14
Nov
2018

Nuovo cinema paradiso

Tra i numerosi decreti attuativi della nuova legge sul cinema (approvata nel 2016 dal precedente governo) è arrivato anche quest’ultimo, firmato dal ministro Bonisoli, sulle cosiddette finestre di distribuzione dei film. D’ora in poi, i film italiani dovranno passare prima nelle sale e successivamente, trascorso un preciso arco temporale, sulle altre piattaforme.

Il successo di realtà come Netflix ha cambiato sia il versante della produzione e della distribuzione dei contenuti audiovisivi che le modalità di consumo degli stessi. A fronte di una prassi che regolava il rapporto tra passaggio in sala e televisione, il superamento o il ridimensionamento proprio delle sale cinematografiche, a seguito di tali cambiamenti, ha portato il legislatore a cercare di arginare il fenomeno.

Il tema era diventato di grande attualità con la scelta del Festival di Cannes di escludere dal concorso i film per i quali non era prevista la distribuzione nei cinema. Così non si è comportata la Mostra del cinema di Venezia, la cui giuria dell’ultima edizione, non a caso, ha premiato Roma di Alfonso Cuaron che, inizialmente, sarebbe dovuto uscire solamente su Netflix a dicembre di quest’anno ma che, a quanto pare, vedrà parallelamente la sua programmazione anche in alcune sale italiane.

Di sicuro, questo – la contemporanea uscita in sala e sulle piattaforme on-demand – non potrà più avvenire (per legge) per le opere italiane.

Oggi, grazie alle innovazioni tecnologiche, le opportunità sono aumentate e le strategie commerciali dei singoli film possono essere le più disparate a seconda, appunto, della tipologia di film. Lo stesso si può dire delle possibilità di fruizione degli spettatori, che possono scegliere fra multisala o sale d’essai, oppure possono optare per il proprio schermo, anch’esso ormai di grandi di dimensioni e con una qualità dell’immagine e del sonoro particolarmente elevata: a ognuno insomma la sua scelta.

Ma invece di far scegliere, per l’appunto, liberamente gli operatori e gli spettatori si è optato per una imposizione di stampo dirigista (così come dirigista è stato il precedente decreto attuativo della medesima legge, che ha aumentato gli obblighi di programmazione e di investimento delle emittenti televisive a favore delle opere italiane).

Se poi l’auspicio è quello che un prodotto culturale (come può benissimo essere un film) possa raggiungere il maggior numero di persone (non si ripete sempre che dobbiamo allargare e creare nuovo pubblico, e aumentare i consumi culturali degli italiani?), perché allora vietare che un film possa incontrare da subito un pubblico che sia il più ampio possibile, usufruendo di tutti i mezzi che oggi la tecnologia (web, on demand, ecc.) consente?

L’impressione allora è che questa scelta attuata dallo Stato risponda ad altre logiche, che non sia stata fatta per favorire la diffusione della cultura, ma un gruppo più circoscritto e ridotto, come quello degli esercenti. L’obiettivo è quello di invertire dunque un trend, di riportare le persone in sala, dare alla sala uno status morale e culturale superiore, un luogo dove fare una vera esperienza culturale, cercando di penalizzare soggetti come Netflix e mettendosi di traverso a tutte queste spinte innovative.

I bei tempi andati, la nostalgia del Nuovo Cinema Paradiso…

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