4
Feb
2011

Abbattere il debito senza aumentare le tasse si può

Daniel J. Mitchell (Cato Institute) è stato ospite dell’Istituto Bruno Leoni in un seminario tenuto il 31 gennaio a Milano, sul tema “Meno deficit e meno tasse: è possibile?”. Questo articolo è stato pubblicato, in forma leggermente ridotta, su Il Foglio del 1 febbraio 2011.

Nella maggior parte dei paesi, i politici affermano che l’aumento della tassazione è imprescindibile in quanto il deficit e l’indebitamento sono troppo alti. Negli Stati Uniti il presidente Obama vuole scatenare una guerra di classe contro i ricchi. In Italia addirittura si sta prendendo in esame una sorta di imposta patrimoniale straordinaria e temporanea.Poiché spesso queste persone sono le stesse che hanno causato l’attuale crisi fiscale, le loro dichiarazioni sul deficit e il debito probabilmente non sono del tutto sincere. Tuttavia, non è detto che l’ipocrisia vada sempre di pari passo con la mancanza di precisione; proviamo quindi a vedere se è possibile ridurre le voci in rosso senza aumentare le imposte.

Negli Stati Uniti, la spesa del governo federale per quest’anno ammonta a circa 3.700 miliardi di dollari, mentre si stima che il gettito fiscale si attesterà a circa 2.200 miliardi di dollari con una previsione di deficit pari a 1.500 miliardi di dollari. Ma come fa l’America a far quadrare il bilancio con un buco fiscale di queste proporzioni? È una semplice questione matematica. Il Congressional Budget Office (CBO) stima che nei prossimi dieci anni le entrate fiscali aumenteranno in media del 7 per cento annuo.

Ridurre il deficit di bilancio è facile, almeno finché i politici lasceranno incrementare la spesa generale di un importo minore rispetto al gettito fiscale atteso. E con l’inflazione media prevista per lo stesso periodo pari a circa il 2 per cento, ci troviamo nelle condizioni ideali per un rigore fiscale atteso ormai da tempo. Congelando il tetto massimo della spesa al livello attuale, entro il 2017 il bilancio potrebbe essere praticamente in pareggio. Lo stesso risultato sarebbe possibile entro il 2019 limitando l’aumento della spesa all’1 per cento annuo. E se ammettiamo una crescita della spesa pari al 2 per cento annuo (ossia, tenendo il passo con l’inflazione), il pareggio arriverà nel 2021.

Anche per l’Italia le cifre dimostrano che per liberarsi del deficit di bilancio basta un po’ di rigore fiscale. Il bilancio per quest’anno e pari a circa 22 miliardi di euro, mentre si prevedono entrate per circa 752 miliardi di euro. Tuttavia, poiché le previsioni stimano un aumento del gettito pari al 3,5 per cento annuo, il bilancio potrebbe essere pareggiato relativamente in fretta, subordinatamente al livello di contenimento della spesa. Congelando il bilancio ai livelli attuali, nel giro di tre anni il disavanzo scomparirebbe. Aumentando la spesa dell’1 per cento annuo, il risultato di pareggio si avrebbe nel 2015. Se invece ammettessimo una crescita della spesa di appena il 2 per cento all’anno, nel 2017 avremmo persino un attivo di bilancio. Il mantenimento del rigore fiscale anche negli anni successivi consentirebbe di ridurre il debito pubblico.

E il nocciolo della questione è proprio questo: far quadrare il bilancio è semplice. L’eliminazione delle voci in rosso dal bilancio è possibile con un discreto rigore fiscale. Lo stesso principio vale per la riduzione dell’indebitamento. Alla fine del Secondo conflitto mondiale, il debito pubblico degli Stati Uniti era paragonabile a quello attuale dell’Italia: circa il 120 percento del pil. Tuttavia, entro la fine del secolo scorso il fardello del debito si era ridotto a meno del 40 per cento della produzione economica. Tale riduzione non ha avuto luogo perché l’America abbia saldato i propri debiti, ma grazie al fatto che il settore privato è cresciuto più velocemente del pubblico.

In altre parole, la limitazione della spesa nel Dopoguerra ha fatto sì che l’indebitamento nazionale diminuisse sempre più in proporzione all’economia generale. Non è stato necessario mettere le mani sulla ricchezza del popolo americano imponendo una tassa invalidante sul patrimonio. La risposta alla maggior parte dei problemi fiscali sta nel contenimento dell’aumento della spesa pubblica.

Tuttavia, il solo fatto che una cosa sia giusta, non significa che attuarla sia semplice. Il disastro fiscale di Italia, Stati Uniti e altri paesi esiste perché gli esponenti politici sono tentati di comprare voti spendendo denaro pubblico e perché potenti gruppi di interesse hanno imparato a manipolare il sistema politico al fine di guadagnare ricchezze immeritate.

