28
Dic
2015

Smog, l’emergenza che non c’è

Tutto è cambiato nella realtà ma quasi nulla nell’informazione. Per lo smog è sempre emergenza, quest’anno come dieci o venti anni fa. E, di fronte all’emergenza, non resta che adottare misure eccezionali: blocchi del traffico, targhe alterne, mezzi pubblici gratuiti. Eppure, da ormai molti anni, la strada è segnata e la direzione di marcia è quella giusta. “E’ difficile fare le previsioni, soprattutto per il futuro” sosteneva il nobel danese Niels Bohr. Vero in generale ma quella della qualità dell’aria è la classica eccezione che conferma la regola. E’ possibile affermare senza timore di essere smentiti che, al di là delle oscillazioni annuali correlate alle condizioni meteorologiche più o meno favorevoli alla dispersione degli inquinanti, tra cinque anni la situazione sarà migliore rispetto a quella odierna e la tendenza verso il “bello stabile” sarà ulteriormente rafforzata nel prossimo decennio.

Contrariamente a quanto ritiene la maggior parte degli italiani, l’inquinamento atmosferico nelle nostre città è in calo da svariati decenni. Pensiamo, ad esempio, alle famigerate polveri sottili, quel PM10 che, ci dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresenta il parametro più significativo per valutare gli effetti sulla salute. Ebbene, nei primi anni ’70 in una città come Milano o Torino, la concentrazione media annuale di queste polveri era superiore ai 150 microgrammi per metrocubo di aria. Oggi le centraline di rilevamento ci forniscono valori medi nell’intorno dei 40-50 microgrammi. Vi è quindi stata una flessione dell’ordine del 70%.

L’aspetto più intrigante di quanto accaduto finora è quello relativo al settore della mobilità. Il miglioramento della qualità dell’aria si è infatti manifestato non perché abbiamo avuto successo ma nonostante il sostanziale fallimento di quelle politiche di riequilibrio modale (meno auto, più autobus e più treni) che, a partire da Bruxelles per arrivare fino alla più piccola amministrazione locale, sono invariabilmente presentate come essenziali ai fini della sostenibilità ambientale. L’elemento che ha contribuito in misura quasi esclusiva alla riduzione delle emissioni è stato rappresentato dall’avanzamento tecnologico dei veicoli. Una vettura  a gasolio immatricolata negli anni ’80 dello scorso secolo immetteva in atmosfera una quantità di sostanze inquinanti pari a quella che oggi fuoriesce dai tubi di scappamento di circa una ventina di auto. In assenza dell’abbattimento delle emissioni unitarie, l’aria delle nostre città non solo non sarebbe migliorata ma avrebbe conosciuto un progressivo peggioramento.

Il naturale rinnovo del parco veicolare nei prossimi anni con il conseguente adeguamento di tutti i mezzi ai più recenti standard normativi determinerà un ulteriore contenimento delle emissioni e, quindi, degli effetti negativi sulla salute. Effetti da non sottovalutare ma neppure da sovrastimare. Una spasmodica attenzione verso l’inquinamento collettivo può infatti ridurre l’attenzione dei cittadini sul più grave e rimediabile dei fattori di rischio sanitario: il comportamento individuale. Al riguardo si segnalano le parole di Umberto Veronesi: “un atteggiamento, inaccettabile, è quello di cambiare la realtà dei fatti. Un luogo comune, molto diffuso, è quello di affermare che l’inquinamento atmosferico, specie in città, è tale che una sigaretta in più o in meno non fa alcuna differenza. È un’affermazione sbagliata e priva di senso: l’inquinamento cittadino provoca bronchiti, allergie, ma la possibilità che provochi tumore al polmone è minima rispetto a quella del fumo di sigaretta. Pochi lo sanno, ma nell’arco alpino, ad esempio in Friuli, dove si fuma molto, l’incidenza del cancro al polmone è superiore (e la speranza di vita inferiore) a quella che si registra in città come Milano o Genova. Impegnarsi per un ambiente più pulito è giusto, ma questo non deve distoglierci dalla lotta contro i tumori”. L’Italia del nord che è una delle zone europee ove, a causa delle particolari condizioni meteorologiche,  più elevate sono le concentrazioni di inquinanti e dove, stando ad un recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’ambiente, vi è il record di morti premature per smog  è anche in testa alle classifiche relative all’aspettativa di vita media che è pari a quella della Spagna e superiore di oltre un anno rispetto a quella di Germania e Regno Unito e di alcuni mesi rispetto alla Francia.

