24
Dic
2009

I numeri di Termini Imerese: 30 bn bruciati in 39 anni

Ho scartabellato un po’ di carte per tentare un conto approssimativo del dare e dell’avere pubblico sull’impianto Fiat di Termini Imerese. I risultati – da prendere con le molle, sono il primo ad ammetterlo, tuttavia vuol essere solo un tentativo per dare alla questione un minimo di base quantitativa – sono a mio giudizio raccapriccianti. La decisione di insediare a Termini Imerese produzione auto Fiat risale al… non ci crederete immagino: 1967! Le linee cominciarono a produrre nel febbraio 1970… in altre parole, tranne la “storica” Mirafiori, visto che Arese è stata chiusa e Pomigliano venne ereditata acquisendo Alfa dal favore ottenuto dall’Iri contro Ford, Termini è attualmente il più “antico” stabilimento Fiat in Italia. Cassino e Melfi vennero dopo. Fin dall’origine, l’azienda “condivise riluttante” – diciamo così – la pressione della politica, al fine di non guastare i rapporti con governi e sindacati, e di incamerare intanto i pingui incentivi allora legati al regime straordinario Casmez.
È noto che nessuno ha mai osato procedere con criteri rigorosamente contabili ad “attualizzare” in termini di valore presente gli aiuti pubblici a vario titolo concessi alla Fiat in oltre un secolo: l’argomento resta tabù nella storia industriale italiana. Ho provato di conseguenza a elaborare del tutto artigianalmente – grazie ad amici che in Iri negli anni 80 ricoprirono incarichi di vertice nella holding IRI e in alcune controllate – un rudimentale conto degli aiuti pubblici a Termini. Ho sommato gli incentivi fiscali e industriali dichiarati a tal fine da Casmez all’impianto e alla sua successiva gestione e sviluppo; i successivi fondi europei e di cofinanziamento nazionale ex obiettivo uno e due; gli stanziamenti nazionali e regionali per le infrastrutture relative di trasporto e logistica; mentre ho lasciato da parte gli incentivi creditizi da banche pubbliche ottenuti fino a fine regime Casmez, che avrebbero bisogno di riscontri in 20 anni di bilanci di banche ormai passate di mano; e altresì non ho computato le quote-parte di incentivi pubblici all’acquisto disposti anno per anno di specifici modelli prodotti negli anni a Termini Imerese, è infatti impossibile farlo senza un puntuale rendiconto anno per anno dei veicoli prodotti per modello da Termini stessa, cifre che sono nella disponibilità della sola Fiat Auto poiché non mi risulta vengano allegate disaggregate a bilancio. Ho poi proceduto ad attualizzare l’ammontare della somma in lire e poi euro per la rivalutazione nominale anno per anno intervenuta secondo l’Istat.
Ebbene, la cifra così rozzamente calcolata è sull’ordine dei 21 miliardi di euro.
Dopodiché ho elencato in una colonna distinta il contributo di gestione operativa che Termini ha dato ai conti Fiat Auto dacché lo stabilimento è in esercizio, e da questo ho ricavato la quota parte ai dividendi concessi agli azionisti, nonché la quota parte negativa di erosione del capitale coperta da aumenti di capitale intervenuti ad opera dei soci, negli anni. Ho sommato al netto il rendimento del capitale investito così corretto, che naturalmente ha segno negativo – il metodo è tecnicamente improprio perché si riferisce alla sola componente “pubblica” investita su Termini, prescindendo dall’apporto privato aziendale – al totale sommario degli incentivi che avevamo calcolato.  Ho poi provato a calcolare che cosa avrebbero fruttato in 39 anni l’equivalente di un totale di 21 miliardi di euro, investendoli in titoli di Stato per quota annua coincidente all’erogazione avvenuta. Spannometricamente, serve a capire qual è più o meno la creazione o distruzione di valore realizzata con i 21 miliardi offerti dal contribuente. Il risultato è desolante. Quei 21 miliardi sommati negli anni – in molti anni l’inflazione e i tassi erano molto alti – avrebbero creato oggi un tesoretto – mica tanto “-etto” – pari a circa 32 miliardi di euro attuali, in titoli di Stato.
Ha detto Marchionne a palazzo Chigi che a Termini non c’è alcun indotto auto. Una cosa è sicura: i trasporti e le infrastrutture non sono stati realizzati nei tempi previsti da Stato e Regione Sicilia malgrado le folli cifre spese, ma se non c’è indotto è stata l’azienda a non volerlo e a impedirne la nascita, in 37 anni di tempo. Gli attuali 1.700 occupati ci sono dunque costati come contribuenti almeno 21 miliardi di euro – e in realtà molti di più, viste le voci che mancano al conto completo. E con la chiusura definitiva dell’impianto avremo distrutto nel tempo valore per oltre 30 miliardi.
Sono all’incirca questi, come ordine di grandezza, i miei personalissimi conti del doppio disastro a Termini. Doppio perché il disastro accomuna la politica industriale statalista, e la politica aziendale del “prendi-i-soldi-e-scappa”. L’avvertenza obbligatoria è: so bene che legioni di storici aziendali accreditati ufficialmente, nonché di analisti compiacenti, direbbero che non è affatto vero e che ho le traveggole. Ma è al contrario la perenne opacità sul dare e sull’avere di Fiat nella storia italiana, il vero scandalo secondo me.

