11
Gen
2010

Contro i profeti di sventura. Di Annalisa Chirico

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Annalisa Chirico, in uscita anche su “Agenda Coscioni“.

Non solo contraccezione. Fatto salvo il diritto universale di scegliere se e quando riprodursi, di “esplosione di salute”, preferisce parlare Nicholas Eberstadt, esperto di economia politica e demografia dell’American Entreprise Institute; perché l’incremento demografico del Ventesimo secolo lo si deve principalmente alla riduzione della mortalità infantile. Non è un caso che il secolo in cui la popolazione mondiale è quadruplicata (da 1,6 a oltre 6 miliardi di persone) abbia registrato nel contempo un’“esplosione di prosperità economica” senza precedenti. Una popolazione più in salute ha un potenziale produttivo maggiore, e su questo potrebbe riscattarsi il Continente africano.Secondo uno studio della Harvard Initiative for Global Health l’Africa vive la transizione demografica tipica dei Paesi attualmente avanzati: un abbassamento graduale del tasso di fertilità unito a un aumento della speranza di vita. Esiste oggi in Africa il fulcro di una potenziale classe media operosa e produttiva. Quella borghesia, che in Europa ha fatto la Rivoluzione Industriale facendo quintuplicare il Pil procapite mondiale tra il 1900 e il 2003 (le stime di Angus Maddison, economista dell’Ocse), potrebbe trasformare la transizione in “dividendo demografico”, se solo sovrana fosse la Legge, e non l’arbitrio di governi corrotti.
Il Ventesimo secolo, secondo Eberstadt, confuta il too many people argument. Monaco, con una densità di popolazione quasi quaranta volte quella del Bangladesh, ne è l’esempio eclatante. Non è vero che in più si sta peggio. Dipende dalla tecnologia e dalle conoscenze a disposizione.
A chi rivendica la capacità di abbassare a livello internazionale i tassi di natalità attraverso “politiche mirate”, Eberstadt ribatte che si tratta di una mera illusione perché le parental choices sono imprevedibili (a meno che non si voglia ricorrere alla coercizione di stato). Lo dimostrano i dati della Banca Mondiale sul rapporto tra fertilità e utilizzo di moderni contraccettivi: tra le donne sposate di età compresa tra i 15 e i 49 anni, per esempio, il tasso di utilizzo dei contraccettivi era più alto nella West Bank e a Gaza nel 2004 che in Bulgaria nel 2008 – eppure il tasso di fertilità totale era quattro volte più basso nello stato balcanico. Sulle scelte riproduttive influiscono modi di pensare individuali e collettivi. L’io e il clan.
Peter Bauer, economista ungherese scomparso nel 2002, fa un ulteriore passo avanti tracciando una relazione tra la “razionalità demografica” e gli stadi di benessere economico. In molti Pvs un figlio è un’assicurazione per la propria vecchiaia e fonte di forza lavoro; in aggiunta, i costi di un figlio in più sono solitamente bassi e condivisi all’interno della comunità locale. Ne segue che le persone preferiscono famiglie numerose. La tendenza di solito si inverte a stadi di sviluppo (e di benessere) più avanzati, quando i costi di un figlio in più eccedono i relativi benefici.
A dispetto di quanto sostengono “gli uccelli del malaugurio”, così li definisce Bauer, spesso l’aumento dei redditi si è accompagnato a una rapida crescita demografica, come nell’Europa del XX secolo o in alcune regioni povere (Malesia, Kenya, Brasile, Messico) dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’empowerment della donna, ovvero la crescita delle sue potenzialità, ha bisogno di apertura al mondo esterno, soprattutto all’Occidente, per determinare un cambiamento volontario in quegli atteggiamenti e in quelle abitudini, che danneggiano lo sviluppo economico; in questo modo le persone sceglieranno di fare meno figli semplicemente perché lo troveranno più vantaggioso per sé. Resta poi un quesito sullo sfondo. Se pure la profezia si avverasse, siamo sicuri che non potremmo sfamare più teste? Parafrasando Julian Simon, le risorse umane sono infinite, soprattutto se lasciate libere di creare.

