11
Dic
2017

Il bonus mamma: “una buona cosa di pessimo gusto”

I “bonus”, misura economica ormai standard per i governi di questi ultimi anni, hanno il sapore delle “buone cose di pessimo gusto”, come recita una celebre poesia di Guido Gozzano.

Il bonus, per definizione, è un premio elargito ed ispirato da buoni propositi, ma che né soddisfa, né risulta essere particolarmente utile o efficace a contrastare un determinato problema. Al tempo stesso, è una misura politica di pessimo gusto poiché mira in primis a creare consenso politico. Infatti, l’idea che lo stato debba fare un “regalo” a coloro che mettono al mondo dei figli è davvero di pessimo gusto: questo non è altro che il “bonus mamma” di 800 euro stanziato a tutte quelle donne che hanno partorito nel corso dell’anno 2017. Erogato senza alcun limite o pochissimi requisito di sorta, il “bonus mamma” è stato dato a tutte quelle donne all’inizio dell’ottavo mese di gravidanza. Nel caso di parto plurimo il bonus è stato riconosciuto per ogni figlio (ad esempio, il parto di due gemelli ha consentito alle mamme in questione di ricevere 1.600 euro).

Se da un lato, si tratta di soldi che fanno ovviamente piacere a chi li riceve; dall’altro la misura in se non incide in alcun modo sull’obiettivo finale: risollevare il tasso di fertilità. Nonostante questo importante problema il Parlamento sta pensando di confermare questo bonus anche per il 2018. Non contento di questa inefficace misura economica, Matteo Renzi ha recentemente rilanciato una nuova proposta: l’estensione degli 80 euro alle famiglie con figli a carico.

Il problema demografico, ovvero la mancanza di nascite, è un dato di fatto assolutamente drammatico per il nostro paese. Purtroppo, a livello politico, l’interesse a parlare di questa tematica in modo serio è scarso. Da un lato, infatti, una certa politica, vittima della stortura ideologica per la quale i temi figli e famiglia sono roba da propaganda mussoliniana, finge di non vedere o capire. Dall’altro, ci sono coloro che pensano che il sostegno alla natalità possa essere uno strumento anti-immigrazione. Infine ci sono i sindacati, tutti protesi a tutelare lo “status quo” delle fette più anziane della popolazione, che insistono a rimandare l’irrimandabile, ossia l’indicizzazione dell’età pensionabile all’aumento dell’aspettativa di vita.

Il problema demografico è, invece, gravissimo. Ce lo ricorda anche l’ONU: gli italiani sono un gruppo in via di estinzione. Il rapporto tra nascite e decessi nel nostro paese è negativo dal 1990 e da ormai vent’anni la nostra è una popolazione letteralmente ferma. Secondo alcuni economisti non è detto che l’attuale suicidio demografico dell’Italia sarà accompagnato da un conseguente disastro economico. Secondo questi studiosi è possibile rimanere ricchi purché si investa in tecnologia, scienza, istruzione e politiche per la produttività. Questa teoria però si scontra con la realtà. In Italia, oggi, si sta facendo troppo poco per rilanciare gli investimenti ed il nostro sistema educativo. Di conseguenza è facile immaginare come all’interno di una società sempre più anziana l’attuale sistema di welfare possa diventare sempre meno sostenibile. Nessun sistema pensionistico e sanitario è in grado di sopportare trend simili. Ma chi sarebbe disposto a sacrificarsi per le generazioni future?

I figli costano, fare figli non è conveniente e facendoli si diventa relativamente più poveri. Questo vale soprattutto per le classi medie. Tutto il sistema di sostegno alle famiglie con figli andrebbe dunque rivisto poiché quello attuale risulta essere squilibrato, spesso iniquo e certamente mal finanziato. Ad oggi, tra assegni familiari, detrazioni e bonus vari, esistono ben 11 misure nazionali di sostegno alle famiglie. Nonostante ciò alcune categorie familiari particolarmente svantaggiate ricevono aiuti pressoché nulli. Ed è proprio per questo motivo che un sostegno vero non può che tradursi, fondamentalmente, con una ridefinizione dei principi che reggono il nostro sistema di welfare familiare, ristabilendo un diverso rapporto tra cittadino e stato che ci permetta di avere a disposizione più denaro da investire in spese per i nostri figli all’interno di un mercato dei servizi veramente libero e competitivo. All’interno di un sistema più equilibrato le famiglie italiane rinuncerebbero molto volentieri a tutte quelle sporadiche “paghette” dal sapore di patetico spot elettorale.

Un modo concreto e possibile per rimodulare a fondo il sistema attuale può sicuramente essere quello di ripensare radicalmente il nostro sistema fiscale, e nello specifico il rapporto tra fisco e famiglia.  In questo senso, un buon suggerimento viene fornito nella proposta “Venticinque % per tutti” nell’omonimo volume a cura di Nicola Rossi, edito da IBL Libri. In questo volume viene spiegato che se, come oggi, il soggetto passivo del tributo è la singola persona fisica, nell’ambito dei nuclei famigliari si creano situazioni potenzialmente molto distorsive. A parità di reddito complessivo famigliare, l’attuale sistema fiscale (IRPEF ad aliquote progressive incentrato sugli individui) penalizza le famiglie, specialmente le cosiddette famiglie mono-reddito. Con una tassazione ad aliquota unica del 25% tutte queste distorsioni verrebbero meno. Inoltre, non si favorirebbero in modo maggiore le famiglie con redditi più elevati (dove entrambi i coniugi lavorano), né si disincentiverebbe al lavoro il secondo coniuge a basso reddito. La dimensione e le caratteristiche della famiglia utilizzata come unità impositiva potrebbero entrare in gioco nella modulazione dell’esenzione alla base, graduando il minimo vitale esente da imposta, in funzione delle necessità del nucleo, della sua numerosità, della presenza di “soggetti deboli” e di altre condizioni socio-demografiche.

L’Italia ha ancora la possibilità di ristabilire nuove regole con i suoi cittadini, anche allo scopo di ringiovanire la sua popolazione. Se, invece, i futuri governi continueranno nel solco degli ultimi, è facile immaginare come il nostro paese sia destinato a diventare una vera a propria casa di riposo. Con una classe politica incapace di comprendere il preoccupante ed eclatante dato dell’invecchiamento della popolazione, tutte quelle “buone cose di pessimo gusto” come l’attuale “bonus mamma” rischiano di minare completamente il nostro futuro e di ipotecare il nostro presente.

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