16
Ott
2018

La lezione di Lodi—di Davide Maramotti

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Davide Maramotti

In questi ultimi giorni non si è parlato d’altro. Sara Casanova, sindaco di Lodi, attraverso una delibera comunale, ha impedito a più di 200 bambini stranieri l’utilizzo dei servizi della mensa scolastica e dello scuolabus. Dall’inizio di quest’anno scolastico, i genitori di bambini stranieri, oltre all’ISEE, devono presentare anche documentazione che attesti la loro nullatenenza nel Paese d’origine.

La situazione creata dalla delibera è discriminatoria, perché mette su due piani diversi bambini che sono quasi tutti nati in Italia, sulla base delle origini dei genitori e perché richiede documenti molto difficili da ottenere. Tante famiglie non hanno, perciò, potuto fornire questa documentazione e, di conseguenza, sono state inserite nella fascia di reddito più alta, pur non facendone realmente parte. Molte di queste, infatti, non si possono permettere le cifre richieste e, di conseguenza, i bambini non possono usufruire dei servizi. Fortunatamente è intervenuto il comitato Coordinamento Uguali Doveri avviando una raccolta fondi per supportare economicamente queste famiglie.

Nel giro di pochi giorni la cifra di 60.000€, necessaria per coprire le spese delle famiglie straniere di Lodi, è stata raggiunta e, addirittura, superata: il totale si aggira intorno ai 90.000€. La lezione di Lodi è, perciò, che la beneficienza volontaria produce ottimi risultati, anche sopra le attese. Non si tratta di un caso raro: spesso le raccolte fondi raggiungono e superano il loro obiettivo. E’ forse l’abitudine a questa situazione che non ha mai permesso lo svilupparsi di una seria e propositiva riflessione sull’argomento. Accanto alla beneficienza volontaria, c’è la presenza molto più ingombrante di quella non volontaria, o coercitiva: la tassazione. Ogni persona con un reddito, infatti, è costretta – per legge – a devolvere parte del suo stipendio per finanziare il Welfare State. Nella situazione attuale, da una parte vi sono i contribuenti che vedono dilapidarsi il frutto del loro lavoro e dei loro risparmi e dall’altra vi è una struttura statale dedicata all’assistenza dei bisognosi molto inefficiente: così come ci sono tanti sprechi, ci sono tanti individui e famiglie che rimangono tagliati fuori, nonostante la necessità.

Ciò che è successo a Lodi, perciò, impone di riflettere e rivedere il modo in cui la politica e l’opinione pubblica intendono la tassazione: nel migliore dei mondi possibili, i membri di una società contribuirebbero volontariamente per sostenere il sistema assistenziale, ribaltandone l’inefficienza e, soprattutto, concedendo opportunità per tutti, attraverso un reale spirito egualitario. Appare ovvio che questa via non sia realizzabile, ma ciò non significa che non si possa pensare a nuove possibilità. La storia lo insegna: non c’è civiltà che non abbia tassato e la tassazione risponde perfettamente al Lindy Effect – ciò che è esistito per lungo tempo ha più possibilità di sopravvivere anche in futuro – ma non sempre è stata coercitiva e quando lo è stata era perlopiù introdotta, e poi successivamente eliminata, per finanziare le spese belliche. Ci sono, dunque, esempi storici dell’esistenza della tassazione volontaria (si pensi alle poleis greche), così come della coesistenza tra tassazione volontaria e coercitiva (antica Roma).

Sebbene la soluzione “estrema” sia effettivamente irrealizzabile, è possibile e anche auspicabile che si sviluppi una seria riflessione sul tema, non solo all’interno di circoli politici e culturali ristretti, ma anche nell’opinione pubblica e nel panorama politico nazionale. Con la speranza che questo dibattito si apra al più presto, con la discussione di nuove possibilità, ci si augura anche che i fatti di Lodi invitino i rappresentanti delle istituzioni a riflettere sul numero ancora troppo elevato di servizi forniti dal pubblico, finanziati dalla tassazione e, soprattutto, soggetti alla discrezione di politici e funzionari pubblici che possono, come a Lodi, introdurre politiche discriminatorie e ingiuste.

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