20
Giu
2012

Ferrovie piemontesi: non chiamatela concorrenza

Nuovi movimenti sul settore ferroviario in Piemonte. Sebbene con intenti liberalizzatori, nei fatti solo con vesti liberalizzatorie: in altre parole, si dichiara concorrenza là dove invece viene ostacolata.
In principio fu Arenaways, a cui però fu di fatto impedito di competere ad armi pari con il monopolista incumbent. Ora la Regione Piemonte ci riprova dichiarando di voler liberalizzare dei segmenti di mercato. L’assessore ai Trasporti Barbara Bonino spiega: «Ci apriamo al mercato senza negare il ruolo di Trenitalia e senza smettere di lavorare per il miglioramento dei servizi da catalogo. Ma avremo anche operatori ferroviari nuovi che entreranno nel sistema Tpl ferro grazie alla loro flessibilità e capacità progettuali».
Guardando in modo più approfondito all’iniziativa, però, si osservano due cose:
a) il bando di gara sarà indetto per due “rami secchi” del collegamento ferroviario, in particolare l’Alessandria-Ovada – appena soppressa – e la Novara-Varallo, salvata invece all’ultimo;
b) la decisione sarebbe motivata dal fatto che ci si aspetta che i privati offrano un servizio flessibile, dove per flessibile si intende un servizio «modulato sulle specificità del territorio e della sua utenza».
Alcune osservazioni:
a) l’ingresso dei privati in tali tratte è giustificato dall’assessore con la volontà di “costruire un modello di trasporto pubblico innovativo aperto alla collaborazione con privati”. Nei fatti, è evidente che si tratta di togliere a Trenitalia l’onere di gestire segmenti non remunerativi, ossia percorsi dove evidentemente la domanda non è tale da giustificare e coprire i costi del servizio (come dimostra il fatto che una linea è già stata soppressa e l’altra ci è mancato poco). Mettere però a gara solo questi tragitti non può che disincentivare l’ingresso dei privati. Se qualcuno decidesse di partecipare comunque, si troverà a giocare in condizioni talmente sfavorevoli rispetto all’incumbent che difficilmente riuscirà a sopravvivere.
b) A parte che, come spesso accade in questi casi, non è chiaro cosa si intenda con servizio “modulato sulle specificità del territorio e della sua utenza”, è però più evidente come, oltre ad aprire alla concorrenza solo dei “rami secchi”, saranno anche imposte delle restrizioni (in questo caso, pare saranno sugli orari – che dovranno garantire le coincidenze con Milano e Torino -, sui materiali leggeri e sulla sperimentazione nei fine settimane di servizi dedicati ai turisti della montagna) che, il caso Arenaways lo insegna, difficilmente consentiranno la libera concorrenza su un terreno uguale per gli attori pubblici e privati, come invece dovrebbe essere quando si liberalizza un settore. Del resto, è difficile poter capire a priori quali sono i requisiti che potrebbero portare a un incremento della domanda. L’aumento dei passeggeri si verifica se migliora il servizio: a tal fine, sono i nuovi gestori che devono poter stabilire come raggiungere tale obiettivo, in base all’osservazione del comportamento degli utenti su quelle tratte. Ma questo può essere fatto solo ex-post la vittoria della gara, non ex-ante, altrimenti la “flessibilità a capacità progettuali” dei privati citati come elementi di miglioramento del servizio saranno completamente annullati.
Per aprire il settore ferroviario alla concorrenza, bisognerebbe piuttosto mettere a gara tutte le tratte, in diversi lotti (partendo, come suggerito da Arrigo e Ferri, dalla divisione in quattro di Ferrovie dello Stato: trasporto passeggeri, merci, treni regionali, rete), magari subordinando l’ingresso in quelle più remunerative solo a condizione di gestire anche quelle in perdita; sarebbe inoltre opportuno pensare a una piena privatizzazione dei segmenti che possono entrare sul mercato senza richiedere oneri ai contribuenti. Ma alla base di tutto deve esserci la possibilità per gli operatori privati di competere ad armi pari con il monopolista pubblico, ossia di aver la libertà di scegliere i segmenti in cui entrare e di non dover sottostare a condizioni eccessivamente limitanti. Fino ad allora, non ci sarà alcuna liberalizzazione del servizio e tanto meno alcuna possibilità di concorrenza.

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7 Responses

  1. G.R.Albertazzi

    Devo proprio dire che se i principi ispiratori della “liberalizzazione” sono questi allora siamo a posto !!! Si prescinde da un minimo straccio di business plan che ovviamente ogni candidato a gestire è chiamato ad elaborare per poi al fine trarre le proprie considerazioni e conseguenti proposte. Sono d’accordo che siffatte “liberalizzazione” operativamente ottengono l’effetto opposto ovverosia il mantenimento dello status quo.
    Buon lavoro a tutti.

  2. Fulco Ruffo

    Ha! Concorrenza? Ferrovie? Il manifesto sullo stato di concorrenza è la grata messa da Grandi Stazioni settimana scorsa tra il terminal di NTV ed il binario su cui arriva il suo treno. Purtroppo siamo un popolo paziente, ed anziché abbattere a calci il reticolato (600 persone che scendono dal treno sono tante: basta una spintarella coordinata), scriviamo sui giornali e sui blog della scarsa “attitude” di Moretti alla liberalizzazione. FS è lo stato, e senza un’azione forte dall’esterno (come successo per TLC ed energia elettrica) non mollerà che le briciole. Moretti è solo un parafulmine della politica e fa benissimo il suo mestiere proteggendo i mandanti, operando con cinismo spericolato su tutto: orari, servizi, tratte. A lui i miei complimenti sinceri. A noi invece il compito preciso di mettere in mora il suo datore di lavoro.

  3. roberto

    Spe ultima dea ! Diciamo che è un primo , seppur TIMIDO, passo verso una liberalizzazione del servizio . Se mai si comincia mai si raggiunge l’obbiettivo . Qualcuno partciperà qualcuno vaglierà costi benefici .meglio così che il nulla a prescindere !

  4. Giovanni

    L’errore sta nel definire tratte “redditizie” e “non redditizie”. La soluzione più semplice ed applicata con successo in Germania (dove il trasporto regionale ferroviario è liberalizzato e vi partecipa anche Netinera, società di FS), ma anche in Alto Adige è di fare contratti di servizio “gross cost”: ovvero è compito del richiedente vendere i biglietti (ovvero la regione): ciò porta più velocemente alla completa integrazione tariffaria dei vari vettori (biglietto venduto dalla regione valido sui mezzi urbani, bus interurbani e treni). Così per Trenitalia, GTT, Arenaways l’unico compito sarebbe di fornire treni e personale da esercire come stabilito dal contratto di servizio senza privilegiare le tratte più “redditizie” (che nel trasporto regionale, in Italia, vuol dire soltanto più piene). Sulla “divisione” in 4 di Trenitalia invece non vedo nessun vantaggio (se non quello di avere 4 amministratori delegati, 4 cda,…) dopotutto mica la divisione cargo potrebbe fare concorrenza a quella regionale o passeggeri! Come in Germania lo stato e le regioni devono garantire il pagamento di quanto definito nei contratti e fare le gare fatte bene: così si attireranno i privati (che potranno ottenere finanziamenti per investire), anzi la stessa Trenitalia diventerà una compagnia decente (come fa appunto in Germania con condizioni più virtuose delle nostre)

  5. ENRICO

    Caro Fulco Ruffo, non siamo un popolo paziente, siamo un popolo deficiente! Comunque complimenti a Lucia Quaglino, finalmente una donna che dice cose sensate.

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