È possibile, in una democrazia matura, che le elites politiche facciano la cosa giusta? Per fortuna la risposta è affermativa. Vi sono svariati esempi, che illustrerò utilizzando dati desunti dalla Economist Intelligence Unit.

Tra gli anni 80 e l’inizio degli anni 90 il Canada versava in una grave situazione fiscale. Circa 15 anni fa i politici hanno deciso di fare la cosa giusta e porre un freno alla spesa. Tra il 1992 e il 1997, il bilancio canadese è cresciuto passando da 374 a 391 miliardi, con un aumento medio di meno dell’un per cento su base annua. Contestualmente il bilancio fiscale è passato da un disavanzo del 9,1 per cento rispetto al pil a un avanzo dello 0,2 per cento del PIL.

Verso la metà degli anni Ottanta l’Irlanda era in caduta libera. La spesa pubblica era schizzata ad oltre il 50 per cento del PIL e il debito pubblico era diventato imponente. I dirigenti politici irlandesi capirono di dover alleggerire gli oneri causati dalla spesa pubblica e, di conseguenza, congelarono il bilancio statale, che tra il 1985 e il 1989 rimase al livello di 14.7 miliardi di euro. Questo congelamento quadriennale produsse una riduzione del deficit, che passò dal 12,1 per cento del PIL al 2,7 per cento.

La Slovacchia, come molti altri paesi usciti dal crollo dell’impero sovietico, doveva sobbarcarsi un settore pubblico enormemente gonfiato. Nel periodo 2000-2003, tuttavia, il bilancio statale slovacco passò da 11,5 miliardi a 11,8 miliardi di euro, realizzando una crescita annuale media pari ad appena l‘1,3 per cento. Contestualmente il disavanzo si ridusse dall‘8,7 al 2,0 per cento del PIL.

Diamo infine un’occhiata alla Nuova Zelanda. Negli anni 80 si era giunti a una situazione in cui il settore pubblico assorbiva più della metà della produzione economica. I neozelandesi hanno messo in atto un’inversione di tendenza, dando inizio a un periodo di rigore fiscale. Tra il 1990 e il 1995 il bilancio della Nuova Zelanda è passato da 39,3 miliardi a 38,8 miliardi e il paese è passato da un deficit del 4,5 per cento a un avanzo pari al 2,8 per cento del PIL.

Il concetto chiave da capire è che non è necessario aumentare le tasse. I politici possono far quadrare il bilancio e ridurre il fardello del debito contenendo la crescita della spesa pubblica. Al contrario, l’esperienza europea dimostra che una pressione fiscale eccessiva non rappresenta la panacea per il bilancio fiscale. Aveva ragione Milton Friedman quando, molti anni fa, ammonì che “a lungo andare il governo spenderà tutto quello che il sistema delle imposte sarà in grado di raccogliere più tutto quello che riuscirà ad accaparrarsi”. È per questo che il contenimento delle uscite è l’unico strumento efficace per scongiurare la crisi fiscale e, indubbiamente, è l’unico metodo che consenta la crescita. (traduzione Studio Brindani)

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25 Responses

  1. Rigore fiscale, facile da dire, difficile da attuare. Penso ai grandi evasori mai nominati , per i quali però il sospetto è d’obbligo. penso al fatto che i nostri sindacati, che saranno senza dubbio onestissimi, non hanno alcun obbligo di mostrare i loro bilanci, pur manovrando e gestendo attività per grosse cifre, miliardi di euro. penso alla tassazione di favore agli istituti bancari, penso che so, alle società per azioi di recupero dei crediti, che ci vengono fatte passare per istituti pubblici e che sono estorsori, o al limite della estorsione, va! E mi chiedo simili soggetti che in baraba alle leggi dello stato usurano i cittadini, pio diventano colombe a momento di pagare le tasse? non è dato sapere nelle fumosità di un paese che ha la mafiosità nel dna, quindi spesso inconsapevole, ma sospettare è d’obbligo.
    Concludo: questo è un Paese da buttare a mare, da abbandonare finchè si è in tempo, un Paese per privilegieti e disonesti.

  2. silvano

    Bisogna resistere alle chimere degli stimoli di corto respiro, pensare che l’economia possa essere stimolata con elargizioni finanziate da nuove spese pubbliche, al contrario è indispensabile ridisegnare un sistema fiscale che incentivi a produrre di più e che consenta al contribuente di spendere di più. Contemporaneamente riportare in pareggio i saldi di bilancio, trovando quel coraggio che la nostra classe politica non ha mai conosciuto, che consiste soprattutto nello smettere di farsi eleggere su promesse di spesa. Provate a parlare agli italiani delle virtù dei bilanci in pareggio.

  3. Guglielmo Boghero

    Le patrimoniali serviranno appena appena a soddisfare l’appetito di questa penosa classe politica.

