2 milioni del 2013. Ma una parte del risparmio “numerico” è stato finanziariamente “mangiato” dal fatto che manager pubblici, dirigenti apicali e di prima fascia della PA, continuavano a veder salire le loro pingui retribuzioni.

Il problema non è solo e tanto la numerosità eccessiva in quanto tale, visto che in percentuale sulla popolazione non siamo poi fuori dalla media dei grandi Paesi dell’Europa continentale, in Italia 58 impiegati pubblici per mille abitanti e la Germania 54. Le dimensioni dell’intervento necessario dovrebbere conseguire invece da una valutazione seria e approfondita del rapporto tra piante organiche, produttività e obiettivi di ogni branca della PA. Cioè da un criterio microeconomico, non macro. Purtroppo un’esame sistematico di questo tipo, una vera e propria reingegnerizzazione a cominciare da scuola e sanità che da sole rappresentano oltre il 50% dei dipendenti pubblici totali, in tutti questi anni di studi e commissari alla spending review è avvenuto solo per piccoli comparti, come quello della sicurezza e forze di polizia. Per tutto il resto, si procede a spanne.

Per esempio l’invecchiamento dei pubblici dipendenti dovuto al blocco del turn over non è affatto omogeneo: si va dai 49,8 anni di età media nella scuola nel 2012 ai 45 nella carriera diplomatica, quando avrebbe più senso e sarebbe meno grave l’inverso. Come scrive Cottarelli, “il numero di esuberi nella PA dipende da piani specifici di riforma, per ora siamo a una stima preliminare”. Da questo criterio approssimativo nasce la stima degli 85mila esuberi nella PA al 2016, con un di risparmio cifrato in 3 miliardi di euro, di cui ha parlato Cottarelli suscitando un vespaio tra i sindacati.

Ma poniamo pure che la stima di 85 mila unità – ripetiamo senza comprendere le centinaia di migliaia aggiuntivi dell’universo delle partecipate locali – vada presa per buona. E’ a questo punto, che il governo deve fare una scelta. A maggior ragione dopo le polemiche scatenate dalle intenzioni espresse dal ministro Madia, che ha parlato di “staffetta generazionale” nella PA, adombrando prepensionamenti per i dipendenti pubblici in deroga ai tetti di età e contribuzione minimi introdotti dalla legge Fornero – aggiuntivi rispetto a quelli di alcune migliaia di unità previsti dal governo Monti in contemporanea al varo della riforma – accompagnati da assunzioni di giovani, altrimenti esclusi dal turnover bloccato nel settore pubblico.

Le strade sono appunto due. La prima è quella di un governo che affermi che quegli esuberi non sono esuberi per davvero. Come dovrebbe avvenire a Roma per i dipendenti della ventina di società controllate dal Campidoglio di cui i sindaco Marino ha annunciato la cessione, destinati – ha detto – al riassorbimento nelle piante organiche pubbliche comunali. Scegliere tale strada a livello nazionale significa dire che i dipendenti pubblici non vadano sottoposti alle procedure dei lavoratori in esubero del settore privato: procedure che pure in teoria nell’ordinamento italiano esistono, mobilità compresa, anche per i dipendenti pubblici, anche se non vengono praticamente mai attivate per tener buoni i sindacati. Se il governo pensa questo, se davvero scegliesse il prepensionamento in deroga per decine di migliaia di unità – la Madia per la precisione a volte ha parlato solo dei dirigenti pubblici, a volte no – che pure suona come uno schiaffo ai lavoratori e disoccupati del settore privato che lo scivolo agevolato alla pensione se lo sognano, allora il governo dovrà fare bene i conti, perché i 3 miliardi di risparmio in 3 anni si riducono di molto. E in quel caso la proporzione dei neoassunti in sostituzione agli “scivolati” difficilmente potrebbe essere superiore a un rapporto di uno a cinque, per evitare che la somma di retribuzioni nuove e pensioni aggiuntive facciano addirittura salire la spesa complessiva. Assunti per concorso e merito e non per sanare precari, bisognerebbe anche sperare. Anche se già si legge di membri del governo – e di moltissimi nel Pd – che pensano il contrario.

Oppure, c’è la seconda strada. Quella di un governo capace di rompere il tabù per davvero. Cioè di riconoscere che il settore pubblico non è diverso dal privato, e quando deve ridefinire la propria mission, obiettivi e produttività, allora può essere benissimo che esuberi “veri” ci siano eccome. E in quel caso, anche per gli esuberi pubblici scatteranno non i vecchi strumenti di sostegno al sussidio per chi perdeva il lavoro, ma dopo la mobilità il nuovo sostegno universale al reddito promesso dal governo Renzi come corrispettivo di un percorso di riformazione e ricollocazione al lavoro da parte di un sistema di intermediazione tra domanda e offerta molto più efficiente dei vecchi centri provinciali per l’impiego.

