3
Giu
2010

Piccolo Guinness dell’oppressione fiscale

Ecco come 100 euro spesi da un’impresa per un lavoratore con remunerazione pari alla media si ripartiscono tra prelievo fiscale e ‘residuo’ a favore del lavoratore:

   100,0      Valore aggiunto d’impresa destinato al fattore lavoro

–     4,8      Irap

–   22,7      Oneri sociali a carico del datore

–     6,7      Oneri sociali a carico del lavoratore

=  65,8      Remunerazione lorda

–   13,3      Irpef

–     1,4      Addizionali Irpef

=  51,0      Reddito disponibile

–   11,0     Imposte sui consumi (con aliquote legali e ipotizzando che tutto il reddito disp. sia speso)

40,0     ‘Residuo’ per il lavoratore

    60,0      Pressione fiscale complessiva

Note: (1) Il calcolo precedente include aliquote Irap e addizionali Irpef massime. Nell’ipotesi di aliquote Irap e addizionali Irpef minime la ripartizione dei 100 euro iniziali tra fisco e lavoratore diventa la seguente: Fisco 58,7, lavoratore 41,3. (2) Il calcolo precedente ipotizza che tutto il reddito sia consumato. Per ogni 10% di reddito  risparmiato la voce ‘imposte sui consumi’ di riduce di 1,1. (3) La pressione fiscale calcolata nella tabella è il valore ex ante atteso applicando la legislazione fiscale e non considera pertanto il fenomeno dell’evasione fiscale. Per contro i dati sulla pressione fiscale di fonte Istat ed Eurostat mettono a rapporto il gettito effettivo delle imposte col Pil (e, nel caso di Eurostat, anche il gettito delle imposte che gravano sul lavoro rispetto ai redditi totali da lavoro risultanti dalla contabilità nazionale). In questi casi il numeratore dei rapporti si abbassa per il fenomeno dell’evasione.

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12 Responses

  1. bill

    Bella tabella. Speriamo che venga letta da quelle anime belle che commentano col sopracciglio alzato l’aricolo di Giannino riguardo l’evasione fiscale.

  2. innaig

    Tuttavia, teniamo conto che il prezzo di ciò che si acquista col residuo 51,0 netto incorpora non solo l’IVA ma anche tutte le imposte, accisse e contributi vari versati per produrre e commercializzare quel bene. Quindi ciò rimane al lavoratore come valore d’acquisto reale del 100 iniziale può essere stimato in un misero 25 %.
    Nel caso dei lavoratori dipendenti, non ulteriormente tutelati e sovvenzionati, l’economia parassitaria (Ricolfi dixit) assorbe più dei tre quarti della ricchezza da loro prodotta.

  3. Riccardo

    La tabella è interessante ma evidenzia a mio parere qualcosa di poco corretto:la pressione fiscale dovrebbe essere misurata sul ricavo che l’impresa trae dal lavoro del dipendente, non sul valore aggiunto ( ovviamente oltre al ricavo occorre considerare anche le altre imposte che l’impresa deve sostenere e si finisce per avere una pressione fiscale del 43% circa come da statistiche istat)

  4. Approfitto dell’argomento per esprimere un dubbio che mi arrovella da tempo: la tassazione non è in realtà recursiva?

    Mi spiego con un esempio: se vado al bar, pago un caffè 1 euro. Questo euro comprende l’IVA a mio carico, ma non comprende forse anche l’IVA a carico del barista (quella che lui paga quando va a comprarsi gli zucchini per cena), l’IRPEF e l’INPS che versa a fronte del suo 740, la TARSU (generalmente iperbolica, per gli esercizi pubblici), oltre al prezzo del caffè (e di iVA, IRPEF e INPS pagati dal grossista di caffè) e l’elettricità (e le relative le addizionali locali), senza contare le imposte pagate sull’affitto dal padrone dei muri?

    Se la tassazione è recursiva, la sua incidenza reale non andrebbe moltiplicata per 1,5, raggiungendo quindi il 90%?

