19
Dic
2025

Consigli di lettura per il Natale 2025 – Seconda Parte

Cosa regalare o regalarsi per le feste di Natale? E cosa leggere durante le vacanze, magari approfittando di qualche giorno di pausa in più? Anche quest’anno arrivano alcuni suggerimenti dallo staff e dai collaboratori dell’IBL, che condividono idee regalo, spunti di lettura e titoli che li hanno accompagnati negli ultimi mesi e che potrebbero ispirare anche voi nella scelta di un dono significativo o di un libro da tenere sul comodino durante le festività.

Ecco la seconda parte dei consigli IBL. Qui invece trovate la prima.

Joseph Heinrich, The Weirdest People in the World: How the West Became Psychologically Peculiar and Particularly Prosperous (Penguin, 2021)

I meccanismi di scelta degli individui occupano un posto centrale nella ricerca economica. Il consumo di beni e servizi prodotti e forniti dalle imprese è un processo fondamentale della crescita economica e studiarne le determinanti significa trovare la chiave per leggere le dinamiche economiche e capire, magari con un pizzico di anticipo rispetto ai concorrenti, quali saranno i mutamenti futuri da seguire per restare competitivi. Da qualche decennio l’economia si è quindi messa a indagare non solo le variabili economiche ma anche quelle che riguardano le relazioni sociali, i valori culturali e le caratteristiche psicologiche degli individui: quali saranno mai i motivi che ci fanno ascoltare una playlist di musica neomelodica napoletana mentre sorseggiamo un whisky da 1000 euro a bottiglia con un comportamento che nessuna razionalità economica potrebbe mai riuscire a spiegare? 

Heinrich è un antropologo che si è ritrovato a insegnare in un corso di economia dello sviluppo a seguito del grande successo del libro Armi, acciaio e malattie in cui Jared Diamond ha spiegato lo sviluppo economico del mondo proprio a partire da elementi che sembrano lontanissimi dalle consuete e tradizionali motivazioni economiche. La tesi principale del libro è che la gran parte degli studi di psicologia che hanno creato le basi per capire il comportamento umano sono di fatto poco rappresentativi della popolazione mondiale perché tutti gli esperimenti sono fatti su individui che, per ragioni di nascita o anche per motivi culturali acquisiti, vivono in Occidente. Il libro è allora un racconto di abitudini sociali, elementi culturali e fattori psicologici di individui che vivono in diverse zone del mondo supportato da ricerche scientifiche pubblicate su riviste accademiche.

Quello di Heinrich è un viaggio affascinante e avvincente tra abitudini, vizi e virtù dell’individuo che resta il vero grande protagonista della nostra realtà, con buona pace di burocrati e politici che tentano di condizionarne invano i comportamenti per raggiungere obiettivi che servono solo a inseguire qualche voto in più o un po’ di potere personale. Leggerlo a Natale, con il vostro whisky preferito in una mano, il cellulare con l’ultimo video di tik tok sulla vostra serie preferita nell’altra e indossando quell’osceno pigiama natalizio attillato che vi sta malissimo ma di cui non potete fare a meno, è un’esperienza da non perdere!

Carlo Amenta, direttore Osservatorio economia digitale IBL


Claudio Giunta, Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca (il Mulino, 2020)

Gli intellettuali italiani del Novecento, Pasolini in testa, hanno sempre faticato ad accettare la modernizzazione economica e i suoi prodotti culturali. Le reazioni variano dall’ironia sussiegosa alla condanna, dalla costernazione allo sdegno. Poche voci si sono discostate da questo giudizio: la più intelligente, seppur oggi poco conosciuta, è stata quella di Tommaso Labranca. Il libro che Claudio Giunta gli ha dedicato ne rivela tutta l’acutezza di osservatore del pop, libero da quella “cultura sclerotizzata” che vede continuamente gerarchie tra i generi dell’arte. L’obiettivo di Labranca era descrivere senza pregiudizi “la reazione adattiva degli italiani” al “secondo tempo del consumismo, il tempo in cui, dopo aver trasformato la loro vita pratica […], la modernizzazione ha cominciato a trasformare la loro vita mentale”. 

