21
Gen
2014

Civiltà fiscale è abolire la Robin Tax

La Robin Tax va abolita. Punto. La relazione dell’Autorità per l’energia sull’osservanza del “divieto di traslazione” negli anni 2010-2012, trasmessa ieri al Parlamento, ne fornisce ulteriore conferma.

“Robin Tax” è il nome colloquiale, e fuorviante, dell’addizionale Ires sulle società del comparto energetico introdotta nel 2008. Nel tempo tale addizionale – che venne creata col pretesto di colpire i presunti “extraprofitti” dei petrolieri – è cresciuta sia di livello (da 5,5 a 10,5 punti percentuali) sia nell’ambito di applicazione (oggi investe non solo operatori petroliferi, elettrici e gas, ma anche le reti e le fonti rinnovabili, inizialmente escluse). La legge vieta di traslare l’extraonere sul consumatore finale e assegna all’Aeeg compiti di vigilanza, anche se non poteri sanzionatori. Per una breve ricostruzione della storia dell’imposta potete vedere qui, per una critica sui suoi effetti perversi qui e qui, per una discussione sull’assurdità del divieto di traslazione qui, per una riflessione sui probabili profili di incostituzionalità qui. Certamente, la motivazione degli “extraprofitti”, se mai ha avuto valore, oggi non l’ha più, in quanto, come scrive la stessa Aeeg, “la diminuzione di gettito riscontrata nel 2012 rispetto all’esercizio precedente, è attribuibile sostanzialmente a una ridotta redditività presentata dalle imprese”. Gli operatori energetici sono in crisi nera, punto. L’accanimento fiscale – per un valore di circa 1,5 miliardi di euro – è un segno di grave irresponsabilità, del quale prima o poi tutti i governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi dovranno essere chiamati a rispondere, avendo attivamente contribuito alla chiusura di stabilimenti e al licenziamento di lavoratori.

La Robin Tax è una dimostrazione di inciviltà fiscale per tre ragioni distinte.

La prima ha a che fare col suo effetto: in maniera del tutto priva di giustificazione, essa introduce un regime fiscale gravemente discriminatorio per un singolo settore dell’economia, oltre tutto un settore che viene a ogni pié sospinto definito come “strategico” (qualunque cosa significhi). E’ evidente che ciò determina una distorsione nel processo di allocazione del capitale, causando meno investimenti in questo comparto, con conseguenze sia anticoncorrenziali sia di determinazione di extracosti per il sistema (lo aveva notato lo stesso presidente dell’Aeeg, Guido Bortoni, a suo tempo).

La seconda questione riguarda il divieto di traslazione: poiché i prezzi sono liberi (e in alcuni casi, cioè quelli delle reti e delle rinnovabili, addirittura regolati) non si capisce in quale modo la traslazione possa avvenire. I prezzi dipendono da domanda e offerta; non è che chi si trova dal lato della domanda possa impunemente caricare dei costi. Al tempo stesso, è chiaro che un cambiamento nei costi di produzione determina uno spostamento della curva di offerta e una variazione dei prezzi, la cui entità è legata alla rigidità della domanda. Quello che ci si può aspettare è dunque un’inconsapevole e parziale traslazione dell’extraonere, che però – essendo il frutto di un aggiustamento “spontaneo” e implicito – non è in alcun modo razionale rintracciabile. Questo divieto, allora, si riduce a grida manzoniana e fonte di inutili carichi amministrativi tanto per gli operatori quanto per il regolatore. Se ne dev’essere reso conto il legislatore stesso, che infatti non ha previsto sanzioni e, con gli ultimi interventi, ha deciso di sostituire i precedenti accertamenti puntuali con accertamenti a campione.

Questo conduce al terzo pilastro di inciviltà: a dispetto di quanto detto, la Robin Tax – almeno nella sua dimensione amministrativa – resta un animale strano e inconoscibile. Alcuni operatori hanno presentato ricorso contro il metodo di verifica adottato dall’Autorità, vincendo al Tar. L’Aeeg si è così rivolta al Consiglio di Stato, col risultato che “l’udienza di merito fissata per lo scorso 25 giugno 2013 è stata rinviata sine die dal Consiglio di Stato”. Non solo: la Commissione tributaria di Reggio Emilia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul tributo. Tuttavia, “con decreto del 14 marzo 2013, la Corte Costituzionale ha rinviato sine die la decisione già prevista per lo scorso 27 marzo 2013”. In breve: in Italia c’è una tassa che forse è incostituzionale ma forse no, soggetta a una serie di adempimenti che vengono espletati con una metodologia che forse è legittima ma forse no.

In tutto questo, l’Aeeg è chiamata a dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Nel farlo, però, essa sembra cedere alla tentazione di Savonarola: di fronte all’esigenza di dimostrare l’indimostrabile, essa conclude:

Alla luce di quanto riportato nella presente Relazione, il monitoraggio svolto per gli anni 2010-2012 ha evidenziato ancora una volta che una parte dei soggetti vigilati ha adottato politiche di prezzo che generano un incremento dei margini non sufficientemente motivato.

Chi legga queste parole al termine della relazione, se è sufficientemente smaliziato, le classifica in modo adeguato: fuffa. Ma chi si limiti all’eco che hanno avuto sui media (qui, quo e qua, per esempio) potrebbe trarne l’impressione sbagliata che l’Aeeg stia agendo a difesa degli interessi violati dei consumatori e che, anzi, essa debba ricevere in questo ambito poteri di intervento e sanzione più vasti. Da lì ai poteri di regolazione tariffaria, il passo è breve (e letale). Certamente non è questa l’intenzione del regolatore, ma è bene dire forte e chiaro che o ci sono problemi dal lato concorrenziale, oppure no: gli extraprofitti possono dipendere solo dai primi, e nel caso rimuoverli è compito dell’Antitrust. Burocratizzare le politiche di prezzo e costringere aziende e regolatori a produrre cartaccia inutile è sperpero di denaro pubblico e privato. La tassazione differenziata del settore energetico è dannosa e incomprensibile. La soluzione non può essere mettere delle toppe burocratiche a un buco che è stato del tutto aperto da una legge assurda, e che solo l’eliminazione di quella norma può chiudere.

La Robin Tax non avrebbe mai dovuto essere introdotta, e tanto meno estesa. Ma essendo stata creata e allargata, oggi va rimossa, senza se, senza ma e senza perdere altro tempo.

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1 Response

  1. Stefano

    Civiltà fiscale …….. è che lo Stato rispetti lo STATUTO DEL CONTRIUENTE e non lo violi sistematicamente “http://www.altalex.com/index.php?idnot=9634”

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