1
Feb
2010

Tre lezioni da Davos. Una su tutte, la politica velleitaria

  In sintesi sono state tre, le lezioni della quarantesima edizione del World Economic Forum, il grande circo Barnum della globalizzazione messo in piedi da quel geniaccio della comunicazione strategica che è Klaus Schwab. La prima: siamo ancora lontani dal sapere come darci regole nuove condivise per banche e intermediari finanziari. La seconda: possiamo dirlo ufficialmente, a 17 mesi dall’inizio della grande paura con Lehman Brothers, nel mondo post crisi le istituzioni nate a Bretton Woods, Fondo Monetario e Banca Mondiale, hanno perso ogni primazia. Terzo: è inutile illudersi, i timori per la solidità della ripresa in campo europeo sono ancora molto forti. E, quel che è peggio, molto motivati.

La prima lezione è stata quella che ha tenuto più banco, quella più evidente. I capi delle grandi banche americane sono in maggioranza nettamente contrari alla svolta “alla Volcker” annunciata da Obama per recuperare populisticamente consenso dopo la sconfitta in Massachussetts. In ogni caso, è stato assolutamente irresponsabile da parte di una personalità come il presidente degli Stati Uniti annunciare pubblicamente di punto in bianco la volontà netta di separare attività bancarie commerciali da quelle d’investimento. E’ un tema delicatissimo, mai posto nelle sedi tecniche e riservate – il Financial Stabilty Forum – che per mandato del G20 approfondiscono l’agenda di una riforma condivisa tra le tre macroaree finanziarie del mondo, America, Europa e Asia. Inoltre, non corrisponde ad alcuna proposta tecnica si qui avanzata dalla stesa Amministrazione in Congresso, un Congresso nel quale il denaro delle grandi banche conta eccome , per aver contribuito alla vittoria dei democratici. La sparata populista di Obama avrà sollevato l’entusiasmo di tutti coloro che sognano la rivincita della politica contro banchieri avidi e regolatori tecnici troppo vicini alle ragioni dei banchieri, ma di fatto a Davos non si è minimamente capito come possa porre le basi di una svolta politica vera, approfondita e condivisa con europei e asiatici. E’ a Mario Draghi, che nella seduta a porte chiuse dei banchieri Larry Summers si è rivolto dicendo “a te il compito di salvare il mondo”. Non a Obama. Tanto meno alla sua scolorita copia europea, Sarkozy. Quella che piace tanto a Tremonti, “quello del presidente francese è stato l’unico intervento di livello a Davos”, continua a dire. 

Quanto alla triade del Washington Consensus che per decenni ha retto le sorti della globalizzazione e degli interventi straordinari di stabilizzazione in occasione delle crisi – Usa, Fmi e World Bank – essa appare ferita a morte. Politici americani di rilievo, cioè dell’Amministrazione, a Davos tranne Summers non ce n’erano neanche. I rappresentanti del FMI e della WB sedevano in quarta o quinta fila, asiatici e latinoamericani hanno perfettamente capito che gli interventi di stabilizzazione finanziaria in caso di crisi nelle loro aree verranno da altre sedi, come l’ASEAN+3 che accomuna Cina, Giappone e Corea del Sud in un’idea primigenia di unione monetaria asiatica, e dalla convergenza tra Mercosur e Comunità Andina nel Sudamerica in vista della nascita di un comune Banco del Sur. Sarà pure un’idea all’inizio partorita da quel pazzo bolivarista di Chavez, ma nell’intero continente – tranne che in Cile – piace più del vecchio NAFTA nordamericano. A parole, dell’eclisse dell’intera cornice nata a Bretton Woods nel 1944 tutti si dicono convinti da più di un anno. Di fatto, non un solo passo avanti è stato compiuto per una nuova architettura di governo efficace, come non è il G20 inutilmente ampio e che è in realtà un G2 tra Usa e Cina profondamente diviso. Ricordo a tutti che nell’attuale Board del FMI la Cina “pesa” per soli tre quarti rispetto ai voti della Francia, il Belgio ha il 50% di voti più del Brasile, 8 dei 24 membri sono europei. Queste e altre amenità di tal fatta nel mondo d’oggi candidano il Fmi a non contare più niente, in quanto costruito su criteri preistorici.

