27
Mag
2010

Ecco perché il petrolio della Louisiana rompe le uova nel paniere climatico di Obama

Il presidente americano, Barack Obama, ha più di una ragione per mettere il broncio alla Bp, la compagnia responsabile del disastro alla piattaforma Deepwater Horizon. C’è, ovviamente, la faccenda rognosa dell’impatto ambientale. C’è una battaglia legale e politica che si preannuncia lunga e tormentata per vedere chi pagherà cosa e quanto. C’è che Bp è stata a lungo la compagnia simbolo del “petroliere buono”, che si sporca le mani col greggio ma si lava la coscienza con gli investimenti verdi. C’è che Bp fa un casino dietro l’altro e l’altro ancora, e questo non aiuta la sua immagine. C’è che Bp è tradizionalmente in prima fila, coi suoi lobbisti, a spingere per il cap and trade. Proprio il cap and trade potrebbe essere una vittima eccellente dell’incidente nel Golfo del Messico.

Il mese prossimo si giocano le ultime carte per ottenere l’approvazione del Senato del piano dell’amministrazione per creare uno schema di cap and trade sul modello europeo. Passato giugno, le probabilità crollano, perché, man mano che ci si avvicina alle elezioni di mid term, la Casa Bianca sarà sempre meno in grado di rispondere all’efficace azione repubblicana contro quello che è stato definito “cap and tax“. L’Elefantino sta soffiando sul fuoco della crisi, e la porzione di popolazione (e di elettori) convinta che l’effetto del provvedimento sarà di aumentare i prezzi dell’energia, e dunque di impoverire il paese mentre l’economia è in ginocchio, è sempre più grande. L’Asinello non può reggere una campagna in cui questo sia il tema. Dopo le elezioni, se i pronostici di una vittoria repubblicana saranno rispettati, al Senato potrebbe venir meno la maggioranza necessaria ad approvare il progetto.

In che modo tutto questo incrocia le conseguenze della Deepwater Horizon? In almeno due modi. Uno è ovvio: la politica non può restare insensibile alle crescenti pressioni popolari per un intervento. Non è chiaro cosa farà e come, né se sarà positivo oppure no. Di certo, un nuovo e ingombrante tema entra con prepotenza nell’agenda politica, e si aggiunge a un’altra questione di grande valenza politica – il controllo dell’immigrazione. Come ha riconosciuto il dissidente repubblicano Lindsey Graham, l’incidente

creates new policy and political challenges not envisioned in our original discussions.

Questa opinione è sostanzialmente condivisa da chi segue con attenzione i lavori parlamentari. Anche perché l’effetto paradossale della perdita – che ancora prosegue – è quello di rafforzare, all’interno del movimento ambientalista e in particolare di quella parte che è coinvolta o collaterale all’amministrazione – l’ala anti-petrolifera, indebolento quella più strettamente preoccupata del riscaldamento globale. Come spiega oggi sul Sole 24 Ore Sissi Bellomo, per Obama è adesso terribilmente difficile far digerire la modesta apertura all’esplorazione di alcune aree che prima erano off limits, annunciata poche settimane fa. Questa apertura rifletteva un calcolo politico molto intelligente, teso a dividere il fronte opposto: lo scambio – di interesse per gruppi come appunto Bp – era tra una maggiore libertà nell’esplorazione offshore e  la disponibilità ad accettare vincoli alle emissioni. Ma il do ut des funziona solo se lo scambio è reciproco: qualora Obama fosse costretto a non dare, perderebbe una quota importante di supporto che era riuscito a guadagnarsi. Della questione se ne parla da un po’ – per esempio lo ha fatto il Financial Times a inizio mese – ma l’idea iniziale era che l’esplosione nella piattaforma creasse il clima politico opposto, e favorevole alle nuove norme. Invece, in questi giorni si gioca il tutto per tutto, e la faccenda si sta rivelando ben più complicata di quanto si potesse prevedere, anche a causa dell’apparente impossibilità di fermare il flusso di petrolio.

Ufficialmente, i democratici si batteranno le mani sul petto. In realtà, molti di loro tireranno un sospiro di sollievo, perché non dovranno presentarsi davanti agli elettori, specie nei coal states, promettendo la distruzione di posti di lavoro e il rincaro dei prezzi energetici. Chi ci aveva visto lungo è il senatore democratico Bill Nelson, che così parlava già quasi un mese fa:

I think that’s dead on arrival.

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