13
Giu
2015

Grexit: meglio una fascia di oscillazione su €, piantatela di dire che ITA non rischia nulla

Lo Zimbawbe, paese fallito da 28 anni sotto il regime del presidente Robert Mugabe, ieri si è arreso. Travolto da un’inflazione a 9 cifre cifre, ha deliberato che da lunedì la moneta locale inizierà a sparire, cosa che avverrà definitivamente entro settembre. E sarà trasformata in dollari americani. Al cambio di 1 dollaro USA per 35 quadrilioni della moneta locale. Un quadrilione sono 1 milione di miliardi, 35 quadrilioni sono dunque 35 milioni di miliardi: per un dollaro USA. L’ultima banconota della banca centrale dello Zimbawbe aveva un valore facciale di 100 trilioni, cioè 100mila miliardi. La domanda che si ponevano ieri alcuni giornali europei, annunciando la notizia africana, era scontata: la Grecia come lo Zimbawbe?

La settimana prossima è decisiva, dicono. Ma scappa da ridere a pensarlo, a 6 mesi dalle elezioni greche e di inconcludente balletto tra Alexis Tsipras con i vertici della Ue, della Bce e del Fondo Monetario Internazionale. In ogni caso, lunedì Draghi ha un’audizione al parlamento europeo, martedì si riuniscono gli sherpa che preparano l’eurogruppo di giovedì, e infine venerdì c’è l’Ecofin. Se non si trova l’accordo con Atene, l’ultima istanza è il Consiglio Europeo del 25 e 26 giugno. Dopodiché, senza accordo la Grecia non paga il miliardo e 600 milioni di dollari che deve al FMI, né a luglio e agosto i 6,8 miliardi di euro che deve alla BCE. E la Grecia va in default, fallisce. Detta così significa però poco o nulla: tutto dipende da “come” fallisce. Ma prima di arrivare a quello, verifichiamo le ipotesi.

Washington. Obama non si capacita che gli europei siano così tonti dal non risolvere il problema dell’eccesso di debito di un membro che vale meno del 2% del Pil dell’euroarea. Putin si precipiterebbe a spalancare le braccia a Tsipras. Per la Casa Bianca è inaccettabile Indebolire il fianco sud della NATO mentre l’UE nicchia sulle sanzioni a Putin, e il caos mediorientale tra Siria, Iraq ed espansione dell’Isis non è minimamente sotto controllo da parte dell’arrabbattata coalizione “aerea” (nel senso che agisce solo bombardando sporadicamente dal cielo) messa in piedi da Obama. Ma è anche vero che sin qui Washington ha fatto mille appelli, ma non ha tirato fuori in dollaro.

FMI. Si è rotto le scatole dell’inconcludenza della Ue. Da almeno tre mesi ha capito che Atene non cede affatto alle richieste di rigore, e che in queste condizioni è inutile perder tempo: l’istituzione multilaterale guidata da Christine Lagarde altri soldi non li mette. Il messaggio è alla cancelleria tedesca: Berlino si prenda la responsabilità di una scelta.

Merkel. Dicono che vorrebbe un accordo anche, ormai, assai poco rigoroso, per concedere ad Atene una prima tranche di 7,2 miliardi di euro di aiuti. Ma ha tre problemi. Nei sondaggi sui tabloid popolari germanici, ormai i tedeschi che vogliono Atene fuori dall’euro hanno superato il 50%. Il tosto ministro delle Finanze Schaueble è ormai della stessa idea, non è stato coinvolto dalla Merkel negli ultimi incontri con Tsipras, e si è incupito non poco. In più, nella CSU ma ormai anche nella CDU la fronda anti-greca conta una settantina di parlamentari. E in caso di aiuti, il Bundestag dovrebbe pronunciarsi, perché in Germania non si dà un cent in più all’Europa senza voto parlamentare (santo principio). Ergo la Merkel deve riuscire a piegare Tsipras almeno su qualche punto di fondo, altrimenti rischia schizzi copiosi di fango a casa sua.

Syriza. E’ inchiodata. Quanto più Tsipras è duro nei negoziati, tanto più cresce nei sondaggi. L’ala sinistra del partito ha fatto votare documenti in cui si ribloccano le privatizzazioni, non si toccano le pensioni, si torna alla contrattazione solo nazionale, si riassumono i dipendenti pubblici. Il problema “con quali soldi” pare irrilevante sull’orizzonte politico greco. Ma del resto troppo spesso vale anche nella politica italiana. I greci però vogliono restare nell’euro, oltre il 70% nei sondaggi si esprime così. E ti credo: è grazie all’euro che la Grecia si è permessa di accentuare ulteriormente tutti i suoi squilibri di folle statalismo. E’ un paese con pensioni medie pressoché pari a quelle tedesche, ma in cui in media si va in pensione 6 anni prima che in Germania, e con un PIL procapite meno della metà di quello tedesco. Senza manifattura, con export industriale pressoché assente, solo il turismo a tirare, produttività bassissima malgrado il record annuale di ore lavorate a testa, e armatori- oligarchi che non pagano le tasse per Costituzione.

