26
Giu
2009

Il governo sottovaluta, temo

Reduce dalla sedicesima assemblea provinciale di imprenditori in poco più di due mesi,  era a Lecco dopo Lucca, Ancona, Brescia, Mantova, Piacenza, Padova, Rimini, Fermo, Milano, Alessandria e continuando, temo di avere proprio un’impressione dominante. Il governo sottovaluta la legnata in corso di incassamento da parte delle imprese, le manifatturiere esportatrici indebitate perché più avevano creduto nell’export, e soprattutto quelle che hanno capofiliere germaniche in testa, alle quali offrono semilavorati e componentistica. Dovunque, nella fascia pedemtonana del Nord come in quella adriatica fino all’Abruzzo, il pianto è greco, i dati sconfortanti, le prospettive peggio che atre.

Vedremo le misure nuove annunciate dal governo tra poche ore, col decreto che introduce la Tremonti- ter – oggi le mie orecchie l’hanno sentita fare a pezzi tra diluvi di applausi polemici a Lecco, dove pure la maggioranza nettissima è per PdL-Lega, al grido “ma chi farà utili da reinvestire, quest’anno?” –  il bonus a chi non licenzia, e via continuando. Ma mi sembra sempre più che il problema del baratro che si apre sotto i piedi di migliaia di imprese manifatturiere esportatrici non si possa colmare solo con palliativi prenditempo. E’ l’ora di una strategia di interventi strutturali, per un quadro pluriennale di riduzione del gap che grava sulla terribile triade costo del lavoro- energia- tasse. Reggere a venti o trenta punti di svantaggio competitivo su questi tre input, quando i concorrenti europei si avvantaggiano purtroppo di interventi statuali assai più generosi o di condizioni standard più favorevoli all’impresa, significa condannarsi ad anni di crescita flat e a una vera e propria morìa di aziende.

Non è solo la previdenza da rimodulare, in un quadro pluriennale, per liberare risorse dalla spesa pubblica superiore al 50% del Pil. Occorre un trade off tra maggior reddito disponibile ai lavoratori e più produttività alle imprese – non basta la decontribuzione poco più che simbolica del salario di produttività varata l’anno scorso – e nei 4 anni che ci separano dal federalismo fiscale attuato, annunciare sin d’ora che sparirà del tutto l’Irap e che la spesa sanitaria sarà ricondotta per tutti allo standard lombardo-veneto. Il che significa aggredire bubboni come quello campano, siciliano e calabro, che nulla hanno a che vedere con lo standard di servizio offerto ma solo con l’assistenzialismo di chi assume migliaia di dipendenti pubblici senza altro scopo che clientelismo.   La dimensione della spesa pubblica da abbattere è nell’ordine di 50 miliardi di euro. Una cifra analoga a quella che Passera vuole spendere in più ogni anno. Io sono per spenderla in meno, se vogliamo con meno tasse che le imprese vivano. Altrimenti, per carità, l’Italia non fallirà. Anni di declino resi meno evidenti dal troppo elevato stock patrimoniale di ricchezza delle famiglie: quello che Tremonti e Marco Fortis lodano come uno dei maggiori motivi di forza dell’Italia, e che io considero invece una classica e massiccia allocazione improduttiva di risorse finanziarie sottratte alla crescita.

You may also like

Punto e capo n. 46
La riforma fiscale: dopo il cattivo esempio i buoni (?) consigli
Quest’estate andremo tutti al cinema?
Taglio del cuneo fiscale: utile, ma non risolutivo

11 Responses

  1. Stefano Nobile

    Completamente d’accordo; non esiste momento più favorevole di questo periodo di crisi (peraltro non ancora giunta al suo punto più basso, temo) per fare le riforme che aspettiamo da anni. Giù le tasse subito, via il sostituto d’imposta, più trasparenza, più mercato. E meno potere alle banche.

  2. Paolo

    Caro Giannino
    Lei ha ragione. Purtroppo pero’ ho l’impressione che Tremonti agisca da freno e
    mi sembra una costante del suo agire, fin dal 2001. Ad esempio si e’ sempre scagliato
    contro l’IRAP, pero’ non ha mai fatto nessun tentativo serio di abolirla.
    Come mai ?

  3. Massimiliano

    Non è che il governo sottovaluti; il governo sbaglia.

    Per rilanciare l’economia bisogna aiutare le imprese, magari con una specie di Confidi gestito direttamente dallo Stato, e non finanzaindo le banche nell “speranza” che questi fondi vadano poi alle imprese.

    E poi: hai voglia di detassare gli utili reinvestiti, se solo qualcuni li facesse!

    Innanzitutto bisogna alleggerire il costo del lavoro, ed allora via ad IRAP e studi settore (la vergogna sommata allo schifo).

    Quanti imprese, la maggior parte piccole, spesso devono scegliere tra pagare tasse e/o contributi oppure i propri dipendenti e/o i fornitori? Ed allora sì ad un minor carico fiscale, ma anche alla possibilità per saldare ratealmente i vari debiti con l’erario senza tanti parametri da strizzacervelli.

    Secondo Lei, Dott, Giannino, quante ditte chiuderanno a fine settembre o fine Gennaio (quando, come di consueto nei pagamanti tra imprese, si trovano le scadenze doppie per l’esclusione dei mesi precedenti)?