    Lo stimolo più importante all’evasione è proprio lo spreco continuato e indiscriminato di denaro pubblico.

    Storicamente è dimostrato che in Italia non abbiamo grandi leader, ma grandi singoli che fanno la differenza.

    Propongo di ridurre al minimo indispensabile classe politica e servizi pubblici essenziali…

    Auguri…

  4. ennio

    Questo è un paese dove sperperi e ruberie alle casse dello stato sono all’ordine del giorno. Si potrebbe fare un lunghissimo elenco in tal senso dal settore degli appalti alla spesa pubblica sanitaria e non solo, i prezzi di forniture e appalti vengono gonfiati al solo scopo di incassare tangenti a tutti i livelli dal piccolo comune fin su nelle aule parlamentari.
    Abbattere il debito pubblico senza aumentare le tasse si può !!
    Occorre “solo” una classe politica di persone serie ed oneste, ma la realtà è che siamo nelle mani di gente senza scrupoli che si fa eleggere solo per interessi personali.
    Un disegno di legge contro la corruzione rimane abbandonato in qualche aula parlamentare, mentre i media e le opposizioni si occupano solo di … bunga bunga!!

  5. Laura

    Per favore quando cita Germania e Svizzera si ricordi che sono due paesi federali e civili.
    La civiltà si misura con la reazione alle elezioni, nessun goirnalista, ma nemmeno i pochi
    Giornalisti come Giannino Hanno fatto notare che in America (per carità altre pecche)il
    GIORNO DOPO l’elezione di Obama l’opposizione ha dichiarato :il mio Presidente!; in altri
    paesi dopo le elezioni chi non è daccordo spara…in Italia dopo 3 anni chi ha perso non
    se ne è ancora accorto e vorrebbe dettare l’agenda peraltro senza proposte!
    In Italia siamo ancora tribù che con la clava difendono la loro tana e solo quella……
    o ci arrendiamo…..o cominciamo a scrivere di cose serie

  6. Giorgio

    A me gli occhi! Con questa frase i grandi affabulatori politici attirano la tua attenzione… manipolano sapientemente l’opinione pubblica creando ad arte categorie di deliquenti sociali che attirano la disapprovazione popolare (evasori fiscali, partite iva, etc, etc). Ecco la rabbia dei poveri contro i ricchi. E’ colpa dei ricchi se va tutto male. Stato Robin Hood dove sei? Colpisci i ricchi! Ed ecco che il popolo esulta all’annuncio di una nuova tornata di verifiche fiscali… Vuole che il tallone di ferro sprema queste sanguisughe e redistribuisca il maltolto. A me gli occhi! Ecco se riuscirete a vincere l’affabulazione scorgerete un bilancia a due piatti… contrariamente a ciò che pensavate non c’è un piatto “poveri” e un piatto “ricchi”. La mano degli affabulatori però sposta denaro da un piatto all’altro… Peccato che la mano peschi dal piatto “ricchezza creata dagli italiani” e trasferisca il denaro nel piatto “spesa pubblica”. Il caleidoscopio degli affabulatori non cesserà mai. Non perlomeno se continueremo a vivere nell’ignoranza e ad indirizzare la rabbia verso l’obiettivo sbagliato… Meditate gente Meditate…

  7. Giovanni Cincinnato

    Pareggiare il bilancio è facile: Basta un po di rigore finanziario… e la consapevolezza di perdere le prossime elezioni.

    Il problema è che la gente non ne vuole sapere di “futuro” in realtà, 2/3 della popolazione è concentrata su quello che vuole ottenere “oggi”. Parliamo sempre male dei politici, spesso a ragione, ma ignoriamo il fatto che gli elettori, gli stessi che si lamentano per l’immoralità dei rappresentanti, sono i primi che chiedono in larga parte favori immediati per il proprio tornaconto, fregandosene altamente se quei favori andranno a danneggiare tutti gli altri. Sotto questo punto di vista, mettiamoci una mano sulla coscienza e riconosciamo di essere NOI SOCIETA’ CIVILE LA PRIMA CAUSA DEL DISASTRO ITALIANO, e che i politici che abbiamo sono ampiamente rappresentativi.

    Sulle nazioni che hanno invertito la tendenza:

    Canada : Anglo-Sassone
    Irlanda : Anglo-Sassone
    Slovacchia : Unica che mi sorprende, ma il loro reddito non è paragonabile al nostro
    Nuova Zelanda : Anglo-Sassone

    Mi domando che cosa facevano nello stesso tempo Grecia, Spagna e Portogallo… ah si, costruivano economie di cartapesta che sono crollate al primo soffio di vento, e così sarebbe successo anche a noi se non fosse per il nostro retaggio economico.