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13 Responses

  1. Mario

    La prima domanda è: se fiat avesse sin dall’inizio rinunciato all’impresa ci avrebbe perso o guadagnato? (lasciando ovviamente fuori le ricadute fra il collusivo e il ricattatorio di una gestione politica che ha visto fiat fra gli attori di un economia diciamo “alterarata”, colpevole come gli altri di accettarla)
    La seconda domanda: oggi allo stato attuale che conseguenze avrebbero le due scelte opposte di tenere aperto o chiudere? La Fiat è stupida ed autolesionista ad aprire in Serbia e a chiudere in Italia?
    “Prendi i soldi e scappa” contiene un giudizio di valore etico negativo molto alto, ma siamo sicuri che sia meno nobile del “perdi i soldi, rischia il fallimento e fatti salvare ma più ricattabile di prima?”

    Un saluto

    Mario

  2. Caro Giannino,
    la penso esattamente come te. Tralasciando la questione-porto (di cui è responsabile la Regione Sicilia) la Fiat non si è mai dedicata seriamente all’indotto di Termini. Quello che mi sono chiesto in una riflessione molto simile alla tua è stato: perchè non hanno implementato l’indotto di Termini PRIMA di aprire stabilimenti nuovi (con tutto integrato), come hanno fatto, successivamente, a Melfi? Prima di aprire nuovi stabilimenti conveniva “completare” la catena produttiva di quelli già avviati. Se l’avessero fatto, oggi Fiat non dovrebbe mandare i pezzi dagli altri stabilimenti e non parleremmo di costi aggiuntivi.
    Per quanto riguarda il porto, che senso ha chiudere Termini proprio ora che il porto sarà operativo? La Sicilia così avrà sperperato milioni (anche se con i suoi tempi…) per un porto di cui non si servirà nessuno. Certamente non l’azienda per cui è stato costruito. E’ assurdo.
    Fermo restando che Marchionne un anno fa si era impegnato a non chiudere Termini e con quella promessa si era intascato cinquecento milioni di euro… E ora vuole pure gli incentivi?!
    Cambiano i vertici ma la Fiat resta quella di sempre.

  3. Michele

    Ma secondo voi gli altri stabilimenti sono costati,costano e costeranno molto di meno rispetto a Termini Imerese???
    I soldi la Fiat li avrà sempre, dallo stato soprattutto. Solo gli operai saranno a pagare le decisioni scellerate di Governi compacienti,sindacati (aziendalisti) e regioni rassegnate al dare x avere. Dove ci porterà questo modo e metodo di fare impresa? Ragionate anche perchè dietro ogni decisione drastica vi è sempre un risvolto positivo per qualche altro………..