Forse, accanto alla giusta attenzione per la salute e per la ambiente, dovremmo iniziare a preoccuparci anche delle conseguenze economiche delle scelte in materia di politica dei trasporti: ogni auto in meno (ed ogni autobus) in più che circola sulle nostre strade comporta una riduzione delle entrate fiscali ed un aumento della spesa pubblica e, quindi, un peggioramento di quel debito pubblico che se la passa assai peggio del cielo di Lombardia.

17 Responses

  1. Massimo Gambino

    C’è un altro importante aspetto, credo ancor più importante del traffico cittadino, nella “battaglia” contro l’inquinamento: il riscaldamento civile ed industriale che, dalla metà degli anni 80, è passato da idrocarburi liquidi (o addirittura carbone) a gas metano ed ha riguardato l’intera penisola!
    Credo sia questo il motivo per cui l’inquinamento di Milano, Roma… ma anche di Trento o Perugia sia sensibilmente diminuito.
    Sempre in tema di gas metano, menzionerei la produzione di energia elettrica: anche in questo caso, almeno in Italia, è rimasta attiva quasi solo questa forma di produzione.
    Anche gran parte della produzione energetica per l’industria è slittata al metano.
    Infine hanno contributo gli ambientalisti ed i magistrati che hanno chiuso svariate attività ad elevato contenuto energetico (alluminio, silicio, acciaio…)
    ===
    Queste sono ancora opinioni, forti – ma opinioni! Nel senso che io ritengo assolutamente evidenti e veri questi fatti. La metanizzazione del nostro paese ci ha visti coinvolti in una delle più grandi e silenziose opere industriali della nostra storia!
    Mi piacerebbe che qualche giornalista e qualche esperto (prof universitario, consulente indistriale, ricercatore CNR o ENEA) effettuasse uno studio di ampio respiro che raggiungesse le evidenze attese sulla base di dati ben raccolti nel tempo e ben coordinati!
    Fintantoché la scienza non si metterà realmente in gioco, con l’autorevolezza e l’affidabilità che la deve contraddistinguere, continueremo a sentire venditori si sventura che sproloquiano di complotti, annegamenti nello scioglimento delle calotte polari o desertificazioni, di scie chimiche e di metodi Di Bella.

  2. Denise

    C’è nelle sue conclusioni qualche cosa che non va: il servizio di trasporto pubblico è un indicatore di civiltà, e non un semplice peggioramento del debito pubblico.
    Tutto vero, siamo molto contenti che la Padania non sia così inquinata come trent’anni fa: benissimo.
    Ma rimane un’area profondamente inquinata e trafficata, ed io mi sento un’incivile a prendere tutti i giorni l’auto perchè non riesco a farne a meno a causa delle carenze del servizio pubblico.

    C’è debito e debito e non lo si può ignorare: io sono torinese e sono contenta di portare sulle mie spalle il debito provocato dalla costruzione della metro 1. Tanto lavorerò fino a settant’anni, no?
    e allora via, costruiamo la metro 2 per favore, così almeno, pur indebitata, mi sento cittadina del mondo e non sciocco robot che processa lucette rosse e verdi per due ore al giorno!

  3. Giorgio

    Le Accise sui carburanti – fu spiegato in un convegno da un dirigente del Ministero delle Finanze- finanziano tra l’altro il SSN.Era il 1996,ricordo:e non credo che ciò sia cambiato. C’è una grottesca ironia in questo dato;perché l’inquinamento da strada- calante o ingravescente che sia-di spese per malattie al SSN avrà pur arrecato in questi decenni, ammettiamolo.
    Volendo proprio alzare inni alla locomozione privata e soprattutto al cambio consumista dell’auto inseguendo i progressi incalzanti (Wolkswagen…)dei nuovi motori- si poteva addirittura scoccare questa freccia dialettica:”Vedete,il nostro SSN è classificato fra i migliori del mondo e infatti l’età media sale,lo dice anche l’ISTAT quando fa aumentare l’ “aspettativa di vita” per la pensione;e ciò nientedimeno è merito della benzina ,che pagate!
    Ma ovviamente il ragionamento sfilerebbe troppo insidioso, se contemporaneamente volessimo privatizzare il SSN (non Giannino, honny soit qui mal y pense !) e riservarci le accise per ripianare il D.P.

