12
Set
2014

Spesa pubblica: Renzi deve decidersi. Nella sanità partiti e forniture non sono neanche stati sfiorati

I tecnici no, i politici neanche. Il dramma della spesa pubblica italiana è un continuo rimpallo, tra chi la deve tagliare. E la risposta è: nessuno dei due.  Nel frattempo, a pagarla però siamo noi tutti. Ci si sono bruciate le mani a tutti i governi italiani, in questi anni di crisi. E ora è la volta di Renzi. Per non scottarsi, deve decidersi.

Uno sgradito Bollettino mensile della BCE ha ieri richiamato l’Italia a tirare i cordoni della spesa pubblica. Perché quest’anno non verrà rispettato l’obiettivo di contenere il deficit entro il 2,6% del Pil, e a maggior ragione si aggrava l’impegno che andrà rispettato per il 2015, con la legge di stabilità attesa a ottobre. Al netto delle tante variabili tecniche – l’attesa entro 3 settimane per il ricalcolo del Pil per gli anni 2012-2013, dopo che l’Istat ha rialzato del 3,7% quello 2011 grazie a un diverso computo di investimenti ed economia illegale; il vertice straordinario europeo sulla crescita voluto da Renzi e previsto per il 6 ottobre; l’effetto che avrà su Commissione e Consiglio europei la posizione della Francia, che non rispetterà né nel 2015 né nel 2016 il promesso rientro entro il 3% del deficit sul Pil – anche per Renzi è ormai maturo un ragionamento di fondo, sulla spesa pubblica. Ha a che fare con il rapporto tra politica e tecnici, l’eterno dilemma di questi duri anni di crisi italiana.

Partiamo dalla realtà. La spesa pubblica continua a salire. Ha rallentato la sua ascesa, ma sale. Tutti quelli che dicono che scende lo fanno escludendo gli interessi sul debito, o magari anche la spesa previdenziale e quella per prestazioni dovute: peccato che il contribuente debba pagare tutto, non è che lo Stato ci faccia lo sconto su questa o quella posta di spesa. Dai 605 miliardi del 2001 è salita a 797 nel 2011, e in questo 2014 chiuderà intorno a quota 820 o, speriamo, poco più. Ma nello stesso DEF presentato dal governo Renzi ad aprile scorso, la spesa era prevista crescere fino a oltre 850 miliardi al 2018.

Dalla crisi del governo Berlusconi a oggi, escludendo le leggi di stabilità, i DEF e gli interventi ordinari di disposizione di nuove entrate e uscite, si contano ben 14 provvedimenti di reindirizzo strategico delle verifiche, controlli e proposte di riordino della spesa pubblica. A parole, i governi precedenti all’attuale, quelli di Berlusconi, Monti e Letta, non ci hanno fatto mancare una nutrita batteria di strumenti volti a creare le premesse per tenere sotto controllo la sete di spesa pubblica. Sono nati i nuclei ministeriali di valutazione della spesa, il coordinamento interministeriale sui suoi andamenti, un rapporto annuale che dal 2012 andava presentato entro novembre ogni anno.

Ma tutto ciò ha prodotto poco, rispetto alla scelta che ha avuto più eco pubblica: affidare a dei tecnici l’incarico di studiare la spesa pubblica nelle sue mille pieghe, e avanzare proposte per ridurla, ottimizzarla, identificare sprechi di massa per concentrare invece risorse su poste più essenziali allo sviluppo e alla coesione sociale. I commissari alla spending review: Giarda prima, Bondi poi, infine Carlo Cottarelli, scelto dal governo Letta e subìto – ormai si può dire, visto che tornerà a Washington tra poco – dal governo Renzi. I commissari nascevano dalla ripulsa della politica verso il sistema-Tremonti: quello dei tagli lineari che, per funzionare nell’immediato, non facevano distinzioni tra priorità ed effetti economico-sociali, e soprattutto avevano bisogno di un ministro dell’Economia capace di farsi odiare da tutti i colleghi, senza per questo poter essere sostituito dal premier. Di fronte all’insurrezione giustificata di tanti, si disse: sia un tecnico estraneo agli interessi elettorali, coadiuvato da esperti interni ed esterni alla PA, a indicare alla politica come intervenire.