La terza lezione riguarda noi europei. Tutti, nei corridoi, parlavano in realtà della crisi dei debiti sovrani nell’euroarea, Grecia prima, Portogallo e Spagna poi, e via continuando. Lo stesso tema che ci appassiona sul nostro blog in questi giorni. L’Italia può essere ragionevolmente grata alla prudenza di Tremonti, che ci tiene lontani dall’elenco dei Paesi potenzialmente considerati a rischio di uscita dall’euro. Ma è l’euro stesso, che appare un nano: aveva ragione Milton Friedman, ammonendo inascoltato più di 20 anni fa gli europei che una moneta comune sarebbe stata a rischio nella prima grande crisi, senza riunificazione dei mercati sottostanti e delle politiche sovrastanti. L’Europa vedrà il suo debito esplodere, ed è irrimediabilmente avviata all’invecchiamento. O è capace di grandi riforme per efficienza e produttività, oppure perderà altri punti nelle graduatorie del mondo nuovo, centrato sul Pacifico.

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8 Responses

  1. Non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato nel proporre il ritorno alla separazione delle banche commerciali da quelle d’ investimento.
    Se quella separazione ha funzionato per 65 anni forse la questione non è poi così tanto “delicata”. Nel 1999 si abrogò la Glass-act e dopo nemmeno dieci anni….

  2. La mia impressione è che non ci siano appigli salvifici per nessuno perchè in 15 anni si sono costruiti grattacieli privi di fondamenta.
    Tremontianamente parlando, la velocità folle che si è voluta applicare al processo forzato di Globalizzazione ha creato troppo debito nel mondo; pochissimi hanno il coraggio di dire che in questo momento siamo in un limbo nel quale facciamo finta che non ci siano trilioni e trilioni di debiti inesigibili che prima o poi dovremo mettere a libro contabile. Sempre pochissimi dicono che il valore della stragrande maggioranza degli asset finanziari, immobiliari sono come “foglie ingiallite ai rami degli alberi”.
    Viviamo ormai tutti intrappolati in una parossistica pianificazione a breve termine …che diventa sempre più breve.
    Sono pronto a fare una scommessa. La Cina scoppierà nel prossimo anno e mezzo, annegherà con i suoi sovrainvestimenti.
    E sono d’accordo con Rosemberg; prima o poi, volente o nolente, Obama (o chi per lui) sarà costretto a stampare moneta.
    In questo quadro cosa contano Fmi, Davos, Banche Centrali …e chi più ne ha ne metta?

  3. Marco O.

    Quindi da quanto ho capito dissente completamente dall’ultimo editoriale di Giavazzi sul Corriere?

  4. Marco

    <>

    A che mondo si riferisce? Sicuramente al mondo dei banchieri e dell’alta finanza. Il mondo reale può essere anche sacrificato, purchè il mondo dorato dei finanzieri possa rimanere intoccato. E’ a questo che Draghi è chiamato a fare.

    Azimut72 si chiede cosa contano Fmi, Davos, Banche Centrali. Purtroppo contano ancora tanto, anche perchè noi tutti siamo ancora disposti ad ascoltare quello che dicono e a perdonare i loro errori, anzi, a dimenticarci dei loro errori e a comportarci come se non li avessero mai commessi. Ormai Fmi, Davos, Banche Centrali sono più santi dei Santi!!!

  5. Marco

    E’ a Mario Draghi, che nella seduta a porte chiuse dei banchieri Larry Summers si è rivolto dicendo “a te il compito di salvare il mondo”

    A che mondo si riferisce? Sicuramente al mondo dei banchieri e dell’alta finanza. Il mondo reale può essere anche sacrificato, purchè il mondo dorato dei finanzieri possa rimanere intoccato. E’ a questo che Draghi è chiamato a fare.

