15
Set
2016

“In amicorum numero”: Stato, cultura e paghette

Il regalo di benvenuto nella maggiore età, da parte dello Stato, è un bonus da 500 euro. Stando a quanto hanno riportato i giornali nei giorni scorsi, oggi avrebbe dovuto fare la sua comparsa online il sito 18app.it, attraverso il quale è possibile spendere la propria dote. Al momento però il sito non è ancora attivo. A prevedere tale bonus in spese culturali per i giovani era stato un comma contenuto nella legge di stabilità per il 2016. Nel testo si stabiliva l’assegnazione a ogni ragazzo, che avesse compiuto diciotto anni nel 2016, di una carta elettronica “per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’acquisto di libri nonché per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali e spettacoli dal vivo”. Non si diceva molto di più e si rimandava a un decreto, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, in cui definire i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo del bonus. Passati i trenta giorni, il decreto però ancora non era stato pubblicato. Al 15 settembre, ossia oggi, passati quindi circa 260 giorni dall’entrata in vigore della legge (1 gennaio 2016) il decreto ancora non è comparso sulla Gazzetta Ufficiale. Dell’esistenza e di cosa ci sia scritto sul decreto se ne ha notizia grazie a un parere del Consiglio di Stato, dello scorso 6 settembre. Ma prima di addentrarci nei contenuti, due considerazioni.

La prima è legata al rispetto delle disposizioni di legge. Lo Stato che pretende dai cittadini il rispetto della legge è il primo a non rispettare quanto egli stesso stabilisce. Non è la prima volta che questo accade e gli esempi sono tanti. Da una parte è indice di scarsa serietà (stabiliti i trenta giorni, questi diventano molti di più e non si sa nemmeno quanti), dall’altra dell’arbitrarietà del suo operato: lo Stato si può concedere cose che ai cittadini non sono concesse. 

La seconda legata all’utilizzo dei “bonus”. Il bonus degli 80 euro, l’art bonus, quello per i docenti, ora quello per i diciottenni. Bonus che si sommano a esenzioni, detrazioni, deduzioni, crediti d’imposta e benefici d’ogni sorta. Tutte misure eccezionali che in un certo senso derogano dal quadro generale. Ma che generano complessità e disparità (se non privilegi). Come scrive Serena Sileoni oggi su Panorama, “Tutti i bonus creano, per definizione, diseguaglianze. Ma alcuni possono essere più iniqui di altri, se la discrezionalità di scelta tra chi può usufruirne o meno non risponde a canoni di ragionevolezza, ma ad altri criteri, tra cui, non si sfugge, la ricerca del consenso di alcune grandi categorie di cittadini”. Senza tenere conto che in alcuni casi vi è una scadenza temporale. Perché i fondi per il bonus giovani sono stati stanziati per un solo anno e nessuno sa cosa accadrà ai successivi diciottenni. Ma fa più effetto e porta più titoli di giornali dare un qualcosa di certo e definito a un gruppo riconoscibile di persone. A te diciottenne metto in mano 500 euro. Una misura più “visibile” non ci può essere.

Per quanto riguarda i contenuti, come si è detto, è possibile risalire allo “schema di decreto”, quindi non al decreto finito e pubblicato, dal parere del Consiglio di Stato. Il parere espresso è stato “favorevole con osservazioni”. Innanzi tutto si scopre che la Carta di cui si parla nella legge sarà una app. Ogni diciottenne potrà accedervi, previa registrazione, e scegliere tra l’offerta fornita da un elenco di soggetti anch’essi registrati. Ad esempio vi potrà essere il tal teatro che offre il tal spettacolo. Il diciottenne acquisterà il biglietto del tal spettacolo, nella forma di un voucher da stampare, che consegnerà all’ingresso per poter accedere in sala. Così, semplificando, dovrebbe funzionare il tutto.

È interessante segnalare un rilievo del Consiglio di Stato che riguarda il perimetro dei beni e servizi ammessi. La definizione data dalla legge, riportata all’inizio di questo articolo, è assai vaga: tutte le rappresentazioni teatrali e cinematografiche? anche i cinepanettoni? o solo i film proiettati in sale d’essai? quali spettacoli dal vivo? anche i concerti di musica pop? quali libri? anche quelli di cucina? e cosa si intende per “eventi culturali”? Il Consiglio di Stato dice che “si tratta di una definizione generica, che spetta al regolamento precisare, onde fugare possibili incertezze sulla tipologia di beni e servizi acquistabili”. Chissà però se è possibile circoscrivere in maniera dettagliata questi aspetti. Si potrebbero elencare le tipologie di libri acquistabili: no i fumetti e sì i libri di storia? e per i romanzi? sì i classici e no gli altri? ma quali sono gli autori “classici”?

Quello che infine si può dire, in attesa di vedere come effettivamente funzionerà l’app, è che il ricorso a queste misure “spot”, microsettoriali, a vere e proprie mance, porta con sé una gran quantità di questioni da azzeccagarbugli. Si entra nel dettaglio, nel particolare per evitare abusi e distorsioni delle finalità dei provvedimenti, e il rischio è quello di non venirne nemmeno a capo. Lo strumento del voucher culturale è una misura tutt’altro che sbagliata, ma richiede una elaborazione di politica culturale di più ampio respiro, con un orizzonte diverso e una applicazione che risponde ad altre logiche sottostanti. Quello che serve non è una mancia per stimolare un po’ di consumi culturali, ma occorrono degli incentivi affinché cambino le modalità di gestione delle imprese culturali e la loro offerta. La scelta dei voucher è corretta se sposta tutto o parte del finanziamento pubblico dal lato dell’offerta a quello della domanda, dalle istituzioni culturali ai cittadini. Saranno così questi ultimi a scegliere dove spendere il voucher e non più lo Stato a scegliere quale soggetto sussidiare. Si tratterebbe di un nuovo modello d’intervento pubblico, che favorirebbe il perseguimento dell’efficienza gestionale delle istituzioni culturali e di una offerta più diversificata, capace di tenere maggiormente in considerazione il pubblico.

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