12
Nov
2013

Il surplus tedesco e l’infrazione Ue: una grande occasione per ragionare e cambiare, non per insultarsi

Mercoledì la Commissione Europea apre formalmente il dibattito su un punto che, sul Messaggero, da tempo sono stato tra i primi a sollevare. Si tratta di una questione molto delicata. Perché riguarda la coesione europea e il pieno rispetto delle regole europee. Quelle regole alle quali, giustamente, da anni i Paesi eurodeboli – come l’Italia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda – vengono costantemente richiamati. Solo che questa volta non si tratta di verificare gli estremi di una violazione posta in essere da qualcuno di loro. Si parla della Germania. Ed evidentemente la cosa fa alzare immediatamente la temperatura politica. Perché la Germania è il Paese leader dell’euroarea, ha i bilanci pubblici in regola con un deficit di poco superiore allo 0% del Pil, e per quanto sia salito anche il suo debito pubblico nella crisi di questi anni, è comunque più basso del nostro di 50 punti di Pil.

Come è evidente, non siamo affatto gli unici a conoscere l’esistenza della regola europea violata. La spiegazione è un’altra. La politica italiana, quella di Parigi, e dell’intero blocco dei Paesi eurodeboli a cominciare dalla Spagna, si sente – ed è, inutile girarci intorno – tanto debole, sia pure per ragioni diverse, da preferire non ingaggiare un confronto diretto con Berlino, con la cancelliera Merkel, e con gli stessi socialdemocratici che, da ex forza di opposizione, sconfitti alle urne stanno ora trattando un patto di coalizione proprio con la Merkel. Tuttavia il problema esiste. Lo ha prima solevato il Tesoro statunitense. Ieri il silenzio è stato rotto dal commissario europeo agli affari economici Olli Rehn, e a questo punto il nodo va affrontato.

La regola in questione, in attuazione dell’articolo 121-2 del Trattato che attribuisce al Consiglio Europeo il potere di emanare raccomandazioni a ogni Stato membro, sulla base di proposte e di analisi fatte dalla Commissione esaminando le politiche economiche nazionali di ciascuno, riguarda gli squilibri della posizione netta sull’estero dei Paesi membri. La procedura d’infrazione, con tanto di eventuali sanzioni proporzionate al Pil, scatta se i Paesi registrano o un deficit eccessivo sull’estero di parte corrente, superiore al 4% del Pil sommando le partite commerciali e quelle di trasferimenti di redditi e rimesse, oppure un surplus troppo elevato, superiore per tre anni al 6% del Pil. Il dato di fatto è che la Germania va oltre quella soglia dal 2007, ogni anno.

Quando il Tesoro statunitense, due settimane fa, ha posto il problema, si è giustamente guardato dal richiamare al rispetto di una norma europea. Ne ha fatto una questione generale, e la politica come i media germanici hanno reagito con fastidio e qualche punta di stizza, pregando Obama di badare ai fatti suoi, visto che in Congresso non riesce a raggiungere alcun accordo strutturale con l’opposizione repubblicana su come ridurre il debito pubblico. Ma la regola di cui stiamo parlando è stata posta nel set di norme europee proprio perché gli squilibri sull’estero dei membri finiscono per esercitare effetti sistemici. E questi effetti sono tanto più rilevanti se il Paese in questione è quello leader. E’ esattamente questo l’argomento sostenuto ieri da Rehn. Che non a caso ha accompagnato il caso tedesco alla renitenza a riforme incisive sin qui mostrata dalla Francia, altro paese membro la cui forza e impatto sull’Unione monetaria è molto significativa.