Inutile dire che questa seconda scelta sarebbe una riforma grande e vera, capace di consegnare al passato l’idea che tutti i lavoratori privati nutrono, e cioè che il dipendente pubblico alla fin fine non rischia mai niente. C’è la voglia e la forza per dirlo al sindacato?

 

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14 Responses

  1. giuseppe

    Mi pare che alla Sua analisi, Giannino, manchi qualche elemento. Gli ottantacinquemila, a quanto pare, sono tutti Dirigenti.
    Non potendo ridurli, pena una sollevazione non popolare, ma aristocratica, dei Sindacati, Renzi cerca un escamotage per ridefinire la pianta organica partendo proprio dai più pagati e privilegiati (pensare solo al numero impressionante di inutili generali – il doppio della Francia, che pure è Paese centralista estatalista) In questa ottica non mi sento nemmeno di criticare più di tanto la Madia.

  2. Mike_M

    Caro Giannino, Lei ha finalmente toccato “IL PUNTO”. Vanno licenziati TUTTI i dipendenti pubblici (IVI COMPRESI QUELLI APPARTENENTI ALLE CATEGORIE IL CUI RAPPORTO DI LAVORO NON E’ STATO ANCORA NORMATIVAMENTE “PRIVATIZZATO” : PER ES. I MAGISTRATI, ECC.) in esubero, secondo quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori per i dipendenti privati e successive modifiche ed integrazioni. Senza se e senza ma. Senza eccezioni, così come impone l’art. 3 della Costituzione. Thatcherianamente. Punto. O così, o che default sia, senza rimpianti.

  3. Marta

    Caro Oscar,
    ti seguo molto e mi piace il servizio che fai ai cittadini, spesso confusi dall’oscurità della politica. Le tue analisi sono invece chiare e concise.

    Ti avviso che c’è un typo nell’articolo: nel 5 paragrafo c’è scritto “un’esame” con l’apostrofo 🙂

    Grazie del tuo lavoro,

    Marta Crispino

  4. Matteo

    Ma si, è chiaro, i dipendenti pubblici non rischiano mai nulla, quindi licenziarli tutti sembra essere veramente l’idea risolutiva per la thactcheriana ispirazione. Che poi questa stessa ispirazione sia all’origine della desertificazione economica capillare in atto, come già in piccolo si constatò subito per la Scozia ad esempio, non ci può importare molto. Muoia Sansone con tutti i filistei.
    Una strada attraente, e decisamente piuttosto risolutiva, potrebbe essere ad esempio quella di chiudere le scuole, così, di botto. I professori rischiano poco e lavorano pure meno, in aggiunta in modo anche inefficiente. A tal proposito D’Alema una volta disse che oramai la scuola non è più il luogo che detiene l’informazione perché molti altri sono oramai i posti in cui ci si può documentare.
    Un milione di dipendenti in meno, altro che i miseri 85 mila, risolutivi solo per chi si accontenta di poco. Vuoi mettere?!

  5. Alessandro

    In un recente servizio che ho visto in TV si parlava delle dismissioni di auto blu.
    Veniva fatto notare come il vero risparmio non è tanto nel vendere o dismettere l’auto in sè eliminando i suoi costi di manutenzione.
    Il vero risparmio consiste nel tagliare lo stipendio dell’autista dell’auto blu (dipendente pubblico) il quale costa 35/40 mila euro all’anno.
    Questo è solo un esempio. In Italia dobbiamo decidere se continuare a considerare i dipendenti pubblici come le vacche sacre in India.
    Se lo facciamo questo paese nell’immediato futuro sarà destinato a diventare un paese di pensionati e dipedenti pubblici

  6. Mike_M

    X Matteo, 5 aprile 2014
    Naturalmente, stiamo parlando degli esuberi, che – come Lei sicuramente sa – sono tutti uguali o dovrebbero essere tutti uguali, senza differenza di “….. condizioni personali e sociali” (articolo. 3, comma primo, della Costituzione della Repubblica Italiana), ivi compresa la condizione personale e sociale di “dipendente pubblico”, piuttosto che di “dipendente privato”. Insomma, stiamo parlando di “legge uguale per tutti”. Cordialmente . Mike_M