  8. stefano

    “In Italia addirittura si sta prendendo in esame una sorta di imposta patrimoniale straordinaria e temporanea.”
    Faccio sommessamente presente che in Italia niente dura di più delle cose temporanee. Ad esempio l’esame di maturità dopo il ’68 è andato avanti qualche annetto. Sostituito poi dalla sua brutta copia rivisitata.
    L’ISI si è poi trasformata in ICI. Abolita l’ICI sulle prime case adesso vogliono mettere l’IMU; per non dire che l’ICI è stata reintrodotta: grazie.
    Auguro a lor signori una sana bevuta di guttalax. Dico così per non profferire vogarità tipo: “ma andate a c….are!”.
    Cialtroni!

  9. mario fuoricasa

    Peccato che la magia della quadratura del bilancio si regge sulla patrimoniale occulta ed inesorabile della perdita del potere d’acquisto del danaro.
    La tassa dell’ignoranza.
    Sveglia gente!

  10. Andrea Chiari

    Riguardo alle guerre di classe negli Stati Uniti, mi era sembrato che fossero i ricchi a farla, e con qualche successo, contro i poveri. Andatevi a guardare le statistiche degli ultimi lustri. Comunque, tornando a noi, la moltiplicazione dei pani e degli uscieri l’hanno sempre fatta i governi moderati, anche quelli che godevano dell’appoggio di Malagoli e di La Malfa. Non c’è comunque un discrimine ideologico: non credo che Barsani, per la sua esperienza e per le sue idee, sia fautore della spesa facile e dell’economia nazionalizzata. Le fucilate che il suo modesto antipasto di liberalizzazioni sono venute piuttosto da destra, da un governo retto da un “liberale” come Berlusconi (giusto per introdurre una nota di umorismo). I problemi sono comuque due e giganteschi: evasione fiscale e delinquenza organizzata. Si gradirebbero non dico ricette (magari!) ma una certa sensibilità al tema.

  11. Giovanni Cincinnato

    @Andrea Chiari
    Sull’evasione fiscale c’è da fare una precisazione, governi di destra e di sinistra indicano nel recupero dell’evasione fiscale una soluzione a tutti i problemi del bilancio italiano, quasi che fosse una specie di “pietra filosofale” dell’economia, abbagliando i cittadini con le cifre ed elencando tutti i servizi che si potrebbero ottenere se solo si riuscisse ad agguantare questo “pozzo di sant’Antonio”. Purtroppo ci troviamo dinnanzi ad una menzogna calcolata, creata per giustificare i maxi-sprechi dell’amministrazione e dell’apparato dirigente. Innanzitutto l’idea di fare i bilanci “con i soldi recuperati dall’evasione” è una fandonia, dato che la legge dice chiaramente che ogni spesa per essere iscritta in bilancio deve avere una fonte “certa” dalla quale attingere, dunque le somme future come gli ipotetici soldi recuperati dall’evasione possono essere inseriti in bilancio solo nell’anno successivo a quello del pervenimento. In secondo luogo dobbiamo anche capire che l’evasione non è tutta uguale: storicamente esiste una certa percentuale di evasione “fraudolenta” sottesa al lucro di persone fisiche e giuridiche che così facendo guadagnano, esiste anche un’evasione “strutturale”, dovuta per lo più all’eccessivo carico fiscale, all’errata modulazione dei tributi, all’esagerata stratificazione delle tasse piuttosto che al lucro vero e proprio e diciamo che in questa larga fascia troviamo dentro buona parte degli artigiani e delle PMI sopratutto in aree svantaggiate della Repubblica. Detto questo, mentre combattere la prima è doveroso, pensare di riscuotere la seconda è da manicomio a meno che non si intenda mandare al collasso 2/3 del comparto produttivo italiano.

    Sulla criminalità organizzata, non c’è un semplice rimedio e nemmeno una ricetta. L’aggressività delle organizzazioni criminali e la rapidità con la quale si muovono, rende le organizzazioni troppo difficili da bloccare con le leggi attuali che con la scusa di “garantire i principi democratici” tutelano i criminali che possono così eludere con facilità le maglie della giustizia, se a questo aggiungiamo le inefficienze e gli infiltrati… diciamo che il quadro non è roseo.