  5. Andrea M.

    Se per “oneri sociali” si intendono i contributi inps, trovo sia un errore considerarli alla stregua delle imposte. Imposte non sono. Il lavoratore non li “vede” in busta ora,….ma prima o poi li vedrà. Più corretto sarebbe “scorporare” quella parte di contributo che viene accantonato per la pensione.
    saluti

  6. Gli “oneri sociali”, visto che l’INPS, depauperata da falsi invalidi e casse integrazione, non ha capitali propri degni di nota (e comunque sono inferiori a quanto “ripianatole” dallo Stato negli anni scorsi) sono un’imposta come un’altra, tanto è vero che gli autonomi la pagano tramite F24.

    Anche per le altre imposte si potrebbe dire che il lavoratore ne vedrà prima o poi i frutti, sotto forma di strade, giovani formati dalla Scuola, moralità resa cristallina dall’operato di giudici e FdO e altre chimere, tipo la pensione che i baby-boomers vedranno solo col binocolo.

  7. Ugo Arrigo

    La pressione fiscale calcolata nella tabella è il valore ex ante atteso applicando la legislazione fiscale e non considera pertanto il fenomeno dell’evasione fiscale. Per contro i dati sulla pressione fiscale di fonte Istat ed Eurostat mettono a rapporto il gettito effettivo di imposte e contributi sociali col Pil (e, nel caso di Eurostat, anche il gettito delle imposte e contributi che gravano sul lavoro rispetto ai redditi totali da lavoro risultanti dalla contabilità nazionale). In questi casi il numeratore dei rapporti si abbassa per il fenomeno dell’evasione.
    I contributi sociali, pur non essendo tributi, fanno parte della fiscalità e sono conteggiati nel calcolo della pressione fiscale mentre non lo sono in quelli della pressione tributaria (E’ pur vero che servono per pagare le pensioni ma purtroppo non le future pensioni di chi li sta versando ma solo quelle degli attuali pensionati).

  8. stefano

    @Guido Gambardella
    intendevo dire : il dubbio che hai espresso nel commento #6 (del 4 giugno alle 14.37) è lo stesso che arrovella anche me.
    Mi spiego meglio.
    Poniamo che lo Stato aumenti un’imposta qualsiasi di t % (mettiamo che aumenti l’IRPEF, ma questa o quella per me pari sono…).
    Io avrò in questo modo immediatamente una minore capacità di acquisto; prima avevo X, adesso avrò X-t% (è una semplificazione brutale).
    Anche Mario, da cui acquisto le melanzane, adesso avrà reddito Y-t%; in più sa che potrà vendermi meno melanzane dell’anno scorso.
    Quindi il suo reddito disponibile sarà poi Z<Y-t%. E questo scherzetto è reiterato lungo tutto il percorso economico.
    Per cui, se sono riuscito a spiegare bene cosa intendo, il sistema globale ha una perdita totale superiore a t%; questo significa che ogni euro versato allo Stato già di per sè vale meno. Non voglio nemmeno pensare che ci sia qualche centesimo che viene disperso con spese inutili o a causa della corruzione (due cose, queste ultime, "assolutamente inesistenti").
    Quindi secondo me, così a naso e senza sofisticati strumenti, le tasse sono sicuramente ricorsive.
    E danneggiano il mercato.
    Se non si mette un freno al tetto della fiscalità, e un tappo in bocca a chi sostiene che le tasse sono bellissime, qui finiamo male noi e le melanzane.

  9. rq

    @Ugo Arrigo “I contributi sociali, pur non essendo tributi, fanno parte della fiscalità e sono conteggiati nel calcolo della pressione fiscale mentre non lo sono in quelli della pressione tributaria (E’ pur vero che servono per pagare le pensioni ma purtroppo non le future pensioni di chi li sta versando ma solo quelle degli attuali pensionati).”

    … quindi in un sistema in cui la pensione è pagata direttamente con i versamenti accumulati durante il periodo di lavoro, la retribuzione lorda è determinata solo dal valore aggiunto (100) – IRAP, giusto?

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