Le categorie labranchiane, come trash e barocco brianzolo, rimandano alla sfera dell’imitazione. Nella società dei consumi, le persone hanno la possibilità concreta di desiderare uno status che non possiedono, cosa che si riflette nella proliferazione di surrogati – Little Tony che copia Elvis; l’imprenditore lombardo che per riprodurre i mall americani si inventa il GrossMarket. A volte, questa coazione a emulare ha risultati ridicoli, altre volte umilianti, soprattutto per quei “neoproletari” che rimangono intrappolati nel circolo vizioso di miseria reale e “consumi vistosi”. 

Questi effetti perversi, tuttavia, non portano Labranca al rifiuto del cambiamento sociale, o a rimpiangere una qualche arcadia originaria. Il futuro, anzi, è aperto proprio perché gli individui cercano di migliorare la propria condizione, anche se a volte ciò li fa essere volgari o egoisti (come l’Alberto Sordi del Vedovo di Risi). “Tutto ciò che per Pasolini è materia di compianto e di anatema, per Labranca non è materia di niente, solo di contemplazione e, semmai, di cauto divertimento”.

Giacomo Brioni, autore del libro “Anthony de Jasay


Jemmifer Burns, Milton Friedman: The Last Conservative (Picador, 2024)

Prima biografia dell’economista di Chicago basata sull’accesso completo agli archivi della Hoover Institution, dove Burns insegna. Il risultato è un ritratto che costringe sia ammiratori sia detrattori a rivedere le proprie certezze. Burns ricostruisce l’intera parabola intellettuale di Friedman – dall’infanzia nel New Jersey con i genitori immigrati ebrei, agli studi sotto Frank Knight e Jacob Viner, al lavoro per il Tesoro durante la guerra, fino al Nobel e alla fama televisiva con Free to Choose – mantenendo un equilibrio raro tra ricostruzione d’archivio e leggibilità. 

Il sottotitolo provocatorio riassume la tesi centrale: “conservatore” si applica a Friedman sia come economista che difese strumenti analitici pre-keynesiani, sia come intellettuale pubblico alleato del movimento conservatore americano. Ma l’“ultimo” del titolo suggerisce che quella sintesi – libero mercato, libertà individuale, cooperazione globale – si è incrinata nel XXI secolo e, con essa, un certo modo di essere libertari e liberisti. 

Tra le parti più riuscite, il modo in cui Burns illumina la tensione tra Friedman economista e Friedman polemista. La regola monetaria, nata come second-best teorico di fronte all’impossibilità pratica di una politica discrezionale ottimale, divenne nella comunicazione pubblica un principio quasi assoluto. Il libro mostra come questa semplificazione fosse consapevole e strategica – e quanto abbia poi condizionato la ricezione (e la caricatura) del monetarismo.

Diversi recensori libertari hanno contestato l’etichetta “conservatore” – Friedman si definiva esplicitamente libertario – ma la discussione che il libro ha generato testimonia la sua capacità di riaprire questioni che si credevano chiuse. Per chi voglia capire come un economista dalla figura minuta e dalla voce pacata sia riuscito a trasformare il modo in cui pensiamo alle banche centrali, alle scuole, alle tasse e alla libertà individuale, questo è il testo di riferimento.

Francesco Del Prato, adjunct fellow IBL


 Autori vari, Monte Verità. Back to Nature (Lindau, 2022)

Agli inizi del Novecento una località sopra Ascona, in Canton Ticino, divenne il centro di esperimenti che oggi definitemmo “alternativi”. Quella che si venne a formare fu una comunità contro-culturale immersa nei boschi sopra il Lago Maggiore, dove molti cercavano un nuovo modo di vivere e abitare fondato su una qualche forma di spiritualità, che anticipava pure temi ecologisti. In quell’universo non mancava neppure chi sperimentava pratiche naturiste e iniziava a girare come Dio l’aveva fatto, suscitando fatalmente l’ira dei contadini del luogo.