La difficoltà ora è quella di evitare che la vicenda assuma significati impropri. E’ molto probabile che media e opinioni pubbliche, nei Paesi stremati da fisco e recessione come l’Italia, cadano nel riflesso condizionato del “dagli al tedesco”. Vedi oggi il tono usato da grillo verso Letta, definito “un Quisling fantoccio dei etdeschi”. Sarebbe un errore gigantesco, sprofondare in questi toni. E non è soplo un rischio italiano. Se ne sono visti i segni, in questi giorni, anche su testate autorevolissime, come il Wall Street Journal che ha pubblicato opinioni pregiudizialmente a favore del fatto che il surplus tedesco non danneggi certo gli eurodeboli, e il Financial Times o il Daily Telegraph i cui commentatori la pensano invece esattamente all’opposto. In piccolissimo, io stesso ho amici tedeschi che, dopo anni da me trascorsi a polemizzare contro i mancati tagli a spesa pubblica e tasse italiane e le mancate riforme per alzare la produttività- idee alle quali non rinuncio –  mi han chiesto se per caso non mi abbia dato di volta il cervello, sollevando il problema germanico.

Al contrario, bisogna fare tutto il giusto e il possibile perché le regole vengano rispettate. In altre parole, la Commissione dovrà valutare quanto del surplus tedesco in questi anni derivi dalla forza oggettiva delle sue esportazioni, quanto dai flussi di capitale interni ed esterni all’euroarea verso un paese considerato ancora di sicurezza, quanto poi di questi flussi verso gli intermediari bancari germanici abbiano a propria volta influito sostenendo e alimentando le diverse “bolle” degli eurodeboli, prima del 2011.

Il surplus tedesco non è solo mera espressione di forza economica, perché in quel caso si deve solo rendere omaggio alle riforme che i tedeschi hanno fatto – nella finanza pubblica, nel mercato del lavoro e nel welfare – prima e meglio di noi, quando erano il grande malato europeo e seppero rimettersi in piedi. Ma il surplus sale anche per il fatto che il tasso di cambio dell’euro viene temperato verso il basso dalla recessione e dai guai degli eurodeboli, e per l’asimmetria esistente tra eurodeboli ed euroforti non solo nel tasso di cambio ma anche quanto a tasso d’inflazione, visto che gli eurodeboli devono evitare di finire a prezzi negativi mentre l’economia tedesca avrebbe bisogno di un tasso d’interesse più elevato del nostro, vista la sua maggior forza.

Ed è esattamente per queste persistenti asimmetrie del ciclo economico tra deboli e forti, che al Consiglio della BCE della settimana scorsa tedeschi, austriaci e olandesi hanno votato contro il taglio dei tassi proposto da Draghi. Non per cattiveria o perché ci odino, ma perché oggettivamente gli interessi nazionali di chi marcia più spedito sono diversi da quelli di chi giace a terra. Nei grandi Paesi che in passato hanno registrato forti surplus, come il Giappone che pure finì in stagnazione per vent’anni, quasi sempre il riallineamento avviene sotto la spinta del tasso di cambio. Da noi, per gli eurodeboli, l’unica compensazione possibile – per chi non capisce che bisogna rapidamente alzare la produttività e alleggerire la mano del fisco – è la svalutazione del potere reale dei redditi, salari e pensioni. Ma così facendo oltre una certa misura sono le opinioni pubbliche, a ribellarsi nelle urne.

Nessuno può pensare che Berlino voglia in un batter d’occhio alzare salari e pensioni, per “tirare” più importazioni dai Paesi deboli dell’euro. Non è troppo utile neppure illudersi sulla posizione della Spd, visto che le indiscrezioni la vogliono d’accordo con la Merkel nel negare fondi europei dell’ESM alla vigilanza sull’Unione bancaria esercitata dal 2014 dalla BCE. E nel negare altresì che su eventuali salvataggi e fallimenti bancari sia la Commissione ad aver voce in capitolo, invece dei governi nel Consiglio europeo. Ciò malgrado, un confronto serio e ragionevole con Berlino sul suo surplus costituisce una grande occasione: tutti insieme, nella ragionevolezza dei toni, per far fare un passo avanti a un’Europa che oggi è ancora molto lontana dall’aver raggiunto regole che la rendano un’acquisizione stabile davvero, nel tempo e sui mercati. Certo: credere che vinca la ragionevolezza, visto i tempi, è sempre un esercizio di sfrenato ottimismo.