  12. Stefano Biagi

    Io farei un bel reset: congelamento della spesa pubblica. Riforma del sistema di denuncia dei redditi in modo da renderlo più semplice, sia per chi dichiara, e sopratutto per chi controlla (non è possibile che si stiano verificando i redditi di 5,6 anni fa).Introduzione di norme penali che prevedano diversi anni di carcere (senza possibilità di sconti, permessi, patteggiamenti, carcere puro e semplice dal primo all’ultimo giorno) per chi evade e ancor più per chi, anziché controllare si fa corrompere. Stesso trattamento penale per tutti i falsi invalidi, i falsi poveri, e i veri medici compiacenti che favoriscono le truffe. Stesso trattamento penale ovviamente anche per coloro che ricoprono un incarico pubblico-politico e si macchiano di reati legati a tangenti e corruzione. Impiego dei cassaintegrati ( quindi pagati con soldi pubblici) per lavori a favore delle pubbliche amministrazioni. Obbligo per i dipendenti pubblici della scuola di prestare nei mesi estivi (nei quali sono pagati) servizio per corsi di formazione, italiano per stranieri ecc. Obbligo per tutti i detenuti di lavoro per ripagare la società. Abbassamento di tutte le pensioni e stipendi d’oro dei dipendenti e manager pubblici. Eliminazione di quell’assurda legge che prevede che dopo 5 anni un parlamentare abbia diritto ad una pensione. Eliminazione di tutte le auto con autista riservate a consiglieri regionali, comunali (diamogli una punto disel, se la guidano, e abbiamo risparmiato sull’autista, sulla macchina e abbiamo anche aiutato gli operai della Fiat). Temo sia solo un sogno

  13. Massimo Peruzzo

    @Stefano Biagi
    penso che sulla carta saranno tutti con te! solo sulla carta però. tre quarti delle tue proposte verrebbero silurate dai sindacati. non accetterebbero mai che un cassaintegrato, o un carcerato svolga il lavoro che dovrebbe fare un lavoratore pubblico! quindi dovremmo pagare il cassaintegrato per starsene a casa (e magari fare il secondo lavoro) e anche il lavoratore pubblico per non fare niente (o quasi). e so on….
    per quanto riguarda l’evasione fiscale, è ora di finirla. non reputo evasore chi cerca solo di non farsi derubare dallo stato ingordo. evasore è chi ha aliquote fiscali dimezzate rispetto alle aliquote da reddito di lavoro (leggesi banche & co). i piccoli imprenditori che riescono a fare un po’ di nero, non lo usano per portarlo alle Caymann, magari ci pagano gli straordinari ai propri collaboratori (se hanno la fortuna di avere lavoro), o magari lo usano per portare la famiglia a cena fuori, o magari si comprano l’auto nuova. non mi pare che questa sia sottrazione di ricchezza all’economia. se avessero pagato tutte le tasse, fino all’ultimo euro, o sarebbero già falliti, o sarebbero con l’acqua alla gola, con meno collaboratori, con macchinari vetusti, e lo stato avrebbe bruciato i soldi estorti. vogliamo ridurci così? non mi pare che nei reggimi totalitari, o nel medio evo, quando le tasse venivano estorte con la forza (e quindi l’evasione era minima) l’economia fosse fiorente…. per come stanno le cose in Italia, secondo me, un buon 20% della tassazione è da considerarsi rapina. ed a nessuno piace farsi rapinare!

  14. Giovanni Cincinnato

    @Massimo Peruzzo

    Sarebbe anche ora di prendere “il coraggio a due mani” e fare anche i conti anche con i sindacati. Abbandonare i lavoratori dipendenti e i pubblici dipendenti nelle mani del sindacato, è una delle colpe maggiori che gli industriali italiani (spesso più “padroni” che industriali) ed i presunti “liberali” hanno avuto in questo paese. Questo non è uno scontro fra destra e sinistra, questo è un appello a tutti gli uomini di buona volontà, che intendono fare prevalere le proprie libertà sulle imposizioni dello stato, un appello a chi crede che un figlio di un operaio o di un impiegato possa aspirare ad avere la massima realizzazione basando tutto solo sulle proprie forze e sulle proprie capacità senza dover dire grazie a nessuno, un messaggio rivolto a chi vorrebbe essere giudicato, trattato e considerato dallo stato in base ai propri diritti di cittadinanza e non sulla scorta del cognome dell’appartenenza ad un gruppo di potere o della conoscenza di un mammasantissima o essere condizionato dalla regione di nascita. I sindacati, come i partiti buttano tutto in politica facendo leva sul senso di irresponsabilità e sulla paura, una tecnica ben nota e fin troppo funzionante, che non serve a nulla, se non per mascherare l’inadeguatezza e la mancanza di idee SERIE, infatti è facile fare slogan e chiedere la luna, ben più difficile e guardare la realtà e creare le soluzione magari rinunciando al superfluo.

  15. Nikolai

    Mi stupisce poi che molto raramente si ragioni sulla relazione tra quanto si paga e quanto si riceve dalla pubblica amministrazione in termini di qualità e quantità.
    Che senso ha discutere sempre e solo del livello di tassazione senza riflettere su quanto si riceve in cambio?