Referendum o elezioni. In caso di mancato accordo, per la Merkel la via d’uscita sarebbe di negoziare in accordo con Draghi un trimestre di dilazione, consentendo a Tsipras di chiedere ai greci che cosa vogliono fare. Tsipras non ne ha alcuna voglia, però. Fino a 6 mesi fa erano i premier greci a minacciare la UE con ipotesi di referendum. Ora è la Ue a fare il contrario: sperando che i greci cambino idea nelle urne, al timore di vedere i propri residui risparmi in fumo.

Default incontrollato. Molti economisti filo euro ormai pensano quel che ha scritto Francesco Giavazzi: la Grecia non vuole modernizzarsi, non possiamo obbligarla, lasciamola andare. E’ la stessa tesi dei rigoristi tedeschi più duri come Hans-Werner Sinn, che da mesi scrive che gli aiuti alla Grecia hanno consentito ai greci stessi di portare in questi mesi nell’euroarea decine di miliardi che rimarranno denominati i euro, al riparo da ogni restituzione ai creditori europei, e scudati dalla mega inflazione del 40-50% – è la stima convergente di molte grandi banche internazionali – che si scatenerebbe in Grecia. Un default incontrollato farebbe molto male ai greci, quantomeno nel breve-medio termine (attenti a dirlo: i guru antieuro accademici italiani sono pronti a coprirvi di contumelie e a bannarvi con rito social di fronte ai loro adepti, ahah…). Nel senso che i vincoli sui capitali, i fallimenti bancari e delle imprese i cui debiti restassero in euro con attivi in moneta invece svalutata, la svendita di asset deprezzati a compratori internazionali, il valore reale del risparmio abbattuto da svalutazione e inflazione, porterebbero la recessione greca a trimestri durissimi. Con una ripresa, è vero, nell’arco del biennio successivo, se guardiamo a precedenti come l’Argentina del 2002: ma attenti che la Grecia esporta poco, con la svalutazione non è che venda meglio nel mondo automobili o manufatti che non produce. Certo, per la politica greca sarebbe facile puntare sull’orgoglio nazionale, dando la colpa agli europei nuovi nazisti. E russi e cinesi accorrerebbero a far la parte dei salvatori, campioni come sono delle libertà che fondano l’idea stessa della loro sovranità…

Un default controllato. Il punto è che il default incontrollato non farebbe male solo ai greci, ma anche a noi. Alla Ue, che è invece convinta di non averne nulla da temere. Molti economisti e analisti si sono persuasi che la rottura dell’impossibilità dell’uscita dall’euro sarebbe anzi benedetta: deprezzerebbe la moneta comune, che invece da metà marzo ha ripreso a salire sul dollaro, riguadagnando quota 1,15 dalla quasi parità col biglietto verde che aveva raggiunto. E l’euro deprezzato fa bene alla ripresa europea. Padoan è convinto poi che l’ovvio effetto scommessa dei mercati contro l’Italia, uscita la Grecia, sarebbe piegato dalla Bce, costretta a difenderci comprando ancor più nostri titoli pubblici. Chi qui scrive pensa siano illusioni. La storia è piena di banche centrali sconfitte dai mercati. Noi pagheremmo più oneri sul debito pubblico. Già oggi le previsioni del DEF governativo di aprile non stanno in piedi, visto che i rendimenti di mercato dei titoli pubblici decennali si sono alzati da allora di 100 punti base, incorporando quelli del BUND tedesco. Sarebbe dunque molto meglio concordare un default parziale, con procedure condivise, vincolando la Grecia e la sua dracma a una fascia di oscillazione con l’euro anche ampia ma fissa, in cambio di qualche aiuto. Speriamo qualcuno abbia pronto lo schema, a Berlino e a Francoforte. Se la Grecia fa default non rinunciando formalmente all’euro e con IOU in moneta parallela che avrebbe subito nulla, cadrebbe in deflazione devastante prima che in inflazione…. (anche su questo, attenti alle scomuniche degli antieuro…).

L’Italia. Credere che il nostro paese “non abbia vulnerabilità”, come ha detto Padoan, è una rassicurazione vana. Ne abbiamo eccome. Di enormi. E’ meglio che i governi italiano, spagnolo e francese ci pensino bene. Sono anch’io per lasciare liberi i greci, le monete-prigione nella storia non esistono e non reggono. Ma senza tenerli legati in qualche modo all’euro, allora Podemos in Spagna, Grillo e Salvini in Italia, la Le Pen in Francia, avranno una carta oggettivamente potentissima da giocare di fronte ai rispettivi elettorati. E sarà una colpa ulteriore dell’imbelle politica europea, a quel punto.