Ma è stato identico, l’esito delle analisi e proposte avanzate da Giarda, Bondi e Cottarelli. I governi cambiavano, ma i rapporti dei commissari restavano nei cassetti. Con una politica sempre più infastidita. Perché le tante proposte dei commissari, appena rese pubbliche, intanto suscitavano nuove ondate di proteste. E per questo mai divenivano provvedimenti. Mentre la spesa saliva.

Renzi sin dall’inizio non si è nascosto dietro un dito. Appena Cottarelli ha presentato le sue slides gli ha levato la palla, ha chiarito che si tornava al primato della politica. E’ il governo che sceglie e decide, punto. Benissimo. Poi però – dopo i poco più di 2 miliardi di tagli operati appena nato il governo – ha scelto prima di aspettare 6 mesio rinviando ogni ogni scelta alla legge di stabilità, che da settembre è slittatata ad ottobre. Poi, la settimana scorsa, ha annunciato che avrebbe chiesto a ciascun ministro proposte per tagliare ognuno del 3% il proprio bilancio. Tutto per portare a casa circa 6 miliardi, visto che i bilanci ministeriali, fuori dalle spese per funzioni come trasferimenti alle Autonomie, previdenza sanità eccetera, cubano meno di 180 degli oltre 800 miliardi di pesa pubblica.

Con il che, eccoci tornati alla casella d’inizio, come in un gioco dell’oca. I tagli lineari di Tremonti sono stati bocciati perché ciechi delle conseguenze, e di fatto dettati dalla Ragioneria Generale dello Stato e dai direttori generali dei ministeri, cioè dai tecnici della burocrazia pubblica e non dai politici. Ma, dopo aver fatto tappezzeria dei commissari alla spending review, ecco che in nome del primato della politica si torna esattamente ai tecnici ministeriali. Come tre anni fa. Nel frattempo, le 35 mila stazioni appaltanti e di procacciamento di forniture pubbliche restano 35 mila, le partecipate locali non si toccano perché l’Anci ha messo il veto. E la spesa pubblica continua a salire.

Per Renzi, a questo punto, è il momento della scelta. Lo dica, se vuole ridurre il più possibile i tagli veri, sposando la linea che invoca la minoranza del suo partito e limitando la legge di stabilità a incamerare i risparmi sugli interessi pubblici realizzati quest’anno e l’anno prossimo grazie a Mario Draghi, cioè alle scelte della BCE. Se invece resta convinto di voler fare tagli veri per coprire tagli alle tasse su impresa e lavoro, proceda con decisione. Ma decida lui e spieghi lui. Non ha senso, continuare a dire che non sforiamo il 3% né quest’anno né l’anno prossimo senza però prendere decisioni coerenti a quel che si dice. Non ricominciamo con i veti posti dai mandarini dell’alta burocrazia pubblica. Altrimenti, sarà inevitabile che anche a Renzi tocchi l’indebolimento che ha minato i suoi indecisi predecessori.

Facciamo l’esempio che ieri ha fatto insorgere le Regioni: la sanità. A luglio il ministro Lorenzin ha siglato con le Regioni l’intesa sul patto per la salute pluriennale. E visto che si parla di tagli, ricordiamo bene a tutti che in quel patto la spesa del fondo sanitario nazionale aumenta, sale e non scende: a 109,9 miliardi in questo 29014, e di altri 5,7 miliardi aggiuntivi entro il 2016. Se anche Renzi chiedesse 3 miliardi di risparmi nel biennio, la spesa sanitaria resterebbe in crescita di 3 miliardi, non ci sarebbe nessun taglio. I presidenti di Regione che sono insorti ieri sanno benissimo che non è vero, che intervenire su quell’ammontare di spesa significhi dover tagliare i servizi. Perché – al netto degli interventi di rientro coatto disposti in alcune Regioni a conclamato default sanitario in questi anni – la sanità resta un sistema in cui i capi delle ASL sono uomini dei partiti politici, visto che nessuno ha avuto il fegato di modificarne strutturalmente i criteri di nomina, con bandi pubblici riservati a manager del settore. E perché le forniture sanitarie continuano a essere un mercato parallelo segmentato e opaco, subottimale per i costi a carico pubblico e largamente sospetto per l’improprio intreccio di interesse tra pubblico e privati.