  16. Andrea Chiari

    Per Cincinnato. Estremizzare le opinioni per confutarle a proprio comodo è un artifizio dialettico non dei più nobili. Nessuno dice che la lotta all’evasione fioscale sia la panacea di tutti i mali. Intanto bisogna farla, e non è facile. Poi quando un sistema si è “tarato” sul nero non è facile rimetterlo in carreggiata. L’artigiano edile di Brindisi (per dire) che tira a casa 3.00 euro netti non pagando le tasse e con questi mantiene la moglie che non lavora a la figlia all’università di Bologna, se pagasse le tasse andrebbe a gambe all’aria e i suoi clienti se si facessero carico del sopprappiù di fatturazione e dell’IVA non potrebbero tirare su il bacone (abusivo) o fare la casetta nell’uliveto (abusiva). Il supermercato Famila subirebbe i contraccolpi dell’una crisi (l’artigiano) e dell’altra (la sua clientela). Un disastro. Quindi è ridicolo dire che la lotta all’evasione servirà tutta per ridurre il debito pubblico. Servirà semmai, se la si fa, a ridurre le aliquote, magari anche le tasse universitarie della succitata ragazza, l’assicurazione della moglie casalinga e via aiutando e compensando il nostro muratore. Però bisogna farla, e non è il caso di ripetere il perchè. Dio santo, siamo o non siamo in Europa e nel mondo civile?

  17. Stefano Biagi

    @Massimo Peruzzo. Lo so che purtroppo i sindacati silurerebbero subito una proposta del genere; temo anche che taluni sindacati pensino ormai che la mancanza costante di uno scontro lavoratori-imprese finirebbe per farli passare per entità inutili. Ma se gli italiani pensassero bene, si renderebbero conto che la cassa integrazione, giusta (non eliminerei gli ammortizzatori sociali) rappresenta un costo per lo stato, ossia per tutti, anche per i lavoratori stessi. Qundi non vedo cosa ci sia di incredibile nello scambio. Così come non credo sarebbe schiavizzare nessuno, pretendere dai carcerati, un lavoro per le p.a. in cambio dei 2 pasti caldi al giorno che non neghiamo. Ma purtroppo per molti sembra un eresia! Quanto all’evasione fiscale, qui si apre un gran bel capitolo. Vede io sono d’accordissimo, che la pressione fiscale, sia troppo elevata, e che andrebbe abbassata subito. Ma sono italiano e conosco gli italiani! Anche se da domani abbassassimo la pressione fiscale del 50%, sono più che convinto che la fila dei furbi che tenterebbero di evadere sarebbe comunque molto lunga. Quanto al fatto di evadere per sopravvivere, non concordo, pur essendo a favore di un abbassamento delle tasse. Chi evade, tradisce lo stao ossia i ciattdini prima di tutti. Allora se un libero professionista ha il diritto di evadere per sopravvivere, chi non ha modo di evadere ha forse il diritto di rubare per migliorare il suo tenore di vita? Io credo che se in italia servono 1000 barbieri, e ce ne sono 10000, allora 9000 dovranno rassegnarsi a cambiare mestiere, è una legge di mercato, ma non possono decidere di avere diritto, di evadere il fisco(a scapito di tutto il paese) per sopravvivere. Qualcuno che fa un po’ di nero non mette in ginocchio il paese,certo, ma quando il 30-40% fa nero il sistema paese va in rovina e i primi a pagarne le conseguenze sono quelli che non hanno alcun modo di evadere. Io non sono assolutamente d’accordo con uno stato vampiro, capace anche poi di sperperare il denaro raccolto, ma quando sento che paghiamo, la pensione a un finto cieco, lo stipendio ad un medico pubblico che ha fatto passare il finto cieco per cieco vero, o rendiamo il triplo di iva a qualche furbetto che fa false fatture la cosa mi fa incazzare parecchio. E mi fa incazzare anche quando questo sistema di “sopravvivenza” è adopertao da professionisti, la cui “sopravvivenza” non è un piatto di minestra calda (sarebbe più che giustificato) ma magari una Porsche Cayenne ogni due anni e due case a Cortina. Vede io non sono propriamente di “sinistra” ma penso che senza un minimo di giustizia sociale ( non la caccia ai ricchi, ma ai ladri!), non ci dobbiamo meravigliare se gli stolti che manifestano con la spranga in mano e il pugno sinistro alzato diventano sempre di più! Mi creda io non auspico ad uno stato di polizia tributaria, o alla santa inquisizione, ma penso che uno dei pilastri per far ripartire questo paese, sia che chi “sbaglia” (non in buona fede ovviamente) debba pagare caro il prorio sbaglio. Altrimenti diventa molto più conveniente sbagliare, e tanto varrebbe lasciare che prenda il sopravvento l’anarchia.

  18. Nicola

    Insomma, dobbiamo aspettare ancora tanto per un post su marchionne? qualcuno è disposto a offrire le proprie scuse?

