19
Mag
2009

La Corte di Giustizia Europea ed i problemi delle farmacie italiane

La Corte di giustizia si è pronunciata oggi su due serie di cause relative al regime di proprietà delle farmacie previsto dalle normative italiana e tedesca, le quali prevedono che gli esercizi di vendita dei medicinali possano essere posseduti soltanto da farmacisti.

Le cause tedesche (C-171/07 e C-172/07, Apothekerkammer des Saarlandes), a cui quella italiana è stata riunita, vertevano sulla possibilità, non prevista dalla normativa tedesca, che soggetti diversi dal farmacista aprissero un esercizio – la vicenda trae origine dall’obiezione di legittimità sollevata dai farmacisti del Land della Saar contro l’autorizzazione accordata dal il ministero alla DocMorris, società per azioni olandese, a gestire una succursale della catena a Saarbrücken.

La Corte di Giustizia afferma che questo “non viola il diritto comunitario poiché la restrizione apportata alla libertà di stabilimento è giustificata dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica”, poiché “a suo avviso, il divieto imposto ai non farmacisti di possedere e gestire una farmacia è atto a conseguire tale obiettivo poiché esso è tale da garantire un rifornimento di farmaci alla popolazione che offre garanzie sufficienti in materia di qualità e di varietà”, e ripiega sul diffuso argomento della “natura particolare del bene-farmaco”, il quale necessiterebbe particolari forme di mediazione.

Il senatore del Pdl Antonio Tomassini, Presidente della Commissione Sanità, dichiara:

Esprimo la mia più viva soddisfazione per la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che rende finalmente giustizia alla situazione delle farmacie in Italia. Una sentenza che legittima la legge italiana che riserva ai soli farmacisti la titolarità e l’esercizio delle farmacie

Ricordiamo però che la normativa italiana considera “farmacisti” in grado di avviare una farmacia non coloro che hanno conseguito una laurea in farmacia, hanno sostenuto un tirocinio e sono stati abilitati all’esercizio della professione farmaceutica in seguito al superamento di un esame di stato, bensì i titolari di licenze farmaceutiche numericamente limitate. Queste vengono assegnate in base ad una pianta organica, secondo un modello di regolazione istituito nel 1913 da Giolitti, ma totalmente inadeguato alle necessità, al modello di consumi ed all’informazione di consumatori ed operatori di oggi.

Per capirsi, alcuni dati:

  • In circa l’80% dei comuni italiani c’è una sola farmacia: un terzo dei nostri concittadini si trova di fronte ad un monopolista nel momento in cui ha bisogno di un bene importante come un farmaco.
  • Il 28,8% dei comuni con meno di 3000 abitanti non ha una farmacia.
  • Un anno dopo la liberalizzazione dei farmaci da banco, che costituiscono il solo 10% del mercato, erano già state aperte circa 1.664 parafarmacie – sintomo di una ampia domanda insoddisfatta.
  • Le farmacie in Italia sono circa 17.000.  I laureati in farmacia, iscritti all’Albo dei farmacisti sono 75.000.  Circa 35.000 lavorano alle dipendenze di altri farmacisti

Ci troviamo di fronte quindi all’incontro mancato fra un’importante domanda insoddisfatta ed il capitale umano necessario per soddisfarla, a causa di una normativa che impone un modello anticoncorrenziale. E che danneggia una tipologia di consumatori delicatissima: coloro cioè che hanno bisogno di farmaci.

Anche accettando il ragionamento della Corte sulla natura atipica del bene-farmaco, è un non sequitur affermare che la garanzia della qualità del servizio di erogazione di farmaci sia subordinata all’ottenimento di una licenza.

3 Responses

  1. Todaro

    L’articolo mi pare msitificante: la domanda era cosi’ insoddisfatta che moltisisme parafarmacie chiudono per scarsa redditivita’ (tradotto: i clienti non ci vanno) e i farmacisti nei corner hanno stipendi da fame (eppure la GDO TUTTA, compreso Coop, se ne vuole sbarazzare). I 75000 farmacisti hanno tutti un lavoro ed anzi spesso chi cerca un farmacista fa fatica a trovarlo (la disoccupazione del settore, caso quasi unico, e’ solo frizionale: come dire esiste il pieno impiego)
    cordialmente

  2. vale

    si! noi, farmacisti-schiavi collaboratori abbiamo tutti un lavoro ma abbiamo uno stipendio da fame. vergognatevi avidi signori titolari!Dare una paga adeguata è una questione di giustizia e civiltà ma voi ostinatamente ed egoisticamente continuate a non considerare le nostre richieste.spiegatemi perchè un farmacista collaboratore in Francia percepisce 1000 euro più di noi, per non parlare dei nostri colleghi svizzeri e inglesi!ah dimenticavo siamo in Italia e qui lobbies e mafie imperversano sovrane. altro che paese civile e democratico

  3. s.c

    Io non capisco.
    Premetto che io non sono un farmacista, ne ho una farmacia.
    Qualunque farmacista, iscritto all’ordine, che abbia sostenuto un tirocinio e sia abilitato all’esercizio della professione farmaceutica, può comprarsi una farmacia.
    Sicuramente acquistare una farmacia ha un costo, come ha un costo acquistare un impresa di costruzioni, una tabaccheria, un ristorante, etc..
    Inoltre per chi vuole comprare una farmacia vi sono degli istituti di credito che finanziano l’eventuale acquirente.
    Il problema è un altro.
    Quei politici che insistono nel liberalizzare sono gli stessi che ne trarrebbero vantaggio, d’altro canto anche quei politici che non vogliono liberalizzare le farmacie hanno un interesse per non farlo.
    Io ricordo con nostalgia, le macellerie vicino casa, le edicole, le piccole falegnamerie, le lavanderie, i piccoli negozi alimentari, i negozi di eletrodomestici ecc.. bene tutte queste attività sono state ingurgitate dalla grande distribuzione, la quale ha fatto chiudere tutti questi esercizi commerciali, assumendosi magari lo stesso personale impiegato ma con stipendi da fame.
    Ma è mai possibile che noi cittadini che scriviamo, non ci rendiamo conto che le liberalizzazioni vengo spinte solo da grossi gruppi commerciali.
    Se liberalizzano chiuderanno le farmaci e le parafarmacie, rimarranno solo i corner nei centri commericali, si creeranno catene di farmacie in mano a grossi gruppi industriali i quali creeranno un monopolio, proprio come esiste nella Grande distribuzione, ed i prezzi li faranno loro da monopolisti, non più lo stato e saranno sempre più alti per i cittadini.
    I farmaci non sono caramelle, vanno gestiti con sentimento.
    Inoltre uno stato serio, se ha voglia di liberalizzare, dovrebbe sospendere la vendita delle attività da liberalizzare. mi spiego meglio: Se un farmacista acquista una farmacia, paga le tasse per l’acuisto e paga un valore piuttosto elevato per la rendita di posizione che attualmente hanno le farmacia. Se lo stato dopo 6 mesi 1 anno liberalizza le farmacie, difatto arreca un enorme danno a quel farmacista che magari si è indebitato con tutta la sua famiglia per comprare la farmacia.
    E se siamo tutti uguali davanti allo stato questo non può accadere.

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