Ora un libro aiuta ad accostare quell’ambiente remoto, e senza dubbio si tratta di volume curioso, che nel lettore può suscitare reazioni contrastanti. Da un lato, infatti, diverte la vena di follia che caratterizza tanti protagonisti di quell’avventura, ma al contempo è difficile non avvertire anche una sorta di “conformismo dell’anticonformismo”: qualcosa che un secolo fa forse era nuovo, ma oggi può tediarci alla svelta. In ogni caso il libro aiuta a ripercorre questo bizzarro intreccio di idee ed esperienze, insieme ai numerosi protagonisti che vi partecipano: da Paul Klee a Piotr Kropotkin, da Walter Gropius a Hermann Hesse, da Hugo Ball a Carl Gustav Jung e altri ancora. Per molti di loro Monte Verità fu un rifugio sospeso nel tempo, lontano dalle guerre che agitavano l’Europa, e un laboratorio che rigettava quello che allora veniva rigettato quale modo di vita borghese.

Il libro raccoglie contributi su vari temi chiave: il vegetarianesimo, la teosofia, le arti e le architetture nate in armonia con il paesaggio, dalle prime capanne alle forme geometriche del Bauhaus. Viene alla luce anche un pezzo di Ticino che seppe diventare terra d’approdo per visionari e reazionari in cerca di un’utopia lontana dall’industrializzazione. Per lo più giunti dal Nord Europa, questi “coloni” instaurarono una vita semplice fatta di lavoro nei campi, costruzioni essenziali, bagni di sole ed euritmia, celebrando la natura come suprema opera d’arte. Nel 1926 giunse anche un banchiere, Eduard von der Heydt, che acquistò il complesso e avviò una nuova stagione culturale, legata al Bauhaus. Oggi questo luogo è di proprietà del Cantone e ospita un albergo, un centro culturale e congressuale e un complesso museale con le storiche Casa Selma, Casa dei Russi, Casa Anatta e il Padiglione Elisarion. Il libro offre la possibilità di un viaggio di interessante e invita pure a fare una visita. 

Carlo Lottieri, direttore Dipartimento teoria politica IBL


Tom Stoppard, Rosencrantz e Guildenstern sono morti (Sellerio, 2019 [1964])

Il 29 novembre è morto Tom Stoppard. Leggetelo, andate a teatro oppure guardate i film che ha sceneggiato: per esempio, il Fattore umano, Brazil, l’Impero del sole, la Casa Russia, Shakespeare in love, Enigma, La ragazza dei tulipani. E oltre alla meraviglia delle sue parole, vivrà per sempre la sua lotta di uomo libero per la libertà, che ha sempre denunciato gli abusi dei regimi comunisti, di ogni totalitarismo, instancabile sostenitore dei diritti umani.

Rosencrantz e Guildenstern sono morti è ora in scena, in giro per l’Italia, interpretato da Francesco Pannofino, Francesco Acquaroli, Paolo Sassanelli. Quel Francesco Pannofino che è lo storico doppiatore di George Clooney da vedere nel film Jay Kelly (Netflix). Un omaggio al divismo del cinema, a quella meravigliosa categoria di esseri, metà umani metà divini, che sono i divi di Hollywood, girato con la classe, l’intelligenza di Noah Baumbach.