 

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5 Responses

  1. Francesco_P

    1) Le regole europee sono spesso (quasi sempre) il parto di fantasie malate di burocrazia. Assurdo limitare gli squilibri della bilancia dei pagamenti, a maggior ragione se c’è un surplus.
    2) In Europa nessuno ha la forza per contestare la Germania. Eppure la Germania persegue con determinazione la politica della esportazione dei suoi prodotti verso gli altri mercati europei favorita dall’euro, moneta “forte” compatibile con la sua economia, ma non con quella degli altri Stati dell’area euro. La Germania può farla da padrona e accentrare su di se le produzioni a maggiore valore aggiunto grazie al “marco-europeo” o euro che dir si voglia.
    3) Perché gli USA non si fanno i fatti loro con l’Europa? Per via del Caso Snowden. La Germania ha approfittato della situazione subito, sollevando un gran polverone antiamericano e minacciando di far fallire sul nascere gli accordi di libero scambio fra le due sponde dell’Atlantico. Guarda caso, se fossero messi in atto gli accordi, la Germania soffrirebbe una diminuzione della sua bilancia commerciale verso gli USA e il Canada, pur a fronte di un aumento dei flussi.
    Secondo il mio modesto parere, in Europa l’arbitro è sfacciatamente casalingo. In più l’Italia fa di tutto e di più per farsi assegnare il “cartellino rosso” dopo aver subito un clamoroso fallo, proprio come fa Balotelli.

  2. Piero

    se salta Euro nn gli paghiamo (o gli paghiamo in Lire/Pesos) 800 mld euro di crediti commercialti target 2 solo formalmente pagati dal Sud alla Germania..
    eppoi le nostre banche han sì troppi Btp esposti al rischio.. ma la nostra leva bancaria media è 15 contro quella 30/35 Formale di Db/Commerz (figuriamoci il reale).. Se sarà necessario Quelli del 2011 (gli Americani che facevan le critiche al surplus menzionate nell’articolo) la prox volta cambieranno obiettivo : andranno dritti al cuore cioè in Germania e scopriranno che anche loro han fragili banche.. è così che se sarà necessario s-bloccheranno l’Unione Bancaria Europea.. il pallino nn stà qui.. stà dall’altra parte dell’oceano..

  3. adriano

    Lei ha fatto emergere dal subconscio la ragione politica per cui sono fisiologicamente contrario all’euro e a questa Europa.L’egemonia tedesca è inaccettabile.Se dobbiamo essere subalterni a qualcuno vado da un’altra parte.Una volta andava bene l’America,anche per riconoscenza.Oggi per convenienza preferisco la Russia.L’aveva intuito anche l’Innominabile,unica parvenza di intelligenza strategica in questo parco dove i buoi si credono dei tori.Vendiamo gli asset strategici da posizione geografica e cambiamo alleanze.Almeno loro hanno le materie prime che ci servono.Adottiamo il rublo se proprio non possiamo frenare la fregola di avere una moneta che non ci appartiene ma il padrone tedesco no.Non dicono in tanti che ci vuole una scossa?

  4. Rodolfo

    Egregio Giannino,come osservato dai media americani, fra piu’ di sei mesi la commissione europea scoprira’ che la maggior parte del surplus tedesco si ha nei confronti Di paesi extraeuropei, che il costo del lavoro in Italia e Francia e’ troppo elevato causa bassa produttivita(leggi i media francesi), non ci sara’ alcuna sanzione.Grazie al surplus tedesco l’ Europa e’ in posizione creditoria e dunque entrano flussi Di denaro per investmenti.Draghi ora non puo’ abbassare il costo del denaro sotto 0, ricordi il Giappone?

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