10
Mar
2011

Il caro benzina, i petrolieri e la finanza

Gli aumenti dei carburanti decisi da alcune compagnie petrolifere continuano a far discutere. Oggi siamo sul prezzo conuigliato della verde tra 1,57 e 1,58 euro al litro.  Al Sud, tre giorni fa la benzina verde è giunta a punte di 1,611 euro al litro. Le oscillazioni inj centesimi di questi giorni si devono all’altalena della controffensiva di Gheddafi rispetto ai primi riconoscimenti agli insorti come oggi quello di sarkozy, l’incertezza delle azioni militari internazionali, le notizie di pressioni crescenti sull’Arabia Saudita per un possibile aumento della produzione dell’Opec. Tra greggio WTI sulla piazza americana e Brent su Londra continua unam forbice sui 12 dollari finio a 14 nei momenti di massima tensione. Ma chi è più colpevole del caro benzina? Gheddafi? La speculazione? Le tasse di Stato? I petrolieri? Per capire come si forma il prezzo alla pompa – un classico che si deve sempre ripetere, mi scusino gli addetti ai lavori che lo sanno – e le sue conseguenze sull’economia, cominciamo da quest’ultimo punto. Per l’Italia, che ha una dipendenza sul totale del suo consumo energetico pari all’85% fatta soprattutto di petrolio e gas, l’impatto è maggiore e più rapido nei suoi effetti che per la media degli altri Paesi avanzati. Nel più dei report sulle conseguenze del rincaro petrolifero sulla crescita, la soglia “recessione” per i Paesi avanzati, se vi si dovessero stabilizzare i prezzi per un trimestre o due almeno, è stimata sui 135-140 dollari. Per il nostro Paese, i 17-18 dollari accumulati dal barile in poche settimane, se dovessero stabilizzarsi in caso di crisi libica perdurante, già comportano un peggioramento della bilancia dei pagamenti su base annua pari allo 0,4% del Pil, e una minor crescita pari fino a un terzo di punto. Se sommate i due dati, si arriva allo 0,7% di Pil di cui parla oggi Confindustria. Poiché la nostra crescita è più bassa di quella americana e tedesca –  Berlino ha alzato dal 2 al 2,5% la crescita attesa nel 2011 dopo il più 3,6% del 2010 – è ovvio che noi siamo più esposti a conseguenze negative. Un po’ di pazienza in più occorre invece per capire ciò che fa regolarmente imbestialire i consumatori, convinti che i rapidi rincari alla pompa siano in realtà prova ed espressione della proverbiale avidità delle compagnie. In realtà, non è così anche se a dirlo, per esperienza, si viene facilmente accusati di essere servi dei petrolieri.

Il prezzo finale dei carburanti è costituito dalla somma di tre componenti. La prima è la quotazione dei prodotti per autotrazione “finiti”, cioè raffinati, un prezzo che si forma su una piattaforma privata, la PLATTS, sulla quale liberamente si incrocia domanda e offerta, e che a sua volta è distinta anche in sottopiattaforme per aree geografiche. La nostra è quella europea mediterranea. Ovviamente , sul prezzo PLATTS ha un impatto primario l’andamento del costo del barile, e nel nostro caso dunque anche il rapporto di cambio tra euro e dollaro, che vede oggi la moneta europea svantaggiata perché più debole, rispetto ai picchi petroliferi della sua quotazione sul dollaro ai tempi di 147 dollari al barile nel 2008.

Senonché in questo meccanismo di libera formazione del prezzo industriale dei carburanti non pesa solo la stima della domanda e dell’offerta: infatti il totale dell’intera offerta libica a pieno pompaggio sul mercato superava di poco il 2,3% dell’offerta quotidiana complessiva sui mercati mondiali. E’ ovvio che per salire di 20 dollari oltre in poche settimane conti anche l’allarme sulla possibile estensione della crisi dal Maghreb alle monarchie del Golfo, grandi estrattrici. Ma accanto a queste dinamiche “concrete” c’è anche pura finanza. Ci sono infatti anche due diversi livelli di interventi di capitali da parte di operatori non commerciali del settore, quelli che abitualmente si usa definire “speculatori”: hedge funds, fondi specializzati in materie prime, arbitraggisti di tutto il mondo, desk finanziari di banche d’affari e commerciali, broker nonché pool di traders che hanno soglie di capitali da scommettere non troppo basse – qualche milione – con put e call, cioè soglie di prezzo di entrata e uscita dal mercato, che possono durare da una notte a poche ore.

Come su ogni prezzo, si può scommettere e guadagnare a brevissimo con tali meccanismi sia sui diversi mercati – americano e britannico – in cui si formano i prezzi del petrolio greggio. Sia, in concomitanza, sulle diverse sottopiattaforme PLATTS in cui si forma – tra gli altri – anche il prezzo industriale dei prodotti raffinati. Dopo le punte più roventi della crisi finanziaria seguita al record del barile nel 2008, la quantità di “scommesse” non commerciali operanti sui due diversi livelli era fortemente scesa. Eravamo passati da picchi fino a 400 miliardi di dollari nelle ore calde del pre-picco a 147-148 dollari, a poche decine di miliardi nel secondo e terzo trimestre dell’anno scorso.