  4. Gianfranco

    Peccato che le auto non c’entrino un cavolo.
    La differenza tra la Milano degli anni 70 e quella degli anni 2010 e’ che nel frattempo si e’ deindustrializzata e che il riscaldamento, invece che a nafta o cherosene, adesso e’ in gran parte a metano.
    Quello che rimane di scorie e’ dovuto ai riscaldamenti vecchi e le industrie rimaste. Dato che revisionare integralmente i primi e chiuderli se non conformi e’ impossibile e dato che sarebbe suicida chiudere le manifatture, rimane da rompere le palle sulle auto. Dove e’ gia’ stato mille e mille volte dimostrato che:
    1 i picchi di pm10 si verificano anche a ferragosto
    2. i picchi di pm10 si verificano col freddo
    3. i picchi di pm10 non scendono tagliando le auto.

    E la noia?

  5. Davide

    ci mancherebbe anche che dagli anni 60/70 l’aria è la consapevolezza di tentare di migliorare l’ambiente non siano migliorati..che discorso é..
    Anche dal 1800 quando c’erano solo ciminiere senza filtri l’aria sarà migliorata del 200%…basta questo per non chiedersi o non porre interrogativi e soluzioni per ulteriori movimenti?

  6. Emiliano Pepa

    Provo a rispondere ad Alessandro de Montis ed al suo articolo
    http://www.leoniblog.it/2015/12/28/smog-lemergenza-che-non-ce/
    E’ ovvio che la qualità dell’aria dagli anni ’80 ad oggi è migliorata,
    E’ pur vero che le polveri sottili PM2,5 siamo in grado di misurarle solo da poco tempo e che per come sono fatti i sistemi di combustione dei motori delle automobili, queste polveri, molto penetranti, non vengono emesse nè da vecchi motori diesel degli autobus ne da caldaie a nafta o, più insensatamente, da caminetti e stufe, bensì dai motori common rail di ultima generazione che atomizzano il combustibile nelle camere di scoppio dei nuovi motori diesel usando pressioni di iniezioni di 1500-2000 atmosfere… ed è pure inutile blaterare di filtri FAP, che perdono la loro efficienza mediamente dopo un anno di utilizzo.
    E’ innegabile secondo me, che tutto questo clamore mediatico di questi giorni è dovuto all’intento truffaldino e mirato dall’alto, di far cassa su questo aspetto, logicamente con le tasche del contribuente, in che modo? Con le multe come dice Alessandro de Montis?? Magari fosse solo così … la realtà è che mi aspetto che fioccherano, per legge, tutta una serie di OBBLIGAZIONI CERTIFICATORIE INUTILI E COSTOSISSIME PER IL CITTADINO e questo perchè in una società come la nostra con INDUSTRIA ed EDILIZIA decadenti (FINALMENTE,) molte professioni tecniche ordinistiche sono pressoché inutili, però queste lobbies ordinistiche per continuare ad assicurarsi la loro fetta di torta stanno “spingendo” per ergersi ad obbligatori (seppur completamente inutili) notai del funzionamento degli ammennicoli energetici di cui ci circondiamo, nella più assurda convinzione che certificare voglia dire non inquinare (come se non si sapesse i titoli di qualsiasi tipo in italia si mercanteggiano senza problemi, certificazioni comprese ).
    Veniamo ora all’ultima parte dlel’articolo di de Montis … adottare veicoli ferroviari elettrici su ferro (metro e tram veloci) in città è sicuramente fattibile e forse pure risolutivo (vedesi PARIGI) ma con che costi visto che stiamo in Italia??? (METRO C docet). Sostituire gli autobus con altrettanti veicoli a Metano va bene, ma guardiamoci in faccia … è la mossa risolutiva??? Ovviamente no?
    Stesso discorso per il trasporto privato, menzionare auto che consumano 3 litri ogni 100KM è ERRATO, perché queste performance si riferiscono a percorrenze a velocità costanti a farfalla “abbastanza aperta”, o nel caso del diesel, a motore caldo e con un certo rapporto stechiometrico della carica combustibile nel cilindro, il frena-accelera-tieni al minimo, tipico del regime di traffico cittadino è deleterio come inquinamento in qualsiasi caso e con qualsiasi motore, tranne l’elettrico, che ha però altri problemi di sostenibilità che non discuto adesso.
    In realtà Il problema è a monte … dovremmo chiederci se una società “puzzona” e “disorganizzata” come la nostra, può permettersi metropoli così densamente urbanizzate e contemporaneamente così poco dotate in termini di infrastrutture di trasporto alternative alla gomma. Dato che tali infrastrutture richiedono investimenti, organizzazione ferrea e costi di esercizio non bassi, mi chiedo se l’italia può permettersi conurbazioni con popolazione insistente di 4 milioni e mezzo di abitanti effettivi come Roma, Napoli o Milano. Se non sarebbe meglio vista la DISORGANIZZAZIONE INNATA delle amministrazini italiche tornare ad un modello dei 1000 paesetti, visto che non abbiamo più grandi aziende produttive in contesti urbani. Che senso ha mantenere nelle metropoli palazzoni pieni di uffici con gente che tutti i giorni si reca li’ con l’auto solo per battere tasti sui PC, quando il trattamento delle informazioni può essere fatto in maniera assolutamente decentralizzata grazie alle già esistenti tecnologie delle telecomunicazioni??? Ve lo dico io … andate via le aziende produttive (intendo manifatturiere) dalle città speculatori di ogni tipo, pubblici e privati (fondi pensioni, immobiliari, banche, palazzinari ecc…) dovevano trovare un modo per tenere alto il prezzo a metro quadro del già costruito che è a garanzia di altri prestiti a catena altrimenti difficilmente copribili, ed ecco l’esigenza di concentrare gente il più possibile all’interno delle metropoli tritacarne italiche. La sola delocalizzazione a Orte o a Pomezia (nodi di scambio ferroviario già esistenti) di banche, assicurazioni, Ospedali, ASL ed uffici pubblici e di società partecipate residenti a Roma , farebbe crollare della metà il costo al metro quadro del mattone romano, perchè tanta gente anela ad avere un costoso appartamentino nella capitale solo per stare comoda col posto di stipendio (non riesco proprio a dire “di lavoro” … scusatemi … a parte pizzaioli, ristoratori e piccoli artigiani il “lavoro” propriamente detto è in gran parte estraneo al contesto sociale delle metropoli).

