2
Apr
2021

Maratona concorrenza: dare energia alle liberalizzazioni

La segnalazione dell’Autorità Antitrust contiene numerose indicazioni relative ai mercati dell’energia.

Per quanto riguarda il mercato all’ingrosso, il Garante individua barriere fisiche e normative alla concorrenza. Le une possono essere rimosse, o almeno mitigate, solo se gli operatori di rete – in particolare Terna, esercente la rete di trasmissione nazionale – riusciranno a realizzare in tempi rapidi gli investimenti programmati, per sbottigliare le infrastrutture congestionate. Ma il problema non riguarda solo i cavi ad alta o altissima tensione: riguarda, piuttosto, il mutamento strutturale del mercato dovuto alla generazione distribuita (cioè la proliferazione degli impianti rinnovabili di piccola taglia) e alle opportunità non sfruttate del progresso tecnologico.

In particolare, per tenere il sistema elettrico in equilibrio Terna acquista dei servizi in una particolare sessione di mercato, chiamato Mercato dei servizi di dispacciamento, al quale possono partecipare solo unità con particolari caratteristiche, prevalentemente termoelettriche. Non sono ammessi né gli impianti rinnovabili (individualmente oppure aggregati) né la domanda. A tal fine, l’Autorità offre due suggerimenti. Il primo: recepire rapidamente la direttiva 944/2019, che contiene norme innovative per ampliare l’accesso al mercato dei servizi, abilitando – a certe condizioni – le fonti rinnovabili e i consumatori, attraverso opportune forme di aggregazione. Tra l’altro, il mancato recepimento della direttiva (che avrebbe dovuto avvenire entro il 31 dicembre dell’anno scorso) ha determinato l’avvio di una procedura di infrazione. Il secondo suggerimento riguarda le modalità di approvazione dei piani di sviluppo di Terna: incredibilmente, l’ultimo piano approvato dal Mise poche settimane fa risale al 2018,  mentre l’azienda ha già presentato i piani 2019 e 2020, su cui la stessa Autorità dell’energia si è già pronunciata. Per superare questo assurdo disallineamento, l’Antitrust propone quindi di consentire al Mise di autorizzare il Piano di sviluppo di Terna anche in assenza del parere delle regioni, se non arriva entro un termine di sei mesi.

Nel contesto della riforma delle concessioni, l’Antitrust si sofferma poi sulla vexata quaestio delle grandi derivazioni idroelettriche: sebbene l’Italia sia oggetto da tempi immemorabili di procedure di infrazione, negli anni abbiamo oscillato tra promesse di riforma mai mantenute e controriforme belle e buone (l’intricata vicenda è ricostruita in questo dossier della Camera). Se tutto questo non bastasse, gli ultimi interventi hanno consentito una moltitudine di norme regionali diverse tra di loro. La richiesta dell’Antitrust è concettualmente semplice ma politicamente impegnativa: definire una disciplina unica a livello nazionale e prevedere la messa a gara delle concessioni man mano che arrivano a scadenza. Un discorso analogo riguarda le concessioni per la distribuzione locale del gas, dove – almeno in teoria – la normativa esiste ma, nei fatti, le gare stentano a partire. Infatti, ne sono state avviate solo 35 sui 177 ambiti territoriali in cui il sistema si articola. L’ostacolo principale sta nella volontà dei comuni di mollare la presa, specie in presenza di piccoli o piccolissimi gestori, e favorire un percorso parallelo di aggregazione e contendibilità. L’Antitrust propone una serie di suggerimenti pratici su come rendere le gare più esposte alla concorrenza (migliorare la documentazione di gara, limitare i conflitti di interessi nei casi in cui la stazione appaltante detenga quote di capitale del gestore uscente, semplificare le procedure per l’accertamento del valore residuo, ecc.). La proposta principale, però, ha un obiettivo più concreto: creare un maggiore incentivo economico per i comuni. E’ un tema di cui si discute da tempo. La logica dell’Autorità a questo punto sembra essere: se non puoi sconfiggerli alleati. Tutto sommato, di fronte alla stasi, vale la pena provare anche questa. 

Per quanto riguarda il completamento della liberalizzazione del mercato finale della vendita, anzitutto l’Autorità condanna l’ennesimo rinvio di un provvedimento che avrebbe dovuto materializzarsi nel 2019 e che, invece, ben che vada finirà al 2023. A tal proposito, l’Antitrust anzitutto rileva che tale termine non è ulteriormente rinviabile alla luce del dettato della Direttiva 944/2019 sul mercato elettrico. Per quanto riguarda il metodo, andrebbe seguito – anche per i clienti domestici e le microimprese – quello adottato per le Pmi e attualmente in via di applicazione, che prevede il superamento della cosiddetta maggior tutela attraverso una combinazione tra aste e tetti alla quota di mercato del maggiore operatore (fissata, per le Pmi, al 35 per cento). A differenza di quanto fatto per le Pmi, però, le gare dovrebbero tenersi con un congruo anticipo, in modo da evitare ulteriori slittamenti e, anzi, anticipando il momento in cui i nuovi gestori subentreranno a quelli vecchi (ferma restando la disciplina della maggior tutela) per consentire il graduale avvio di nuovi rapporti commerciali. Inoltre, per migliorare l’informazione dei consumatori e consentire una maggiore comprensione del nesso tra consumi e spesa (oltre a servizi innovativi). Coerentemente, si propone di trasferire gradualmente gli oneri generali di sistema (la cui componente principale è rappresentata dai sussidi alle energie rinnovabili) dalla bolletta elettrica alla fiscalità generale. In tal modo, il prezzo dell’energia non sarà “schiacciato” da componenti parafiscali, e i segnali di prezzo potranno essere meglio percepiti dai consumatori. Da anni anche l’Arera batte su questo punto, senza alcun riscontro. In subordine, l’Antitrust suggerisce di partire almeno dalle voci più improprie, come i costi per lo smantellamento delle ex centrali nucleari e i regimi tariffari speciali delle Ferrovie. 

Infine, l’Antitrust accende un faro sul nascente settore della mobilità elettrica e delle relative infrastrutture di ricarica. I problemi, qui, sono molteplici. Intanto, c’è una norma approvata pochi mesi fa che impone ad Arera di disciplinare il prezzo dei servizi di carica: si tratta di una misura insensata e contraria alle direttive europee, su cui la stessa Autorità per l’energia aveva alzato la voce. Secondariamente, quando le colonnine vengono installate su spazi pubblici – inclusi quelli autostradali – è necessario ricorrere a procedure competitive. Inoltre, in tutti questi casi il Garante invida a individuare il prezzo dei servizi di ricarica come oggetto delle gare, assicurando il rispetto dei principi di neutralità tecnologica e interoperabilità, per evitare che le eventuali (e attuali) posizioni dominanti nella realizzazione delle infrastrutture si traducano a valle in analoghe posizioni dominanti nel mercato delle ricariche. 

In sintesi, le proposte dell’Antitrust in materia di energia sono diverse, articolate e tutte condivisibili. Alcune hanno una scarsa agibilità politica – come il trasferimento degli oneri tariffari sulla fiscalità generale o le gare per l’idroelettrico – mentre altre, almeno in prima approssimazione, hanno forse qualche probabilità in più. In ogni caso, il Governo dovrà spiegare quali suggerimenti intende recepire e quali no, e perché.


Il primo articolo della maratona #concorrenza2021 e la lista degli altri articoli sono disponibili qui.

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