  4. Esiste un accordo scritto (vuole negare anche quello?), sarò all’antica, forse ingenuo, ma mi piace pensare che i contratti abbiano ancora un valore a questo mondo. E se anche il pagamento non è ancora avvenuto (cosa da verificare) resta il fatto che Marchionne già chiede gli incentivi pubblici per il nuovo anno. Certo, non vuole che siano visti come un regalo da parte dello Stato, ma sa benissimo di averne bisogno, proprio perchè i concorrenti europei ne stanno già ricevendo dai rispettivi governi. La differenza è che lui vuole quei soldi per produrre all’estero. Per carità, nulla in contrario, ma a patto che sia l’azienda a farsi carico di questa politica di mercato; pretendere di essere spalleggiati in questo da un governo nazionale (che ha altri interessi) è ridicolo. Non mi stupisco del fatto che Marchionne ci provi (è un tipo sveglio e sa bene che in Italia tutto è possibile), mi stupisco del fatto che nessuno gli risponda per le rime.

  5. Mario

    @Manfredi Pomar
    Sono due cose diverse:
    la fiat è a credito di circa 800ml fra cui i 600 relativi agli incentivi dello scorso anno, li ha anticipati, ma li otterrà prima o poi, certo con ulteriore svantaggio rispetto ai concorrenti che hanno nei mercati domestici avuto da subito i vantaggi (e non solo legati agli incentivi)

    I 500ml dell’accordo di programma per Termini Imerese, cui pensavo si riferisse, sono altra cosa, a quelli si riferivano xrò più commenti dal mondo politico e sindacale, e di quelli fiat al contrario di quanto sostenuto da alcuni, non ha beneficiato nè beneficerà.

    Detto ciò credo che se nessun altro è interessato ad aprire stabilimenti in Italia una ragione ci sarà, …forse al di la del “perfido profittatore” Marchionne.

  6. Certo che sono due cose diverse ma si tratta in entrambi i casi di soldi pubblici: nel primo caso sono del governo centrale, nel secondo della Regione. Ma in entrambi i casi si tratta di fondi che, essendo pubblici, vincolano in qualche maniera l’azione (come privato) della Fiat. Marchionne non può fare e disfare come crede lui, non finchè prende soldi pubblici. Se vuole operare da privato duro e puro per me è il benvenuto, ma allora lo faccia fino in fondo, non solo quando gli conviene.

    Termini come stabilimento è improduttivo perchè Fiat anzichè completare la filiera in Sicilia è andata a costruire stabilimenti nuovi (integrati) altrove, lasciando “monco” quello di Termini per oltre trent’anni. Se oggi le auto prodotte a Termini costano 1000 euro in più è proprio per questa ragione (alcuni pezzi arrivano dagli altri stabilimenti perchè non possono essere prodotti a Termini). Ora sarà a disposizione di Marchionne il porto (costruito appositamente per lo stabilimento) e lui che fa? Chiude la produzione. E una regione avrà buttato dalla finestra milioni di euro per un porto che non servirà più a nessuno.

    Mi gioco la camicia che negli anni a venire Marchionne troverà scuse per ridurre la produzione (prima) e chiudere anche gli altri stabilimenti italiani (poi). Per fare cosa? Aprirne all’estero.

  7. Mario

    @Manfredi Pomar

    allora c’è ancora confusione

    +800 ml fra incentivi etc… gov centrale – anticipati da fiat non ancora riscossi

    +500 ml “accordo di programma 2008” gov centrale – cancellati

    +400 ml misure x Termini, messi a disposizione dalla regione Sicilia pochi giorni fa per Termini Im … ovviamente non per fiat se chiude

    Allo stato attuale fiat sotto di 800ml e non e per nulla ingolosita dai 400 ai quali preferisce rinunciare…

    O assumiamo che Marchionne sia cretino o masochista o entrambe le cose, oppure accettiamo che per ragioni varie nel ns paese, non solo a Termini, ma purtroppo particolarmente lì, le condizioni di lavoro sono in perdita e non compensabili da promesse di investimenti tra il ricattatorio e l’assistito che permettono solo accanimenti terapeutici…
    Se nessun altro produttore ha aperto stabilimenti qui e nemmeno ci pensa, forse dovremmo mettere in discussione altro, la vecchia fiat collusiva si è quasi suicidata non accorgendosi che il mondo era cambiato continuando a seguire le vecchie regole bizantinesche del ns paese.
    Abbiamo ancora il tempo per costringerla a fallire poi tanto ci stracceremo le vesti e diremo che la colpa è sua, …se vogliamo questo ….

