14
Nov
2012

Meglio questa legge di stabilità, ma rimane un placebo – di Enrico Zanetti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Enrico Zanetti.

Gli interventi fiscali previsti nel di segno di legge di stabilità vanno assumendo una fisionomia decisamente più condivisibile di quella che, all’inizio del suo iter, era sta prospettata dal Governo.

Niente baratto della sterilizzazione degli aumenti delle due aliquote IVA più elevate con la riduzione di un punto delle due aliquote IRPEF relative agli scaglioni di reddito meno elevati.

Soprattutto, niente interventi limitativi sugli oneri detraibili dall’IRPEF, per di più con efficacia retroattiva già sull’anno 2012 in corso.

Si ritorna ad una logica finalizzata anzitutto al contenimento degli aumenti dell’IVA, scongiurando definitivamente quello dell’aliquota intermedia del 10% e limitando quello dell’aliquota del 21% ad un solo punto percentuale (passerà al 22%), rispetto alle iniziali previsioni di due.

La mancata sterilizzazione a 360 gradi dell’aumento dell’IVA viene compensata con interventi che aumentano già a partire dal 2013 le detrazioni per figli a carico e, a partire dal 2014, vengono aumentate le detrazioni IRAP a favore delle imprese che assumono.

Molto meglio questo assetto di quello che, qualche settimana fa, era stato difeso dal Ministro dell’Economia Vittorio Grilli, con la sorprendente tesi che avrebbe portato benefici al 99% dei contribuenti, secondo i dati che gli erano stati forniti dall’Agenzia delle entrate.

Chiaro comunque che siamo di fronte a colpi di scalpello in un contesto in cui bisognerebbe invece lavorare di machete.

Il PIL del Paese, nel 2012, è ritornato in termini reali sul livello che aveva nel 2001.

Di contro, la spesa pubblica, al netto della variabile (impazzita e ormai quasi incontrollabile) degli interessi passivi, è cresciuta dal 2000 al 2011, in termini reali, di 122 miliardi di euro.

Anche dopo gli apprezzabili, ma non risolutivi interventi di revisione della spesa messi in campo dal Governo monti nel 2012, la proiezione dell’aumento reale della spesa pubblica sul 2014 continua ad attestarsi oltre i 100 miliardi di euro.

In altre parole, se già era vero che nel 2001 il peso dello Stato sull’economia del Paese appesantiva la crescita più di quanto la agevolasse, oggi ci ritroviamo con un Paese che è ancora al livello del 2001 e uno Stato che, nel mentre, si è preso il lusso di crescere in termini reali, a spese del Paese, del 16,27% e si sente già bravo perché, prima di questi interventi, era cresciuto del 20,23%.

E occhio che, se dal 2010 al 2014 la spesa pubblica è stata (troppo poco) ridotta in termini reali, le previsioni del DEF sul 2015 la danno sorprendentemente di nuovo in leggero aumento, a riprova del fatto che una parte rilevante degli interventi sin qui compiuti sul lato dei tagli sono evidentemente congiunturali e non strutturali.

È evidente che così non può funzionare:

In quei 100 miliardi di aumento reale non ancora riassorbito, per riallineare lo Stato al Paese e consentire a quest’ultimo di ripartire, tirandosi dietro lo Stato nella ripartenza, invece che facendosi tirare da esso nel baratro, ve ne sono una parte significativa che non trova la propria giustificazione nelle dinamiche demografiche della popolazione, il cui progressivo invecchiamento implica un maggior costo sociale.

Con 40 miliardi, forse qualcosa meno, si può azzerare l’IRAP sul settore privato e dimezzare l’IRES sulle imprese labour intensive, ossia quelle per le quali la maggior parte del fatturato è “investito” in remunerazioni di dipendenti e collaboratori.

In questo modo, si invertirebbe il trend attuale che penalizza assurdamente, a parità di redditività, proprio le imprese che generano opportunità di lavoro sul territorio e le si porterebbe addirittura a livelli di tassazione più che concorrenziali anche con Paesi europei con una fiscalità assai meno pesante della nostra.

Impossibile però farlo sino a quando si procederà a ragionieristiche revisioni della spesa, invece che a riformatrici revisioni dello Stato.

Per non parlare dei surreali dibattiti su imposte patrimoniali che nel nostro Paese già ci sono e nemmeno pesano poco.

 

Twitter@enrico_zanetti

You may also like

L’imprenditorialità negata: nebbie e inganni dell’ideologia. Parte 3
Punto e a capo n. 25
Taglio del cuneo fiscale: utile, ma non risolutivo
Elogio del capitalismo

8 Responses

  1. Marco Tizzi

    O mi son perso qualche pezzo o “i tagli fin qui introdotti” si sono limitati sostanzialmente alle pensioni, che ricordo essere in teoria soldi dei cittadini che lo Stato accantona in modo coercitivo.
    Di loro non han tagliato nulla.
    Sarebbe interessante, per esempio, lasciare un paio di mesi le forze dell’ordine senza stipendio, così capiscono chi è il nemico, si voltano e risolviamo il problema una volta per tutte.
    Sto stillicidio è peggio della goccia cinese.

  2. TERZO STATO

    MEMORANDUM:
    Qui non cambia nulla, continuiamo pure con la cronaca delle pagliacciate che si ripetono senza tempo:
    Ci sono sempre solo 2 possibilità per cambiare radicalmente l’italietta o la guerra civile o il default.