Prenda le sue decisioni e proceda, Renzi. Nella sanità come in tanti altri comparti, la volta buona che al premier sta tanto a cuore può garantire servizi migliori ai cittadini quanto più il premier vorrà incidere in interessi e lobby che, con il benessere pubblico e lo sviluppo, nulla hanno a che vedere. Altrimenti: che delusione.

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16 Responses

  1. Aveva ragione il mio maestro, Pier Luigi Zampetti, che già in tempi non sospetti, 1981, scriveva:

    “Un’affermazione è sulla bocca di tutti, quasi è divenuta un ritornello: «occorre diminuire la spesa pubblica!» Nessuno, finora, è riuscito ad indicare la strada. E non ci si riesce perché non si vuole guardare in faccia il mostro che il New Deal ha prodotto e che, se non l’abbatteremo a tempo, finirà con il divorarci tutti.” (La società partecipativa, p. 156)

    Un po’ di approfondimento, qui:

    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/04/15/avvenire-pro-keynes-la-demolizione-della-dottrina-sociale/

  2. Alberto

    Caro Giannino, ammiro la sua perseveranza. Ma mi dica la verità: lei ci crede ancora?
    Ho da tempo scelto di lasciare l’Italia trasferendomi all’estero perché a me piace lavorare e produrre, seguendo regole giuste, equilibrate e precise. L’Italia quartomondista è l’esatto opposto a tutto ciò e qui non si tratta di Renzi, Monti o Berlusconi. Qui si tratta che gli italiani stessi non vogliono cambiare nulla perché, in fondo in fondo, stano bene così… fino a quando, prima o dopo, arriverà per forza, come nei cartoni animati di una volta, la scritta “The End”. Auguri.

  3. Max

    Forse il mio è un pensiero semplice e triviale, però lo butto giù. Culturalmente la cosa pubblica per l’italiano, in genere, è una cosa lontana che non gli appartiene. Fino alla introduzione del’Euro, l’italiano medio se ne fregava della spesa pubblica, per disinformazione voluta dai governi DC / PSI prima, dai governi della seconda repubblica dopo, non capiva il nesso tra la spesa pubblica e il proprio patrimonio. Non capiva che una lira spesa male dal’governo era una lira spesa male da lui stesso. Tanto allegramente si metteva la pezza della svalutazione della lira e gli aumenti dei tassi bancari per tenere calmi gli animi e intanto la macchina continuava a lavorare con una benzina (moneta) di sempre più scarso rendimento o valore, come volete. Ma questo l’italiano non gli interessava, tanto gli davano titoli di stato a tassi strabilianti. Cosi si è installata una coltura dello spreco, che se non ci sarà un cambiamento di approccio da parte di tutti gli italiani verso la cosa pubblica, la battaglia è perduta.