  7. Fabio

    x Mike_M
    Premesso che il paradosso in cui viviamo è che gli unici responsabili delle inefficienze dello Stato (ossia la classe politica complessivamente intesa, senza distinzioni di sorta) è riuscita ad abbindolarci tutti, compreso l’ottimo Giannino, imputando i problemi dell’Italia non – come sarebbe stato corretto – alle REGOLE, ma alla BUROCRAZIA intesa come chi lavora per lo Stato!!!
    E’ assolutamente condivisibile l’ironia di Matteo: ma certo, licenziamone 1 milione e avremo risolto i problemi dell’Italia…! A parte ricordare che il dipendente pubblico è assunto dopo un concorso PUBBLICO, non con una selezione PRIVATA e che la Costituzione gli attribuisce specifici doveri, che non ha un dipendente di un’azienda privata (art. 97 e 98), su questo specifico profilo mi limito a dire che sì va bene, introduciamo la licenziabilità dei dipendenti pubblici per motivi economici, ma allora equipariamo in tutto e per tutto privati e pubblici: unico status, uniche modalità di selezione, nessun obbligo di imparzialità, tutto uguale! Magari sarà il dirigente didattico della città X o della ASL y a selezionare i curricula inviati dai candidati, come farebbe qualsiasi dirigente delle risorse umane, o magari affiderebbe dietro lauto compenso la selezione ai cacciatori di teste…
    Purtroppo si dimentica che il pubblico è fatto di 3 milioni di persone e in mezzo c’è di tutto, dalle altissime professionalità ai fancazzisti più biechi. Purtroppo si dimentica che in questo Paese (mi ostino a usare la maiuscola) una cosa sola manca rispetto agli altri paesi e cioè la LEGALITA’. Non è parola vuota, ma significa semplicemente fare il proprio, tutti, ciascuno nel proprio settore, e per chi sgarra punizioni esemplari, come il licenziamento, certo, in questo caso, sì.

  8. Mike_M

    X Alessandro, 7 aprile 2014
    Sottoscrivo. P.S. Il riferimento alle vacche sacre è davvero efficace. Complimenti !

  9. adriano

    Quando ero giovane si ragionava su immaginarie piante organiche e il personale necessario veniva stabilito con tabelle fantasiose.Altri tempi?Non credo.Dove le risorse sono di nessuno il loro utilizzo è arbitrario ed i problemi che escono dalla porta rientrano dalla finestra.Il pubblico non sarà mai equiparato al privato perchè non conviene.L’unico modo per farlo è sostituirlo con il privato ma anche questo appartiene ai sogni.L’abitudine ai trucchi è troppo consolidata.Come quelli che saranno usati per il DEF.Le coperture saranno perfette ma teoriche ed astute clausole di salvaguardia compenseranno a consuntivo le previsioni sbagliate con l’unico mezzo a disposizione nella felice era dell’euro.Le tasse.

  10. Alessandro

    Leggo il commento di fabio, il quale scrive che bisogna tenere ben presente che il dipendente pubblico viene assunto dopo un concorso e la Costituzione gli attribuisce doveri ben specifici………………quindi ????
    Cosa c’entra questo con il problema degli esuberi nel comparto pubblico ??

    Per me va benissimo la proposta di abolire il concorso pubblico (tanto sappiamo benissimo come funzionano in Italia i concorsi pubblici) e determinare l’assunzione del dipendente pubblico tramite selezione come avviene nel privato. Per quanto riguarda i doveri attribuiti dalla Costituzione art.97 e 98 possiamo estenderli anche ai dipendenti privati, nel contempo però estendiamo ai dipendenti pubblici la licenziabilità negli stessi termini come avviene nel settore privato. Io dico che se dovessimo fare un referendum tra i dipendenti pubblici (in particolare quelli della pubblica amministrazione) proponendo l’inserimento dei due cambiamenti che ho appena citato come esito ci sarebbero una valanga di NO.

    Gli autisti delle auto blu che Renzi ha tagliato vanno LICENZIATI in quanto non più necessari, esattamente come avverrebbe in una società privata.
    I dipendenti delle provincie (qualora esse vengano finalmente tagliate) vanno LICENZIATI esattamente come avviene nel settore privato. Con buona pace dei concorsi publbici e degli articoli 97 e 98 della Costituzione. Al limite si potrebbe imporre a questa gente in esubero una migrazione verso comparti del settore pubblico dove c’è maggiore necessità e qualora ne abbiano i requisiti, esattamente come avviene nel privato (es forze dell’ordine, sanità, assistenza sociale etc.). Ovviamente si tratterà di migrazioni forzate, nel senso che se accetti bene altrimenti te ne vai a casa esattamente come avviene nel privato.

    Sia ben chiaro.
    Io non sono uno che ce l’ha a morte con i dipendenti pubblici.
    Soltanto la discriminazione tra lavoratori del pubblico e del privato deve finire.
    E dobbiamo liberarci di chi percepisce uno stipendio dalla collettività senza dare nulla in cambio, altrimenti non ci saranno soldi per rilanciare questo paese.

  11. Matteo

    Ma certo che stiamo parlando solo di esuberi! Perché non si vede?
    Basta seguire via via gli interventi e si capisce bene.
    Altra faccenda sarebbe quella di prendere atto che, in generale, la criminalizzazione e conseguente riduzione del settore pubblico, di thatcheriana ispirazione, sia alla radice della attuale disintegrazione capillare dell’economia d’impresa, in favore della rendita finanziaria.
    Ma siccome stiamo parlando solo di esuberi, e si vede, allora possiamo ben lasciar perdere di imbrogliarci il cervello, e occuparci in fretta della prossima partita della juve.

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