Gli intellettuali del cinema lo troveranno melenso, patinato, banale, ma racconta una sacrosanta verità: essere un divo del cinema ovvero essere George Clooney è un dono per l’umanità, far sognare milioni di persone supera tutto, la famiglia, gli affetti, gli amici: l’unico vero amico di JK è il suo agente che vive in simbiosi, nel film interpretato da un grandissimo Adam Sadler. Perché alla fine, davanti ai trailers di tutta la sua carriera passata, ai filmini delle figlie, a tutto quello che forse si è perso e che invece viviamo noi comuni mortali, con i lacrimoni che tagliano le rughe di un George Clooney mondiale, ciò che conta per Jay Kelly è: “Posso rifarla? Vorrei rifarla un’altra volta”.

Gemma Mantovani, collaboratrice di Leoni Blog


Dario Antiseri, I dubbi del viandante (Rubbettino, 2025)

Si tratta dell’ultima fatica di Dario Antiseri, uno dei maggiori filosofi italiani contemporanei che ci accompagna attraverso una profonda riflessione sull’incertezza del sapere scientifico, la fragilità dei fondamenti razionalisti e la necessità di una domanda etica che trova risposta soltanto nella scelta. 

L’autore ci regala la testimonianza del suo lungo percorso intellettuale e spirituale, lungo sentieri che si sono interrotti e incrociati con altri, attraverso intuizioni illuminanti e idee che riemergono attraverso il cammino. Il viandante procede con la consapevolezza della fallibilità delle teorie scientifiche, la criticabilità delle idee filosofiche, la non verità dei sistemi etici. Questo libro è un viaggio tra Einstein, Popper, Wittgenstein, Gadamer, Pascal e Kierkegaard, insieme ai quali l’autore ci invita a pensare alla filosofia non come base di certezze ma come a qualcosa che è più simile alla preghiera.

Ci prende per mano, il viandante Antiseri e ci guida in un mondo in cui la scienza non ha certezze, la metafisica e l’etica non hanno fondamenti assoluti. Di fronte allo sgomento del lettore, assetato di certezze in un mondo dove è sempre più difficile misurarsi con l’essere e il senso della vita, Antiseri ci offre un’invocazione, una preghiera, come Pascal e Kierkegaard. Di fronte alla finitezza e alla fallibilità della nostra ragione, riflettere sul senso della vita vuol dire pregare. Se la ragione e la natura umana non possono offrirci certezze assolute, l’unica via è la scelta, libera e unica. 

Leslie P. Hartley, Giustizia facciale (Liberilibri, 2007 [1960])

Un romanzo distopico inglese che illustra le implicazioni logiche di un mondo egalitario, nel quale l’invidia è istituzionalizzata da uno Stato che garantisce che tutti i volti delle ragazze siano ugualmente carini, con operazioni chirurgiche volte a livellare i loro volti o verso l’alto e verso il basso a uno stesso comune denominatore, in modo che non ci siano né ragazze molto belle né ragazze molto brutte, ma che siano tutte nella media.

L’autore illustra un mondo distopico popolato da creature, in realtà, senza volto. Non è possibile redistribuire tutto, bellezza, compostezza, educazione, capacità scolastiche e abilità sportive. Resterà sempre qualche disuguaglianza che susciterà invidia. Questo è il senso di Giustizia facciale, un mondo popolato da creature identiche, per alleviare il dolore causato dall’invidia.

Tutto questo è incredibilmente attuale se pensiamo alle esasperazioni del politicamente corretto e dell’inclusività. Non solo realizzare pienamente l’ideale dell’uguaglianza non è possibile, a meno di realizzare una società da incubo, ma questo cosiddetto ideale è anche profondamente immorale e disumano, perché scontrandosi con la realtà della pluralità e unicità insita nella natura umana, trasformerebbe l’intera umanità in un formicaio segnando la fine di qualunque forma di civiltà. 