  19. Club L’imprenditore
    Via Bologna 22 Brescia Tel 335 282794

    Caro amico, veda di approfondire questo argomento; e se lo trova interessante lo inoltri alle sue conoscenze.
    Conosciamo dalle pagine economiche di alcuni giornali come nessun paese della Comunità europea sia in condizione di rispettare i parametri del disavanzo pubblico.
    Per giunta, in forma più o meno velata tutti i paesi chiedono tempo per adeguarsi al vincolo del 3% di sfondamento della spesa.
    Il problema e che trovo bizzarro che si debba spendere il 3% in più di quello che si incassa, se un’ azienda gestisse i propri conti con questo principio si troverebbe in poco tempo fallita.
    La verità è che, in Italia come altrove, lo Stato assorbe una montagna di
    denaro (pari circa alla metà di quanto la società produce), ma ne destina solo una parte limitata al finanziamento di quelle attività che in genere si considerano come tipiche del governo: contrastare la criminalità e organizzare la difesa, amministrare la giustizia, aiutare coloro che non sono in grado di sostenersi autonomamente.
    In effetti solo il 3% del bilancio italiano è per la difesa, meno dell’1% serve alla giustizia e meno del 3% è destinato alle pensioni sociali e agli invalidi.
    La domanda sorge allora spontanea: dove va il restante 91% delle risorse che lo Stato italiano incamera? La quasi totalità del bilancio pubblico, in effetti, è sprecato per servizi che sarebbero molto meglio gestiti da agenzie private in concorrenza tra loro.
    Questo dimostra che la classe politico-burocratica ci tratta come bambini, incapaci di provvedere a noi stessi. Non ci consente di destinare ad una mutua privata i soldi per la salute; ostacola lo sviluppo di un sistema educativo davvero pluralistico ed effettivamente posseduto dalle famiglie (dai consumatori); non ci consente di optare per una pensione autonoma (e ci costringe a buttare miliardi nel gran calderone dell’Inps). E via dicendo.
    Oltre a ciò, la voracità dello Stato si appresta a fare un grande salto di qualità.
    Già da qualche anno, infatti, sono in vigore alcuni parametri in base ai quali secondo il fisco ogni impresa deve per forza guadagnare una cifra prestabilita e, quindi, deve pagare le tasse su quell’importo.
    Se per qualche motivo le cose sono andate diversamente bisogna saper dimostrare di non aver guadagnato; ed è interessante notare come in questo caso le scritture contabili non contino
    molto e, quindi, non sempre sia facile dimostrare di avere avuto redditi modesti o, addirittura, perdite effettive.
    Queste nuove disposizioni, unite alle esigenze crescenti della spesa pubblica, pongono quindi le premesse per un livello di voracità fiscale mai raggiunto in tutta la storia.
    Per di più questa sfrontatezza delle richieste fiscali si associa ad un quadro generale desolante: con tempi di spostamento che sono raddoppiati (a causa di un sistema viario da Terzo Mondo), con una burocrazia cartacea da Inquisizione (si pensi che, solo per fare un esempio, un ristoratore deve ogni giorno annotare su un registro la qualità del detergente con cui pulisce i tavoli; e se la registrazione
    è fatta in ritardo partono multe dai diecimila euro in su).
    È chiaro che questo sistema piace ai burocrati, dal momento che giustifica la loro esistenza. Piace da morire anche ai politici, perché finisce per consegnare nelle sue mani quasi tutti i problemi della comunità.
    Per costruire una simile macchina statale, che divora la metà delle nostre risorse e delle nostre libertà, c’è voluto però molto tempo. Basti ricordare che un secolo fa in tutti i Paesi sviluppati il fisco prelevava all’incirca il 10% del prodotto interno; oggi quel prelievo è quintuplicato.Questo processo si è per giunta sviluppato in maniera quasi costante: attraverso regimi autoritari e democratici, di sinistra o di destra, liberali o socialisti, laici o democristiani, monarchici o
    repubblicani, conservatori o laburisti.
    La situazione, allora, è molto pericolosa, perché il rischio è che oggi uno Stato “democratico” possa riuscire a fare ciò che il comunismo, con il suo sistema brutale, non è stato in grado di realizzare. Già oggi, d’altra parte, molte attività che in teoria sono “private” vengono di fatto gestite dall’apparato statale.
    Lo stesso gestore del ristorante obbligato a compilare registri su registri, ad esempio, non è libero di rifiutarsi di servire persone poco raccomandabili e qualche volta non è nemmeno in condizione di licenziare qualche dipendente di cui non si fida.
    Alla luce di tutto ciò, è necessario riflettere sull’assurdità della situazione in cui ci troviamo. Ormai è chiaro che noi non abbiamo affatto bisogno della politica, mentre sono i politici che hanno bisogno di noi per poter esercitare il loro potere e disporre delle nostre risorse. È giunto quindi il momento che gli uomini politici facciano un passo indietro e lascino ai cittadini la libertà di provvedere a se stessi nel miglior modo.
    Lo stato deve limitarsi a operare come un semaforo, vietando solo ogni aggressione alle libertà altrui e lasciando il massimo di libertà per le decisioni che le persone autonomamente prendono.
    Forse è troppo tardi, ma continuo a nutrire fiducia nell’umanità, che è riuscita ad uscire da enormi tragedie causate in passato dai politici (basti pensare alle guerre mondiali, con i molti milioni di morti che le hanno accompagnate).
    Però bisogna essere vigili e soprattutto bisogna saper reagire quando il presidente della commissione europea, ad esempio, afferma che l’Europa deve contare di più nel mondo. Sono infatti parole che mettono i brividi e ci riportano alla mente la politica che ha preceduto la Seconda Guerra, con i risultato catastrofici che ben conosciamo.
    Lo Stato ha insanguinato l’intero Novecento e ha costruito schiavitù di vario genere.
    Non dimentichiamolo mai.
    Club L’imprenditore
    Via Bologna 22
    Brescia
    Tel 335 282794