  8. Ho capito quello che dici ma sapere che gli 800 ml non sono ancora stati riscossi o che i 500 ml sono stati cancellati (questo è quello che sostiene Marchionne…) non cambia il concetto di fondo: quando Fiat riscuoterà gli incentivi dallo Stato (e capiterà) di fatto soldi pubblici finiranno nelle casse di Fiat. Mentre però negli altri Paesi europei le singole aziende tutelano la produzione nazionale, Fiat non farà lo stesso da noi: questo è il punto della questione. Forse allora sarebbe il caso che lo Stato facesse lo Stato e che la Fiat facesse l’azienda privata.

    Quando invece parlo del porto mi riferisco a tutti i milioni di euro spesi dalla Regione Sicilia non negli ultimi giorni, ma negli ultimi anni per la costruzione (ormai praticamente terminata) di una struttura che serviva proprio allo stabilimento. Ora che i lavori sono finiti nessuno se ne farà niente. Poter fare affidamento sul porto abbatterebbe in parte i costi (i famosi 1000 euro) perchè i componenti non dovranno più raggiungere Catania attraverso strade e ferrovie ma partiranno direttamente da Termini. E ripeto, se la Fiat avesse curato l’indotto di Termini nei precedenti trent’anni (così come ha poi fatto altrove) oggi la situazione sarebbe ben diversa. Sarebbe più corretto dire allora che la Fiat ha costretto Termini a fallire.

    Comunque buon Natale 🙂

  9. Davide

    Confrontare un po’ questi numeri magari può aiutare a capire meglio: 32 miliardi in 39 anni fanno 820 milioni all’anno.
    Per 2000-2500 dipendenti (al massimo dovrebbero essere stati 3200), facciamo anche 2500 in media, esagerando, fanno 328.000 euri all’anno di aiuti pubblici per ogni dipendente.
    Cioè i contribuenti hanno speso 328.000 euri per “mantenere l’occupazione” (poichè questa è la scusa) di ogni dipendente Fiat che ne avrà presi 10 volte meno a essere ottimisti.
    E, nonostante questo, Fiat è lo stesso in perdita e preferisce chiudere piuttosto che andare avanti così.
    A me sembrano numeri talmente fuori da ogni logica, talmente assurdi, che non so neanche cosa dire.
    Non so se ci si rende conto di quanta ricchezza abbiano distrutto e tuttora distruggano gli ingegneri sociali governativi con i loro geniali interventi per lo “sviluppo economico”, come recita il nome stesso del ministero (che non dovrebbe nemmeno esistere: se c’è di mezzo un ministero, avremo la distruzione dell’economia, non il suo sviluppo. E fatti come questi lo dimostrano “sul campo”).
    E poi vogliamo dircela una cosa? Tutto sto casino per 1700 dipendenti Fiat a Termini e 22.000 in totale? Sembra che mezza Italia, mezza Torino, mezza Sicilia debba rimanere disoccupata. Bah.

  10. Pietro M.

    L’Italia funziona così: invece di produrre ricchezza, si rubano soldi al contribuente per coprire le perdite. Il risultato, ovvio, è che produrre ricchezza non conviene. L’Italia funziona da mezzo secolo sugli stessi principi con cui i mercati finanziari funzionano da due decenni: se c’è un problema, coprire le perdite. Cambia il meccanismo: aiuti pubblici o politiche anticicliche, ma non il principio. Io sono fiero che l’Italia sia all’avanguardia in qualcosa: finalmente non siamo il fanalino di coda del mondo, e finalmente gli USA guardano a noi come un modello. Anche l’URSS l’avrebbe fatto, se fosse sopravvissuta. 😀

  11. armando

    @ manfredi pomar
    Mi gioco la camicia che negli anni a venire Marchionne troverà scuse per ridurre la produzione (prima) e chiudere anche gli altri stabilimenti italiani (poi). Per fare cosa? Aprirne all’estero.

    per me lo sta gia facendo

  12. luigi zoppoli

    Fermo restando che gli aiuti pubblici dispensati a piene mani a FIAT ed altri da decenni sono una iattura che deve finire. Quando finirà, e mi auguro subito, la presenza di impianti FIAT in Italia è a rischio. Senza che per questo lo Stato riapra le casse, per FIAT e per migliaia di altre imprese, sarebbe il caso, finalmente, di creare condizioni di contesto che permettano una sana operatività delle imprese.

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