Roberta Adelaide Modugno, membro del comitato editoriale di IBL Libri


Stuart Banner, The Most Powerful Court in the World: A History of the Supreme Court of the United States (Oxford University Press, 2024)

La sentenza Dobbs, con la quale la Corte suprema americana ha “decostituzionalizzato” il diritto di abortire, non ha provocato soltanto reazioni (comprensibili, data la delicata materia) negli Stati Uniti, ma pure in Europa, con stati – come la Francia – che hanno addirittura inserito nelle proprie costituzioni quel diritto: e qui la cosa si fa un po’ meno comprensibile, data l’assenza di particolari analogie tra il contesto sociopolitico di qua e di là dell’Atlantico.

Il vero è che la Corte suprema, che già Tocqueville riconobbe come the most powerful in the world, è anche quella la cui voce, per così dire, continua a proiettarsi al di fuori dei confini della propria giurisdizione. Vale la pena, allora, conoscerla un po’ più da vicino, quella Corte, così da capirne meglio il funzionamento, e cioè anzitutto i suoi poteri e i suoi limiti.

Stuart Banner si è incaricato di scriverne la storia, procedendo per capitoli ordinati in maniera non cronologica ma tematica. Merita di essere segnalata la chiave con la quale è impostato questo approfondito e rigoroso lavoro, che è quella storicistica o relativizzante: all’autore interessa non stabilire la correttezza o l’erroneità di certe decisioni, ma piuttosto capire perché anche quelle che oggi riteniamo egregiously wrong (si pensi a Dred Scott, sulla schiavitù) apparvero invece corrette agli occhi di chi le pronunciò.

Giuseppe Portonera, Forlin fellow IBL


Michail Gorbačëv, Ogni cosa a suo tempo. Storia della mia vita (Marsilio, 2013)

Alla morte di Raissa, Michail Gorbačëv iniziò raccogliere i suoi appunti a dettare le sue memorie. Più di dieci anni dopo, sarebbero state pubblicate col titolo A tu per tu con me stesso. Nella versione più ridotta italiana, è diventato Ogni cosa a suo tempo, perdendovi il tono malinconico e intimista della testimonianza. Perché il libro non è solo un documento autobiografico di enorme valore per comprendere la fine dell’Unione sovietica, ma è anche la testimonianza profonda e commovente della solitudine di un uomo. Svuotato, come scrive lui stesso, dalla perdita della moglie, il Premio Nobel per la pace, l’uomo politico che, senza mai rinnegare i valori in cui credeva, ha provato ad aprire il suo paese all’economia di mercato e alla democrazia, fa i conti con la sua solitudine non solo di affetti, ma anche politica.

Ogni cosa a suo tempo non è un libro di scorrevole e facile lettura. Oltre ad un’aneddotica difficile da seguire per chi non ha vissuto quegli anni e non conosce la maggior parte dei nomi citati, le memorie scorrono come tali, quindi interrotte, riprese, riannodate non sempre con agevole comprensione. Vale però la pena leggerlo una prima volta e poi una seconda. La prima, per comprendere dalla diretta memoria del suo artefice il passaggio epocale del crollo dell’Unione sovietica. La seconda, più introspettiva, per scoprire l’amarezza di uno statista tanto apprezzato e riconosciuto fuori dalla Russia, quanto emarginato e sconfitto dentro. La fine del modello sovietico, che fu per il mondo una decisione giusta oltre che vincente, non fu accompagnata dentro la Russia con la stessa adesione con cui fu salutata fuori.

Il racconto di Gorbačëv è il racconto triste di un uomo anziano che ritiene, con eccessiva severità, di aver perso la battaglia pur sapendo di aver fatto la cosa giusta, rammaricato di non esser riuscito a condurre dove avrebbe voluto la sua politica di glasnost e perestroika e di non aver avuto l’appoggio dei suoi compagni. Le conseguenze di quelle resistenze sono ancora e più che mai sotto gli occhi di tutti. Le pagine nelle quali Gorbačëv racconta gli esordi di El’cin, il cui delfino sarà Putin, sono utili a capire i tormenti dell’uomo che, in ogni caso, è stato uno dei più grandi testimonial della pace e della libertà.

Serena Sileoni, senior fellow IBL

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