  4. Riccardo

    Caro Giannino se dobbiamo stare a quanto prodotto dall’insediamento del governo direi che nulla si muoverà nel prossimo futuro ed allora avrà sempre più ragione Seminerio con il suo: “Andrà molto peggio prima di andare meglio”.
    @Alberto: mi scuserà ma la solita palla degli italiani che sono tutti una manica di dementi corrotti mi ha rotto gli zebedei. Vedo dalle mie parti imprenditori che all’estero si sognerebbero (ci provi chiunque venga da fuori ad aprire e gestire un’azienda con tutte le difficoltà che il nostro caro stato ti mette davanti tutti i giorni…si impiccherebbero dopo un mese), vedo persone che cercano di andare avanti ed innovare nonostante tutto e tutti e vedo anche furbi che vivono alle spalle di quelli di cui sopra e, coperti da politica, lobby (che in Italia non sono regolate perchè sono brutte e cattive:-;), ci marciano e mandano a ramengo il tutto. Se lei avesse ragione un italiano ed uno svedese sarebbero geneticamente diversi ma non credo lo si possa affermare…Non trova?

  5. francine

    Caro Alberto,sono d’accordo con Lei su tutta la linea.Il vero problema sono gli italiani che per la grande maggioranza non stanno poi cosi’ male.Si stanno “mangiando” il capitale messo da parte da tante generazioni che ci hanno preceduto(umano,industriale,finanziario etc)ma fino a che qualcosa restera’ il tempo delle riforme,quelle serie,sara’ sempre rinviato.Temo che abbia proprio ragione:saranno gli altri a dirci quando la nostra mesta agonia avra’ fine.

  6. MG

    Condivisibile tutto. A me piace sempre confrontare il “macrocosmo” da Lei descritto con il mio micro/nano-cosmo. Ho avuto in passato la mia piccola epserienza come consulente di una struttura sanitaria, durata 4 anni. Devo dire che ne ho viste di tutti i colori e confermo che i livelli decisionali piu alti (tradotto dove circola il “potere di spesa”) è sempre appannaggio della politica..Nonstante fossero i primi anni 2000, le riunioni del CdA erano tutte di stampo “fantozziano” anni ’70..cioè da “consiglio dei grandi assenti”. Le decisioni vere venivano sempre prese altrove, c’era sempre un livello “altro” che si sarebbe dovuto pronunciare…quest’ultimo igonrando totalmente ovviamente quali fossero nellla realta i bisogni veri di quella struttura. Nonostante questo desolante paesaggio ho conosciuto tecnici e professionisti molto in gamba..che spesso operavano in condizioni molto difficili. Questo per dire che sono d’accordo di non buttare tutto ..bambino e acqua sporca..ma difficilmente l’attuale come il passato e il prossimo che arriverà fra qualche mese avranno il potere di cambiare qualcosa. L’unica cosa che forse dovrebbero fare è dividere in due l’attuale Agenzia delle Entrate, una metà continua il suo attuale corso (che è sufficiente vista che la nostra capacità produttiva è oramai dimezzata) e l’altra metà diventa una Agenzia delle Uscite, deuputata al controllo della spesa pubblica (essendo tale spesa oramai 3/4 delle entrate direi che la metà dell’Agenzia delle entrate forse è poco…), partendo dalla sanità in primis. Poi sarebe bello che un giorno fossero direttamente i cittadini ad eleggere i rappresentanti di questi organismi..dal CSM in giu. Chissa..mah!

  7. Michele

    Ridurre la spesa mi sembra semplice . Vdiamo se sbaglio . Prendiamo il caso della RAI , il nuovo conduttore di Ballaro
    in sostituzione di Floris e´ il giornalista di Repubblica Giannini .
    Non e´ stato scelto un iornalista della RAI , ma un giornalista esterno , che costera´ insieme al suo staff ,
    1 milione di Euro all anno . Risultato : la RAI paghera´ i suoi giornalisti piu´ Giannini , aumentando le spese di
    un milione all anno . Questa crea il debio pubblico italiano.
    La soluzione e´ semplice , occorre avere la determinazione di imporre con decisione di tagliare .
    Qui sta il problema , che e´ il vero difetto . Tutti hanno annunciato , nessuno e´ passato dalle parole ai fatti .
    Anche se, nella situazione in cui siamo il goverattuale e´ l ultima possibilita´Non vorrei far cadere
    Renzi . Un piccolo esempio di determinazione c e l ho.
    Il consolato di Norimberga e´ stato chiusto e le sue funzioni sono state passate a quello di Monaco .
    Finalmente un gesto concreto !