    Azimut72 si chiede cosa contano Fmi, Davos, Banche Centrali. Purtroppo contano ancora tanto, anche perchè noi tutti siamo ancora disposti ad ascoltare quello che dicono e a perdonare i loro errori, anzi, a dimenticarci dei loro errori e a comportarci come se non li avessero mai commessi. Ormai Fmi, Davos, Banche Centrali sono più santi dei Santi!!!

  6. eonia

    Gentile Dott. Giannino,
    anche se come ha scritto Lei FMI e WB sembrano istituzioni arcaiche non va sottovalutato il loro ruolo nelle economie emergenti e in special modo il ruolo di corridoio che essi per ora faranno nei processi di Cina e Russia per aumentare i loro pesi nel panorama geopolitico.
    Il marchio della legalità saranno questi due organismi a conferirlo.
    Per quanto concerne il NAFTA che assolverebbe poco oggi, va detto che se ad idee originali e funzionali si insinuano massicciamente gli interessi privati che chiedono tributi nazionali sempre più pesanti, allora sia le situazioni borderline che si determinano in seguito sia le deviazioni politiche annullano l’intera originalità, scambiando i benefici in situazioni di costante emergenza.

    Certo aver a che fare un domani con quella testa calda di Chavez, non è un passo avanti per nessuno. Oltre che demagogo per eccellenza è un ottimo interventista. Nazionalizzazione sembra sia la sua bandiera. Auguri a lui e ai suoi eventuali compagni d’affari (Cina, India), specialmente se faranno gli investimenti necessari ad Orinoco.

    Il summit non poteva dare risposte visto quanto accaduto sino ieri e i problemi che sta mettendo a nudo ogni giorno.
    Ma una cosa è sicura. Le grandi banche globali internazioni sono coalizzate a dare risposte univoche alla politica. Se la politica è pressata dalle scadenze elettorali sicuramente le banche globali non sembrano propense a fare da spezzatino.
    D’altra parte la globalizzazione e la delocalizzazione sono scelte politiche.
    A pagare il conto non può e non deve essere un solo attore.
    E ricordiamoci che fino l’altro ieri il mondo anglosassone parlava ancora di “prestare”.
    Ed ancora le priorità politiche sono la vetrina dei miracoli. Sforare il bilancio oggi e contenerlo l’anno prossimo, oggi un tipo di riforma e domani un altro tipo.

  7. Nikolai Alexandrevic Pugachov

    Con tutto il rispetto mi pare una rappresentazione teatrale. Com’è possibile che “si diano delle regole” se manca una controparte ad armi pari? Dovrebbero cambiarsele da soli? Mi sembrerebbe un po’ azzardato anche per una fervida fantasia. Poi a questo punto della crisi e dei suoi effetti mi pare chiaro a sufficienza chi ha pagato e chi ha incassato. Ed è questo quello che conta.
    Si potrebbe almeno risparmiare sull’ipocrisia del “cambiare le regole” e altra propaganda simile.
    Se non altro per rispetto delle vittime.

  8. liberal

    Non vedo dove stia il problema di ridividere la banca commerciale dalla banca d’investimento. Vedo il problema dal punto di vista dei manager delle Banche, non della classe politica, nè tantomeno dell’economia. Il fatto è che, leggendo certi articoli, viene da pensare, che in un prossimo futuro, tanto vale andare a votare per eleggere i CdA delle grandi banche, anzichè il Parlamento. Liberismo significa libertà dell’individuo. Preferisco sempre un pessimo politico ad un ottimo banchiere! Il primo posso sperare di rimuoverlo, ma il secondo? Far pagare chi ha sbagliato è populismo? E continuare a voler difendere un metodo di far finanza indifendibile, come si dovrebbe chiamare?

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