20
Gen
2010

Anglosassoni e levantini

La dinamica dei debiti pubblici non è sotto controllo. Se non emergerà una forte crescita economica, si dovranno prendere delle decisioni politiche difficili – una combinazione di tagli delle spese e di maggiori entrate fiscali. Vediamo come i mercati giudicano il punto. Prendiamo come riferimento i famigerati CDS – i Credit Default Swap, dei contratti che assicurano le obbligazioni in caso di insolvenza dell’emittente. I premi sono maggiori per i paesi “emersi” con una storia di modesta virtù fiscale e per quelli “emergenti”. I premi sono minori per i paesi “emersi” con una conclamata virtù fiscale. Il mercato dei CDS ha ragione, oppure ha torto?
 
Prendiamo la crescita degli ultimi anni come approssimazione della crescita futura. Mettiamo in rapporto il debito in essere con la crescita appena calcolata. Chiediamoci qual’è il deficit pubblico (massimo) che un paese si può permettere senza mettere a repentaglio il proprio debito pubblico. In altre parole, chiediamoci quanto deficit uno si può permettere per restare solvente. Fatti i conti, si vede che i premi dei CDS sono disallineati rispetto ai numeri appena calcolati. La Gran Bretagna paga un premio tre volte minore di quello greco, pur avendo un deficit superiore a quello che dovrebbe avere per restare solvente rispetto al deficit per rimanere solvente della Grecia.
 
Posto che siano verosimili i conti fatti, i paesi emersi senza virtù fiscali nel passato pagano un premio maggiore di quello che dovrebbero rispetto a quelli emersi con virtù fiscali nel passato. Anche i paesi emergenti pagano un premio maggiore di quelli emersi nonchè virtuosi nel passato. In altre parole, i premi tengono conto delle virtù politiche passate. Detta brutalmente, si pensa che la classe politica inglese sarà più capace di quella greca nel “mettere in ordine” i conti pubblici. Alla base dei premi dei CDS si hanno dei giudizi di natura “storico politica”. I mercati finanziari producono dei numeri che sono delle opinioni (doxa) che non hanno nulla di definitivo (epistéme). Insomma, la Grecia paga un premio maggiore, perché ha avuto una classe dirigente “levantina”, mentre la Gran Bretagna ne paga uno minore, perché ha avuto una classe dirigente … “anglosassone”. La Turchia paga un premio del tutto ingiustificato sulla base dei numeri calcolati, forse perché, nonostante Kemal Ataturk, è considerata ancora “troppo” levantina.
 

4 Responses

  1. eonia

    E bisognerebbe stupirsi dell’evento?
    La Grecia è sotto sommossa popolare, mentre il Regno Unito ha nazionalizzato gran parte del sistema bancario “deviato”, ha imposto tasse del 50% sui bonus, e fra poco saranno lacrime e sangue per il popolo.
    La Grecia ha mandato a casa il vecchio leader democratico ed ora con i populisti/socialisti al governo, ha le piazze sulle barricate.
    Il regno Unito ha banche di calibro internazionale e globale oltre che essere la prima piazza mondiale finanziaria del debito e la Grecia ha gli epigoni dell’ellenismo tronfi di arroganza.
    Non è mica la stessa cosa.

  2. giorgio arfaras

    Non è la stessa cosa, concordo, come ovvio. Sottolineavo l’origine della differenza nei premi: la differenza non è nei numeri, ma nella reputazione. Il bonus tassato al 50% è una goccia nel mare del controllo del deficit pubblico. Il controllo del deficit pubblico richiede ben altro. Vedremo nei prossimi tempi come le “lacrime e sangue” saranno portate avanti. Per approfondire la discussione:

    http://blogs.ft.com/maverecon/2009/06/fiscal-options-for-the-uk-sovereign-insolvency-inflation-or-serious-fiscal-pain/

  3. eonia

    Sicuramente l’articolista economico del FT ha ragione.
    La realtà che viviamo è un pochino diversa.
    Tutti gli Stati si sono interessati dei loro debiti esponenziali mettendo in gogna il sistema off shore per cercare di far cassa.
    Tutte le banche centrali, compresa la BCE in via indiretta ma con identici effetti reali, controllano il costo del denaro delle emissioni a breve, lasciando quello a più lungo periodo alla mercè degli operatori che creano ricchezza in proprio per ricostruirsi finanziariamente. Fatto che permetterebbe domani agli operatori di ritornare nel mercato in pompa magna.
    Inoltre un mix di maggior fiscalità indiretta, contenimento di servizi, maggior controllo burocratico e moderata inflazione, anche se scarsamente popolari, sembrerebbero d’obbligo.
    Sicuramente la questione del debito sovrano in via di default tecnico, in Italia si convive da anni ma anche il Giappone, andrebbe analizzato in base alla percentuale dei detentori se locali o esteri.
    Questa è una differenza sostanziale.
    Allego questo articolo di Forbes.

    http://www.forbes.com/2010/01/13/sovereign-debt-crisis-opinions-colummnists-nouriel-roubini-arpitha-bykere.html?boxes=marketschannelcommentary

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