    La strada da seguire IMHO e´ : ` Bisogna affamare la bestia´.

  8. giancarlo

    Analisi come sempre condivisibile. Da alcuni anni oramai, ritengo il nostro paese spacciato. I nostri figli sono e resteranno i paria d’europa, condannati ad una vita di precariato o disoccupazione ed una vecchiaia di assoluta miseria. Sebbene a me ripugni da sempre qualunque ideologia che odori anche solamente di comunismo (e il PD non è certo immune, anzi!), non ho difficoltà a ritenere Renzi il meno peggio degli ultimi tre anni, ma è oramai evidente che è spiaggiato come una balena. Non ne veniamo fuori.
    C’è, però, almeno una lezione che potremmo apprendere: le sirene (esempi: Santoro, Giannini..) che per anni ci ha non bombardato con l’addossare la responsabilità di ogni problema a Berlusconi si saranno rese conto che l’uscita di scena (con colpo di stato) del 2011 invece che migliorere le cose le ha fortemente peggiorate!!??
    Si saranno resi conto che quello che chiedeva da anni Tremonti, gli Eurobond ed una BCE che facessero da scudo alla speculazine, erano la risposta giusta? (Tant’è che solo con la dichiarazione di Draghi del 27 luglio 2012 si è cominciato ad arginare ciò che , a giusta ragione, Berlusconi definiva la “Bufala dello Spread”!
    Si saranno resi conto che l’opera di arginamento della crisi internazionale (Lehman 2008), fatta da tremonti nei tre anni successivi aveva contenuto i danni molto meglio di altri paesi, mentre le cure Montiani ci hanno fatto precipitare!?
    E le tasse: chi, negli ultimi 20 anni ha fatto almeno qualcosa per ridurre le tasse?? L’eliminazione della ICI è stata l’unico passo in questo senso mentre il dissanguamento dei proprietari operato da Monti-Letta – Renzi, in perfetta sintonia con l’ideologia comunista ha non solo svuotato le tasche, ma distrutto l’unico settore che poteva farci ripartire… l’edilizia… ora tutti vogliono vendere e nessuno comprare!! Lo vediamo oppure no!?
    Si saranno resi conto che, in politica estera, il rapporto con la Libia ci dava energia, opportunità imprenditoriali, controllo immigrazione e che seguire i franco inglesi ci ha portato solo guai!!??
    E il rapporto con la Russia di Putin?
    E quello con Israele!!
    Alla fine dei fatti, io dico che pur con tutte le pecche possibili, pur conscio che oramai è comunque troppo tardi, pur conscio che la Politica ha fallito ed è impotente, se l’Europa ci consentirà prima o poi di tornare a votare, sarà meglio recuperare Forza italia.

  9. amorazi

    fin tanto che non si potrà affrontare seriamente la riduzione della spesa con il ridisegno delle strutture funzionali non basterebbe fissare stringentemente un obbligo di pareggio per tutti? vietando il ricorso all’indebitamento e prevedendo una responsabilità erariale per tutti gli amministratori oltre che per il mancato servizio da standard? se rischiassero del loro forse lorsignori troverebbero il modo di far quadrare i conti: qualcuno lo sta già facendo!