 

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5 Responses

  1. Francesco_P

    Articolo molto interessante perché riesce a mostrare i diversi aspetti del problema in modo sintetico.
    Purtroppo non esiste una soluzione migliore perché sia il “default controllato” che quello “incontrollato” hanno implicazioni negative egualmente gravi per l’economia e i conti pubblici europei.
    Non scegliere è la scelta peggiore. Gli effetti del default greco si amplificano ogni giorno che passa. L’Europa ha tergiversato troppo perdendo almeno 3 anni e mezzo (fine di ogni speranza di cambiare la Grecia) in cui le dimensioni del debito lasciatoci dai cari amici greci sono cresciute a dismisura.
    Tutti i tentativi di gettare una ciambella di salvataggio sono stati inutili perché il problema non è solo economico e finanziario: è una questione di mentalità diffusa fra le classi dirigenti, la classe imprenditoriale e la popolazione: si rifiutano di capire che il mondo è cambiato. A questo punto non posso che augurare buon Zimbabwe a tutti i greci.
    E gli altri Paesi dell’euro? Pagheremo di tasca nostra con l’inasprimento fiscale i debiti dei greci che se la ridono, non sapendo quello a cui vanno incontro.
    La Cina non aiuterà la Grecia perché ha ambizioni di potenza continentale sul Far East, non sul Mediterraneo. La Cina, invece, se ne approfitterà per fare ulteriori investimenti in Europa al fine di condizionare la fornitura di tecnologie ed ampliare ulteriormente il suo mercato.
    La Russia potrebbe aiutare i greci solo per impoverirli e strumentalizzarli nel fronte che ha aperto con l’occidente. Le sue condizioni finanziarie, però, non sono delle più floride.
    La mentalità del Paese dei Balocchi statalista-populista è dura a morire. Ce lo insegna anche l’Argentina che dopo il default, i cacerolazos e un decennio di sacrifici per rimettersi in riga, ora stanno compromettendo tutti i sacrifici fatti.

  2. adriano

    La Grecia vuole rimanere nell’euro perchè vuole essere mantenuta dall’euro.Pretesa giustificata se la UE fosse una UE.Essendo una finzione non si possono chiedere i trasferimenti che,con buona pace dei cosidetti liberisti,dovunque ci sono per le aree economiche sfavorite.La soluzione è la dracma perchè l’errore è stato abbandonarla.Naturalmente non si farà perchè sarà più comodo il solito compromesso.Mi ricorda il discorso finale di Al Pacino in Profumo di donna.”Molte volte nella mia vita sono arrivato ad un bivio.Sapevo quale era la strada giusta ma non lo mai imboccata.Ho sempre preferito quella sbagliata perchè era più facile da seguire.”L’euro è stato un errore che ci si ostina a rinnovare fantasticando di equiparare i diversi sistemi economici,rifiutando di riconoscere che è impossibile perchè le differenze culturali non si cancellano in forma pacifica.La Grecia comincia ad essere antipatica perchè addirittura minaccia.Credono di avere degli argomenti,forti di un debito che per loro non è debolezza,continuando a credere nell’assurdità secondo cui il debito è un problema più del creditore che di chi lo detiene.Tutto ciò che viene elencato rinvia il problema che così verrà risolto dalla prossima crisi internazionale che farà piazza pulita di tutti gli apprendisti stregoni.

  3. Paolo

    avere la ricetta giusta per risolvere questa crisi sarebbe come avere in mano un biglietto vincente della più grande lotteria al mondo, provo comunque a dire la mia. La fascia di oscillazione a mio modo di vedere non potrebbe funzionare, abbiamo già visto nel 1992 che cosa succede. Personalmente credo che la scelta più ragionevole sia quella di un Grexit pilotato, aircut del 50% dello stock di debito esistente, svalutazione della nuova dracma e aiuti FMI a fronte di un serio pacchetto di riforme. In sostanza credo che andrebbe fatto ciò che andava fatto nel 2010 e che non è stato fatto per iautare chi sappiamo.
    Credo che prima si avvia questa fase di Grexit meglio sia, ogni giorno la liquidità in uscita diventa un problema più grande per il sistema bancario europeo.

    Si potrà seguire questa strada? temo di no, le recriminazioni greche relativamente a ciò che l’FMI doveva fare nel 2010 e non ha fatto (a mio modestissimo modo di vedere su questo aspetto più che giustificate) faranno andare tutto all’aria.

    Vediamo quando si torna alla vecchia cara liretta, le hanno già stampate, no?

  4. Diego d'Andria

    Premesso che personalmente rimango più convinto delle tesi di H.W. Sinn, mi pare che l’ultimo paragrafo non vada d’accordo con il terzultimo. Se nel breve-medio termine l’uscita della Grecia dall’Euro avesse ripercussioni negative o catastrofiche sull’economia greca (com’è probabile), questo indebolirebbe elettoralmente alcune posizioni di Grillo, Salvini & C. piuttosto che rafforzarle. La Grexit evidenzierebbe i costi (tanti) e i guadagni (pochi nel caso della Grecia) derivanti dall’abbandonare l’Eurozona. Chi voterebbe allora i partiti euroscettici in Italia-Spagna-Francia, con lo spauracchio di finire come i nostri amici greci?

  5. massimo

    E’ un’analisi accurata, che è condivisibile, ma che implicitamente mette in evidenza un fatto politico preoccupante: qual è la posizione italiana sulla Grecia? Non esiste una posizione del Governo, e tanto meno del parlamento, su questa trattativa, se non i soliti appelli generici al “volemose bene”. Quali sono gli interessi dell’Italia in relazione alle ipotesi di Grexit? Nessuno lo sa!

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