2
Nov
2016

Cronaca di una passeggiata solitaria verso il Tribunale per difendere l’ambiente dagli ambientalisti e non solo

Catania, 06 ottobre 2016.

Sono le 9:00 del mattino e mi avvio verso il Tribunale; prima di raggiungerlo dovrò percorrere non più di 500 metri a piedi. Oggi sono più pensieroso del solito, ripasso a memoria i punti essenziali della discussione che voglio esporre al collegio di giudici che si occuperà della mia causa. Mi ripeto quasi ossessivamente che dovrò essere chiaro, breve e incisivo. Devo riuscire a convincere i giudici che la Regione Siciliana ha commesso una vera e propria ingiustizia oltre che, naturalmente, una grave illegittimità. Il mio cliente, un imprenditore ragusano, si è raccomandato ieri sera: avvocato, spieghi al Tribunale che l’impianto che voglio realizzare è stato pensato per tutelare l’ambiente e non per danneggiarlo.

Inserisco perciò al primo punto della mia scaletta immaginaria la descrizione delle caratteristiche tecniche dell’impianto di riciclo dei rifiuti che è stato finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e da un Istituto di credito privato: più di 2,5 milioni di costi che l’impresa sta già provvedendo a restituire periodicamente nonostante l’esercizio dell’attività produttiva sia stato senza alcun motivo interdetto dalla Regione.

Lo stabilimento servirà a riciclare fanghi provenienti dalle lavorazioni petrolchimiche e circa il 65% di ciò che entrerà come rifiuto uscirà come prodotto riutilizzabile. Sarà utile per recuperare materie prime seconde dagli scarti delle vernici: circa il 50% del rifiuto potrà essere reinserito nel processo produttivo per servire ancora una volta come colorante. Rappresenterà luogo di stoccaggio di medicine scadute e pile elettriche fuori uso che verranno poi indirizzate verso altri stabilimenti idonei allo smaltimento. Consentirà il recupero di quasi il 100% della carta, della plastica e dell’alluminio che lì verranno conferiti.

Ma tutto questo certo non basterà per spuntare una decisione favorevole, mi dico mentre avanzo verso il Tribunale con passo spedito. Dovrò ricordarmi anche di esporre ai Giudici che l’impianto di smaltimento del mio cliente era stato già autorizzato dalla Regione Siciliana dopo un iter amministrativo lungo e tortuoso in esito al quale erano stati vagliati tutti i profili e le criticità ambientali e gestionali. Dovrò enfatizzare quanto basta la circostanza che dopo un anno dal rilascio di tutte le autorizzazioni (e dall’acquisto dei macchinari) la stessa pubblica amministrazione ha pensato bene di revocare la valutazione d’impatto ambientale sino a quel momento esitata positivamente. Dai fatti dovrò passare necessariamente ai giudizi: hanno trovato una scusa, si sono inventati la mancanza di un documento che in realtà è stato sempre presente negli atti del procedimento ed hanno detto “stop, non se ne fa più niente”. L’impianto improvvisamente è diventato incompatibile con l’ambiente. Anzi, a dire il vero non c’è nessun accenno nel provvedimento di revoca alle ragioni dell’incompatibilità. Ci hanno lasciato intendere però che non sarà possibile adeguarlo nemmeno con prescrizioni ulteriori rispetto alle circa 70 che ci hanno (correttamente) già imposto per rendere compatibile l’attività d’impresa con la tutela dell’ambiente. Ma di indicazioni specifiche relative all’insorgere improvviso di nuovi pericoli presunti per il paesaggio, la salute e l’ambiente medesimo, a distanza di oltre un anno dal rilascio del provvedimento d’autorizzazione, nemmeno un labile accenno.

Le illegittimità  da un punto di vista tecnico sono chiare, le ho descritte nelle memorie difensive. A questo punto, mi ripeto quando sono in prossimità dell’atrio, dovrò svelare il retroscena che apparirà in tutta la sua chiarezza se solo il Tribunale avrà voglia e tempo di leggere tutta la rassegna stampa che ho allegato al fascicolo di parte.

Populisti d’ogni risma hanno montato il solito teatrino: l’ambiente non si tocca, il paesaggio è sacro,  la Sicilia è la bellezza, ed un impianto di riciclo di rifiuti deturpa, ammorba, inquina e danneggia la salute. Fatti, prove, cifre ed evidenze non contano. E’ cosi; lo dice Legambiente, lo afferma il comitato dei cittadini che non vuole morire d’inquinamento, lo sostengono i boy scout. Parlare, spiegare, dimostrare; tutto inutile.

A Palermo, alla Regione, gli saranno sicuramente tremati i polsi a leggere sui giornali di sfilate, sit-in, manifestazioni e proteste contro l’impianto e contro chi lo ha autorizzato. In quel Comune dove è ubicato il capannone l’anno prossimo si voterà per le amministrative e nel 2017 ci saranno le elezioni regionali in tutta l’Isola. Quelle centinaia di manifestanti, torto o ragione che abbiano, non importa, sono elettori. Il populismo si asseconda, se si vuole sopravvivere politicamente, non si contrasta. Quindi via alla revoca dei provvedimenti che avevano autorizzato l’attività imprenditoriale.

Ecco Presidente, ora ho concluso, può concedere la parola all’avvocato di Legambiente che ci spiegherà come continuare a vivere felici e beati accatastando ancora rifiuti nelle discariche o ai margini delle strade. No, questo non posso dirlo, sussurro tra me e me.

Sono arrivato, passo sotto il metal detector…

@roccotodero

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