    (LibroVIII) Platone

    “Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quante ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son dichiarati tiranni.
    E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi e questi, per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani.
    In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.

  20. Renato

    Ridurre il deficit é possibile ma la classe politica NON lo vuole fare perché dovrebbe mettere le mani nelle “proprie tasche”!!!!
    Come fare: recuperando i soldi degli sprechi (60 MILIARDI ogni anno), eliminando gli appalti truccati della P.A. a tutti i livelli agli amici, riducendo drasticamente i costi della politica (regioni (tetti agli stipendi ed al numero dei dipendenti), provincie (eliminadole) e comuni (accorpandoli)), finire di assumere parenti – amici – amanti -ecc. nelle società municipalizzate, ed infine far pagare le tasse ai GRANDI evasori (purtroppo “sostenitori” ed amici dei politici) tra cui recuperare i circa 98 MILIARDI ti tasse evase dalle società dei giochi le cose andrebbero meglio.

  21. Nicola

    La verità che nessuno di noi italiani è disposto a fare sacrifici.
    Se un politico in campagna elettorale parlasse di pareggi di bilancio e miglioramento della situazione del debito pubblico perderebbe sistematicamente!
    Se fossimo tutti un pò più statisti e guardassimo bilancio dello sto come al nostro bilancio familiare taglieremmo dovunque e ottimizzeremmo tutte le voci di spesa.

    Cito un esempio che qualche altro utente ha già fatto: i carcerati.
    Premetto che io sono per il massimo rispetto della dignità del carcerato!
    Ritengo però che non sia giusto che il loro scontare la propria pena sia una voce inesorabilmente in rosso del bilancio.
    Si possono fare diversi esempi di lavori forzati: Dal produrre loro stessi ciò che mangiano (agricoltura, pastorizia) e dove vivono (dalla piccola edilizia alla collaborazione nel rifacimento di strade o igiene urbana!). Oggi la tecnologia ci permetterebbe di tracciarli facilmente anche in spazi aperti.
    Questi lavori avrebbero sia scopi economici (un pò di respiro per questa voce di spesa) che sociali (il carcerato non si avvilisce tutto il giorno in galera ma ha la possibilità di esercitare una professione).
    L’unico problema sarebbero quegli italiani sentimentalisti e superficiali che ad una simile proposta dicono “poverini”. Io dico che qualcuno per far qualcosa di più dell’ora d’aria sarebbe anche un entusiasta collaboratore dello stato!

    Spero sinceramente che qualcuno possa contraddirmi! Ne ho bisogno per soffocare la frustrazione di vedere che le soluzioni pratiche sono alla portata di qualunque cittadino con un pò di buon senso.

  22. cartapiualta

    Buongiorno Oscar,
    mi sono divertito, si fa per dire, a scaricare dal sito del Ministero i dati ufficiali sulle entrate tributarie totali del 2009 e ho notato con grande sorpresa che la classifica e’ cosi’ composta:
    1) Germania
    2) UK + Italia (a pari merito… 10% circa meno della Germania)
    3) Francia (con circa la meta’ delle entrate)
    4) Spagna (con molto meno della meta’ delle nostre entrate)

    Ora diverse domande sorgono:
    1) Come mai con un livello di entrate cosi’ alto non abbiamo almeno il livello di servizi di uno stato come la Francia (che ne riceve la meta’?)
    2) Se le entrate tributarie sono cosi’ elevate, che senso ha parlare di lotta all’evasione?
    3) Non avrebbe senso parlare prima di lotta agli sprechi e razionalizzazione degli investimenti?
    4) Come mai questi dati non sono menzionati TUTTI i giorni a caratteri cubitali sui principali quotidiani italiani?

    Spero di sentire la risposta a queste domande anche nella sua trasmissione radiofonica del mattino che ascolto sempre con interesse, ma mai con piacere, per l’amarezza delle tristi verita’ che racconta..

    A presto!
    (un piccolo imprenditore 2.0 in trincea…)

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