  7. FR Roberto

    Gli articoli di Ramella mi lasciano sempre un po’ dubbioso (almeno gli ultimi che ricordo)… riporta alcune sacrosante verità, accompagnate da alcune affermazioni che andrebbero dimostrate, dando sempre l’impressione di volerla sparare grossa, forse per il timore che altrimenti non se lo filerebbe nessuno.
    Se è un esperto (in realtà non ho la più pallida idea di chi sia, e non vedo perché dovrei perdere tempo a googolare) dovrebbe fornire un minimo di proposte concrete e organiche, non delle battute sparse qua e là.

  8. francesco 79

    A me sembra pazzesco continuare a non capire che qui si creano falsi problemi per sostenere l’insostenibile modello delle megalopoli che deturpa qualità della vita per concentrarla in uno squallore esistenziale.
    Vorrei capire quanto potranno ancora andare avanti questi modelli di super-città, supercostose, supersqualide, prima che tutti capiscano che tutto sommato fatti 2 conti è meglio vivere in provincia che stipati come sardine in pochi carissimi metri quadri.
    Iniziamo a sfollare un po’ di gente e distribuirla più razionalmente su tutto il territorio nazionale…

  9. alfio

    Scusate ma io non son d’accordo con le conclusioni.
    Impostare l’urbanistica così da concentrare gli abitanti in spazi più ristretti, con densità abitative più elevate è meglio.
    Minori i costi per lo smaltimento dei rifiuti, meno auto che devono percorrere un minor tragitto e più autobus che diventano anche meno costosi.
    Se i trasporti vengono liberalizzati e privatizzati allora il debito pubblico non aumenta.
    Gli appartamenti devono essere abbastanza grandi da permettere di crescerci dei figli e i palazzi circondati da spazi verdi e strutture sportive.
    Le città estese all’americana sono un abominio ecologico ed economico.

  10. Emiliano Pepa

    Rispondo ad Alfio.
    Non è così come affermi … Basta un minimo di conoscenza di sistemi tecnologici per capirlo. In qualsiasi sistema composto da parti, la curva di utilità’ data dal rapporto tra prodotto e costi e/o esternalità’ negative dovute all’integrazione funzionale di tutte le componenti del sistema seguono una curva parabolica, si arriva ad un massimo con un certo grado densità tra le parti del sistema produttivo. Aumentando la densità’ costi ed esternalità’ aumentano così’ rapidamente che non vale più’ la pena tenere in piedi un sistema siffatto. Le città’ con i cittadini non fanno eccezione a questa regola.

  11. andrea61

    C’i sono due cose che mi lasciano perplesso sulle confutazioni contro la gravità della situazione:
    1) si continua a parlare del tumore al polmone quando invece il vero problema è la BPCO che sta diventando la seconda causa di morte nella popolazione occidentale.
    2) si cita il PM10 dmenticando che la vera bestia è il PM2.5 che penetra nel sangue e risale il nervo olfattivo giungendo al tessuto cerebrale.

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