    Visto che questo paese smutandato non farà mai la rivoluzione, non ci resta che accellerare il default per:
    Tagliare 1 milione di statali, statalisti e statisti.
    Ridurre gli stipendi dei di cui sopra rimasti in organico con stipendi o pensioni superiore a 3500 euro.
    Ridurre lo stock del debito tra default e vendita del patrimonio pubblico
    Taglio di 15/20 punti di prelievo fiscale complessivo (Nessuno pagherà mai più tasse al di sopra del 30% compresa previdenza)
    Liberalizzazione dei sistemi sanitario e pensionistico
    Azzeramento per 10 anni, delle imposte alle aziende estere che investono in Italia ed a chiunque investa al sud.
    Creazione dell’agenzia unica delle imprese, che da sola esiti la possibilità di avviare un impresa (Silenzio assenso in 90 giorni).
    Creazione dell’agenzie delle uscite che controlli la spesa e relativo braccio armato con pari poteri degli sgherri di Equitalia.

    QUINDI basta con la telecronaca, passiamo ai fatti.
    20/30 milioni tra Autonomi PMI Partite Iva Studenti Laureati senza raccomandazioni Dipendenti Privati,
    ASPETTANO una rappresentanza che li guidi contro quei 10 milioni di parassiti che CONSUMANO le tasse che noi PRODUCIAMO.
    E forse sarebbe ora di cambiare il nome del blog da Chicago-blog a Bastiglia-blog

  3. Jack Monnezza

    @Marco Tizzi
    Caro Marco,
    Le forze dell’ordine purtroppo hanno capito molto bene chi è il nemico. Il nemico siamo noi. Loro, sono quelli che gli pagano lo stipendio e gli garantiscono parecchi privilegi. Hanno ben capito che gli conviene proteggerseli bene….. Sei stato a Roma negli ultimi mesi? CI sono più poliziotti a proteggere i Palazzi e l’aeroporto di quanti ne abbia visti alla fine anni 80 a proteggere la nomenklatura in un paio di capitali al di la’ della cortina di ferro….

  4. Jack Monnezza

    Articolo abbastanza scontato….riassumibile nella frase colpi di scalpello invece che di machete.
    Poi mi sembrano l’asino di Buridano: IVA o IRPEF, aliquote o detrazioni, IRES o IRPEF, ……ma l’asino sta già morendo o forse e’ già morto…

  5. marziano

    “Un trentenne eletto in Parlamento, dopo due mandati, cioè a quarant’anni, che cosa dovrebbe fare mentre aspetta di compiere i sessantacinque? L’esodato di Stato?”
    Giuliano Amato dixit in un’intervista a Sette.

  6. Non ho trovato efidenze sulla TTF.
    La TTF così com’è stata proposta in Italia, se non verrà modificata, non solo peserà sulle attività finanziarie in senso stretto ma potrebbe gravare pesantemente su tutti.
    La ragioneria di stato ha ipotizzato un calo del 30% delle transazioni azionari (stima ottimistica) ma mettiamo che ci sia un calo dei volumi in un mercato già non liquidissimo … e che questo vada a ripercuotersi sui titoli bancari … i prezzi scendono e la capitalizzazione di conseguenza. Se scende la capitalizzazione scende anche disponibilità a concedere finanziamenti … il cosiddetto credit crunch. E questo pesa anche sulle piccole aziende e sui risparmiatori.
    Se poi guariamo i derivati si ipotizza un calo dell’80% degli scambi. Ma gli effetti potrebbero essere ancora più pesanti. Prendiamo un’azienda che si occupa di petrolio piuttosto che grano. Per coprirsi dalle oscillazioni di prezzo queste aziende acquistano derivati periodicamente. Il sovra prezzo di queste operazioni andrà a scaricarsi sui prezzi finiti. La stima delle compagnie petrolifere è vicina al 5%. Se consideriamo che nel nostro paese ci sono 38 milioni di automobilisti … su chi graverà di più la tassa?
    Senza considerare la fuga di capitali … non parlo di evasione o elusione ma di legittimo trasferimento di attività d’impresa.
    Poi lasciamo stare circa 30.000 dipendenti di Broker, banche e Sim che si ritroveranno a casa.
    Io non sono un economista nè un ricercatore, sono solo un piccolo trader che studia da anni i mercati e che vive di piccole operazioni quotidiane. Quindi mi troverei costretto a cambiare lavoro o paese a 50 anni.
    I premi Nobel sono di sicuro più autorevoli di me ma ricordiamoci del LTCM i Nobels Robert C. Merton e Myron Scholes crearono dei modelli matematici che non potevano perdere … hanno trascurato solo il sottostante che poteva fallire …
    La TTF in teoria è la tassa perfetta, peccato la sua applicazione reale come tutte le tasse genera un componente aleatoria che nel caso italiano potrebbe portare molti più aspetti negativi che positivi.

  7. Stefano

    La logica per cui le detrazioni per i familiari a carico sono applicabili per due coniugi con reddito ciascuno da 35.000€, mentre non lo sono per una famiglia monoreddito da 70.000€ resta uno dei tanti aspetti oscuri di questi tecnici che seguono la strada della finta equità e della finta progressività già percorsa dai nostri “illuminati” politici 🙁

Leave a Reply