  10. adriano

    Le nazioni sopravvivono al disastro di una guerra persa per cui “the end” non arriverà per un fallimento in economia.Per il resto condivido anch’io quanto dice Alberto.E’ una delle ragioni per cui dobbiamo trovare soluzioni per noi,non cercare di adattare noi alle soluzioni.Meglio la lira.Un paese debole non può avere una moneta forte.Anche sul debito ribaltiamo la questione.Tagliamo i tagli.Il debito non è un problema se chi lo detiene è contento di essere rimborsato in lire e il debitore non ha problemi a farlo perchè ha le chiavi della macchina.Certp non bisogna divertirsi a spendere a vanvera e farlo col cervello inserito ma da nessuna parte c’è scritto che ci sono dei limiti.L’equivoco di chi evoca catastrofi si basa sull’ipotesi che ci si debba rivolgere al mercato di capitali mentre invece questo non è un obbligo ma una scelta.Lo si può fare se chi investe accetta le condizioni che vanno bene a noi,non quelle che fanno comodo a loro.L’obiezione che così l’economia non va non regge di fronte alla realtà di una crisi che nasce e si mantiene grazie a coloro che pretendono di risolverla.Non è questione di liberismo o statalismo.E’ questione di libertà di scelta dei popoli di fronte all’arroganza di oligarchie che giocano sul loro destino.E’ questa la partita che si gioca,non quella finta che ci raccontano ogni giorno i soliti noti con il sig. Renzi in testa.

  11. Roberto

    Giannino lei è ammirevole,
    ma nelle sue parole si sente la spiacevole sensazione che non ci crede più nemmeno Lei come tutti i commentatori.
    Giustamente, con gli esempi costanti del non fare
    anche il più ragionevole e ottimista perderebbe le speranze.
    Saluti
    RG

  12. Bobcar

    “Partiamo dalla realtà. La spesa pubblica continua a salire. Ha rallentato la sua ascesa, ma sale” falso, la spesa pubblica in Italia è in calo da molti anni, anche se lei non se ne è accorto, o forse non conosce la differenza fra variazioni monetarie e reali…

  13. salvatore

    Per fare un taglio secco alla spesa pubblica occorrono semplicemente n° 2 persone non titolate, anche la scuola dell’obbligo va bene.
    La pubblica Amministrazione spero interloquisca con la P.E.C., se così e, occorre che i ministri dei vari dicasteri, scrivano tramite P.E.C. a tutti coloro i quali nelle varie provincie hanno possibilità di acquistare qualunque mercanzia, obbligandoli entro un breve periodo a trasmettere al proprio dicastero di provenienza della richiesta notizie in merito.
    Poiché la P.E.C., per i cittadini è uno strumento che non ammette deroghe in nessun tipo, spero che la medesima regola valga per la p.a.
    Ricevuti i documenti, basta semplicemente verificare a parità di qualità quale è l’acquisto migliore.
    Definito l’acquisto migliore, il Ministro di turno, fornirà a tutti i centri di spesa il nome della/e Ditta dove si pratica il prezzo inferiore obbligando tali soggetti ad acquistarli a quel prezzo, dell’eventuale esborso superiore ne risponderebbero in prima persona.
    Al fine di poter alimentare un risparmio continuo e certo, il Ministro di turno, vista la quantità notevole di spesa, potrebbe dire al soggetto che se riuscirebbe ad acquistare quel prodotto ad un prezzo inferiore, costui avrebbe un bonus da mettere in tasca pari al 2% della m8inor spesa.
    Per programmare, redigere, verificare e attuare ciò occorrono 2 persone (senza offesa) la zia Maria e lo zio Peppino con la quinta elementare, ma muniti di praticità, buona volontà e soprattutto onestà.
    Sono tuttavia convinto che artificiosamente la pubblica amministrazione è una organizzazione organizzata al fine della disorganizzazione

  14. Michele

    A Giancarlo dico :

    l uscita di scena di Berlusconi , ci voleva pero´ , Berlusconi era penoso nel suo barcamenarsi ( non parlo delle olgettine,
    quello e´ solo un rapporto tra persone adulte e consenzienti , non c entro , non mi dice nulla)

    Ma Tremonti no ! Tremonti ha approvato l accertamento esecutivo , adesso basta che un impiegato della AdE
    mandi una cartella pazza e ti pignorano subito . Siamo nelle mani dei dipedenti del fisco, ostaggi .
    Io per giudicare un governo guardo a come lavora il fisco . Per accontentare i mercati , aumentando le entrate,
    Tremonti ha commesso un autentico delitto! E´ imperdonabile.

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