8
Dic
2009

Quante cattive notizie, a cominciare dalla Grecia

Una raffica di cattive notizie oggi dai mercati. L’euro scopre brecce e rischi imprevisti. Usa e Uk cominciano a capire che il loro debito pubblico non è più giudicato di serie A. La Germania a ottobre va peggio del previsto. In Uk e Usa, consumi natalizi inferiori alle attese. Dal Dubai, nuove nubi per le banche mondiali esposte. Ne basterebbe la metà, per capire che non è ancora tempo di ottimismo di maniera.

L’abbassamento del rating del debito pubblico della Grecia a BBB+ da parte di Fitch con outloook ulteriormente negativo, e l’annuncio da parte di S&P di analoga possibilità, spingono a livelli record lo spread decennale greco sul Bund tedesco, fino a 250 punti base oggi. Coi dimostranti per strada, il governo greco dovrebbe assumere misure straordinarie, visto che il deficit pubblico quest’anno si avvia a sfiorare il 13% del Pil. Altrimenti, il rischio concreto è a breve di un declassamento dei titoli del debito pubblico sotto la soglia della loro accettazione come collaterale bancario per le misure repo della BCE. In altre parole, in quel caso la Grecia sarebbe in pre default, e sarebbe come smentire che l’appartenenza all’euro costituisca di per sé un ombrello collettivo di sicurezza antifallimento. L’Eurogruppo si è affrettato a gettare acqua sul fuoco. Anche perché l’orientamento della BCE, in coerenza alla posizione tedesca per la quale ciascuno deve guardarsi il suo debito, sarebbe di consigliare alla Grecia di rivolgersi al FMI e non a Francoforte: un po’ come è avvenuto per i paesi esteuropei che però dell’euro non facevano parte. Ma è inevitabile che, se la cosa si mette male, gli interrogativi si sposterebbero sull’altro grande paese ad alto debito pubblico dell’euroarea. Vi viene in mente di chi si tratta, vero? Dell’Italia, ovviamente. Che si attiene a una disciplina di bilancio per fortuna più seria di quella greca, nella crisi. Ma se dovesse scatenarsi la buriana delle scommesse negative del mercato, che Dio ce la mandi buona.

A ciò si aggiunge la doccia fredda del meno 1,8% di produzione industriale tedesca a ottobre, rispetto al segno opposto che ci si attendeva dopo la crescita di settembre. La valutazione di Moody’s per la quale non tutte le triple A sul debito sovrano sono eguali, perché ormai quelle che riguardano i debiti in fortissima ascesa degli Stati Uniti e del Regno Unito appaiono assai meno affidabili delle garanzie offerte da Germania o Francia. Anche perché i primi dati sulle vendite prenatalizie a Londra e del post Thanksgiving negli USA sembrano deludere le aspettative. Risultato: l’euro sale sul dollaro malgrado la Grecia, perché l’America è più debole di chi appare quasi pronto a far fallire chi non rispetta le regole; l’oro scende; il comparto bancario picchia di brutto nelle Borse per l’effetto combinato Grecia-Dubai. Allegria.

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2 Responses

  1. giorgio arfaras

    La dinamica dei debiti pubblici è il problema: se i rendimenti per sottoscrivere il nuovo (e crescente) debito salissero, ecco che salirebbero gli oneri finanziari. I bilanci pubblici mostrerebbero quindi dei deficit ancora maggiori, a meno di interventi di correzione: taglio delle spese e/o incremento delle entrate. I quali sono politicamente costosi. E’ politicamente meno costoso, invece, invitare ad avere pazienza per qualche tempo, intanto che arriva immancabile, come frutto delle politiche monetarie e fiscali lasche, la ripresa. La ripresa, infatti, porterebbe tutto sotto controllo. E’ passato del tempo da quando si attendeva la comparsa di qualche “green shoot”. Dove, alla fin fine, si vede se c’è davvero la ripresa? Dalle entrate fiscali, quelle delle famiglie e delle imprese. Al di là della misura giusta della disoccupazione – con o senza gli “scoraggiati”, ed al di là dei criteri con cui si redigono i bilanci – con o senza le “poste straordinarie”, alla fine, se le cose riprendono o meno, lo si vede dalle entrate fiscali. Bene, per quel che riguarda gli Stati Uniti esse non danno segni di vita. Le famiglie pagano meno imposte di un anno fa, e le imprese pagano molte meno imposte. La ripresa, se osservata con gli occhi del Fisco, sembra non esserci (proprio o ancora?):

    http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user5/imageroot/volcker/November%20Withholdings.jpg

  2. Quando anche il vate si abbandona alla divina provvidenza e’ segno che la carta igienica non basta piu’. Ma perche’ io mi preoccupo della magica carta ?. Come tutti speCulo in materie prime… e mi sembrava una buona idea diventare monopolista della suddetta carta. Nondimeno, tutti gli economisti bravi ed affabulatori citano i numeri o fanno gli auspici sui voli dei paduli. IMHO vedo appena che il consumo di carta igienica e’ in caduta libera. Mi basta solo questo per concludere che siamo in mezzo al guano, anche verticalmente, e che le cose rotoleranno a bovini, serva italia compresa.
    Serenissi saluti.
    martino

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