6 Responses

  1. donnadipicche

    O non ho compreso il senso ultimo di questo articolo, oppure non riesco a capacitarmi di come questa trattazione, dai toni così ottimistici e favorevoli, o non-sfavorevoli, alla vita umana sulla terra, possa aver trovato ospitalità in una rivista dall’acuta sensibilità necrofila come quella dell’associazione L.Coscioni. Scorrendo i titoli ivi ospitati, senza volermi soffermare a lungo sui singoli articoli per ovvie ragioni scaramantiche, mi pare che l’aumento della popolazione sulla terra sia vista come una jattura da scongiurare (sebbene in maniera “dolce”)…l’autrice, invece, non mi sembra particolarmente impensierita da questa circostanza, o mi sbaglio?

  2. L’autrice non è particolarmente impensierita da questa circostanza. Ma questa “disposizione d’animo” non è dovuta a una presunta “vitafilia”, ma a considerazioni di carattere economico e alla mia “fede” nelle potenzialità infinite e non prevedibili della scienza.
    Se col termine “necrofilia” si allude al rispetto per la libertà di ciascuno di scegliere quando e come morire, al diritto di concepire liberamente, anzichè riprodursi bestialmente, allora – lo ammetto – sono una fervente necrofila. 😉

  3. donnadipicche

    Accolgo con vivo interesse l’intensa “professione di fede” della gentile sig. Chirico che, tuttavia, non dissolve le mie iniziali perplessità, anzi le complica: se l’autrice dell’articolo in questione condivide gli assunti dogmatici dell’allegra compagnia dei “dolci” rientri, tra cui anche una incomprensibile ripugnanza per la riproduzione umana (derubricato a residuo “bestiale” della nostra specie), allora la sig. Chirico è in disaccordo con il suo stesso articolo, in quantio vi si adombra l’inutilità di un approccio “dirigista” (benchè “dolce”) alla LIBERA ( e ricca di soddisfazioni) RIPRODUZIOVE umana e da cui si evince che l’umanità si regola benissimo anche senza l’amorevole “cura” dei radicali.

  4. damiano

    l’umanità si regola benissimo , il pianeta un po’ meno … poi si puo’ anche dire che delle estinzioni di massa in corso non mi interessa niente , purche’ aumenti la popolazione . Si puo’ anche sostenere che l’uomo e’ la vera risorsa , ma secondo me Malthus piu’ o meno aveva ragione . Specialmente i combustibili fossili potrebbero dare problemi , e il nucleare e’ ancora una tecnologia giovane , complessa e costosa .
    … la selezione naturale potrebbe procedere come nell’antichita , forse con meno epidemie grazie alla moderna scienza medica ma con piu’ guerre e carestie . Vero e’ che con un drastico abbassamento del tenore di vita piuttosto energivoro dei paesi occidentali forse il rientro dolce e’ ancora possibile … secondo me e’ tutta questione di tempi . Se avessimo iniziato 30 anni fa mi sentirei piu’ tranquillo .Spero di non essere considerato troppo pessimista .

  5. Quando leggo le accese discussioni (quasi sempre dogmatiche*) tra malthusiani e non, sento sempre la mancanza dell’argomento “spazio”. Ovvero: ma siamo sicuri che sia sano comprimere sempre più persone in spazi sempre più piccoli? Certo, il pianeta è vasto, ma non è interamente edificabile e in ogni caso le nuove aree urbane vengono progettate al massimo risparmio di spazio, e questo ha un impatto sulla nostra sopportazione del nostro prossimo.

    Io non posso credere che questo processo non raggiungerà mai un limite che porterà al collasso i sistemi nervosi degli individui, a prescindere dai progressi tecnologici ed economici. Sbaglio?

    Monaco non mi pare un esempio, piuttosto un’eccezione.

    (*) anch’io ho il mio dogma: “un uomo, un ettaro”

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