    Inoltre: ne darà voce con la Sua prossima avventura a Radio24?

    Con sempre crescente stima,

    Massimiliano

  4. stefano

    ma perchè gli imprenditori…che son l’unica categoria in italia capace di creare ricchezza (lo stato, si sa,….altre entrate non ha) non scioperano ??
    Imprenditori e lavoratori uniti !

    E’ forse l’ultima ed unica arma che ci rimane per far capir qualcosa ai politici, ai banchieri e a tutti colori che vivono, prosperano e sperperano grazie a soldi non loro, creati dalle piccole e medie imprese sane.
    Devono capire quanta fatica si fa, quanto è difficile creare ricchezza nel mondo manifatturiero nel contesto sociale italiano.

    L’imprenditore deve riappropiarsi del diritto di co-gestione della ricchezza da lui creata. ….parlo di imprenditori veri, quelli che sono il motore dell’economia italiana…non di imprenditori politicamente sponsorizzati e finanziati.

    Politici, banchieri ed una classe dirigenziale statale che, prendendo spunto dal “giorno della civetta” di Sciascia ha forse il proprio valor medio nell’intorno degli ominicchi (leggere il romanzo per sapere cosa viene subito dopo di loro, nella classificazione degli uomini che ad un certo punto viene fatta)
    E non è questione di esser di destra o di sinistra……….basta semplicemente guardare, accanto alla storia della piccola e media imprenditoria italiana, la storia pluridecennale di malgestione statale.

    Non so se in italia si pagan troppe tasse o poche tasse, non so le le pagan tutti o le pagano in pochi…mi sembra evidente che la ricchezza creata è stata però fin’ora abbastanza per alimentare con continuità lo scempio di sperperi, di ogni genere, decennali, oltre che tutto il carrozzone pobblico….e quindi mi sembra che tutto ciò che è stato versato e si versa sia sufficiente

    Per tornare al romanzo di Sciascia, all’ultimo gradino rimarrebbero i quacquaracquà….vediamo di non scendere fino a lì…anche perchè a vedere chi viene appena prima di loro (e subito dopo gli ominicchi) saremmo veramente messi male.
    cordiali saluti
    stefano

  5. Oscar Giannino

    Se è per questo, ohimé anche in Confindustria a credere all’bolizione dell’IRAP come obiettivo essenziale sono in pochi…. l’uscita esplicita della presidente dei giovani Federica Guidi, su questo, a Santa Margherita, ha provocato più fastidio che consensi tra i seniores…e Giulio purtroppo lo sa bene

  6. Oscar Giannino

    Ci può contare! ieri pomeriggio ero a Lecco, alla Confapi. anche lì, preannunci di chiusure a decine. In autunno rischiamo un’ondata, per alcune migliaia di piccole manifatturiere lo spazio di sopravvivenza si restringe settimana dopo settimana, i dati dicono questo, purtroppo, e non è un male che si curi con l’ottimismo di maniera

  7. edoardo

    Io so di imprese fino a ieri perfettamente funzionanti che han ridotto il fatturato del 30% o più… gli imprenditori son davvero con l’acqua alla gola… per me la unica soluzione per loro è di prendere la decisione di aprire la produzione in Cina finanziamenti permettendo, evitando così il rischio di perdere i pochi volumi rimasti vacanti nel mercato e in prospettiva futura di essere pronti a riprendere i volumi persi quando la crisi finirà avendo prezzi aggressivi e potendo attrarre anche compratori con intenti modesti e prudenti… se non lo facciamo noi ci penseranno i Tedeschi e Americani dunque tanto vale…

  8. luigi zoppoli

    Al di là delle condivisibili considerazioni del so articolo, non ritiene che il governo che di certo ha le potenzialità di durare per l’intere legislatura dovrebbe sforzarsi di fare un salto culturale? E sprattutto, è credibile che sia in grado di farlo? Dopo oltre 12 msi di oscuramento, negazioni e sottovalutazioni…..
    luigi zoppoli

  9. Oscar Giannino

    Necessità di un cambio di passo: eccome se ce ne sarebbe bisogno, non vedo una vera consapevolezza del salto in avanti di produttività al quale occorrerebbe mirare, con incentivi all’uso dello stock patrimoniale e del reddito disponibile delle famiglie più … produttivi appunto

    probabilità che si verifichi, secodno me: bassa, purtroppo. la nube personale che grava su SB non aiuta per niente, già sarebbe difficile senza, ma in presenza di novità “personali” persistenti il focus politico inevitabilmente si sposta altrove, rispetto alle cose da fare, e va verso il “galleggiare”

  10. luigi zoppoli

    La ringrazio dott. Giannino ed apprezzo molto la sua onestà intellettuale ed il rigore della sua logica. Se mi permette una aggiunta, vorrei sottolineare che questo modello di governo con un uomo solo al comando, anzi due, mostra palesi limiti non supportato da alcuna squadra che sia all’altezza. Aggiungendo i limiti culturali di cui parlavo che hanno una imponente valenza politica, il risultato legittimamente ipotizzabile è davvero desolante.
    luigi zoppoli

Leave a Reply