E’ ovvio che alla ripresa dei prezzi, avanzando il 2010, la maggior volatilità ha ripreso ad attirare masse crescenti di liquidità. Sul “nostro” PLATTS è ovvio che si concentrino, visto che la Libia sta nel Mediterraneo. Così siamo tornati a medie di 300 miliardi di dollari e oltre, tra “sopra” sui mercati swap del barile , e “sotto” su quelli swap dei prodotti raffinati. E’ chiaro che si tratta di fenomeni  che spingono verso l’alto i prezzi industriali. E fanno insieme felice la FED. Con i suoi massicci acquisti sui mercati per sostenere debito pubblico e privato, l’autorità monetaria americana crea base monetaria che – non più sterilizzata dal sistema bancario come invece avviene in Europa – diventa subito massa monetaria sui mercati: l’ingente liquidità prende la via degli impieghi più remunerativi a breve, quelli speculativi, e insieme attraverso i mercati delle commodities trattati i dollari contribuisce a “spalmare” inflazione americana nel resto del mondo. Cosa che agli USA non può che far piacere visto che diminuisce il valore reale dei propri debiti.

Questa lunga spiegazione per dire che non ha tutti i torti, chi dice che oltre alla vicenda libica e maghrebina c’è “anche” una responsabilità della finanza – non mi piace il termine speculazione –  nella formazione del prezzo della benzina. Alzare i margini per partecipare a tali mercati – cioè prevedere poste più elevate per sedersi al tavolo, e proporzionate a quel che si scommette – è la classica promessa che si ripete da anni ma non si decide mai, perché chi l’adottasse da solo perderebbe clienti.

Intendiamoci, per arrivare al prezzo finale bisogna sommare al prezzo PLATTS – che pesa più o meno il 35% – un 10% di margine industriale ai petrolieri italiani che raffinano, trasportano, e distribuiscono assicurando aggio agli esercenti, nonché un 55% di somma tra accise e IVA. E anche qui c’è qualche magagna. Perché il nostro 55% di costo della benzina in tasse è un’enormità, ma in realtà è inferiore al 58%, media dei 17 Paesi dell’euroarea, come al 58,4% del Francia e al 61,3% della Germania. Eppure sia nella media dei Paesi euro, che in Francia e Germania alla pompa la benzina costa meno. Non solo perché il PLATTS per loro è più basso, perché sono meno dipendenti dall’estero di noi, ma anche perché in Italia continuiamo ad avere un sistema distributivo dei carburanti inefficiente, troppo disperso e costoso sul territorio, che la politica non riesce mai a toccare, timorosa delle reazioni della categoria. E così, tra Gheddafi e la speculazione, tasse e inefficienza distributiva, alla fine a pagare siamo sempre noi. Ma i petrolieri, nelle serie storiche, guadagnano marginalmente assai più quando i prezzi sono in discesa che quando salgono, come ha innumerevoli volte dimstrato numeri alla mano il nostro impareggiabile carlo Stagnao

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10 Responses

  1. Io comunque quei 25 cents di euro di accise dovute intervento in Libia (ma era quello di Mussolini) o del terremoto in Irpinia (almeno lo si devolvesse alla ricostruzione dell’Aquila!) se potessi evitare di pagarli mi sentirei meno derubato dal mio Paese!

  2. Giovanni Bravin

    Il sig. Giannino ha scritto un ottimo articolo, comunque mi permetto di suggerire a Lui ed ai frequentatori di questo blog una visita a http://www.benzinpreis.de che quota i prezzi carburante nelle varie nazioni.

  3. andrea61

    Tutto molto interessante, pero’ continuo a non capire il motivo per cui ad ogni aumento dei futures a tre mesi il prezzo alla pompa sale immediatamente, mentre quando scende i petrolieri ci spiegano che trattandosi di futures i consumatori devono aspettare 90 gg per godere del calo. Per conferma chieda a Barisoni che ha cercato di venirne a capo decine di volte.

  4. armando

    a me sembra che la razionalizzazione la stiano gia facendo i gestori di pompe.
    Ai distributori vengono affiancati sempre piu di frequente bar e autolavaggi

  5. michele

    @andrea61

    Da ex trader di fixed income una spiegazione circa l’asimmetria delle variazioni tra prezzi all’ingrosso e alla pompa secondo me ce l’ho.

    Tanto per cominciare vediamo per quale ragione il prezzo della benzina sale subito a fronte di una salita del prezzo del petrolio. In sostanza la ragione è che esiste un modo semplice di fare un arbitraggio ed è comprare tutto non vendere nulla per poco tempo. Supponiamo che il prezzo del petrolio raddoppi (diciamo da 10 a 20), che il prezzo della benzina sia il 50% più alto di quello del petrolio (per usare numeri semplici, quindi rispettivamente di 15 e 30) e che nella catena distributiva esistano scorte di benzina per un mese. Naturalmente chi detiene queste scorte le ha acquistate a 15(cioè ad un prezzo coerente con il petrolio a 10). In teoria potrebbe venderle al prezzo vecchio e guadagnarci ancora. In questo caso però uno speculatore potrebbe comprare tutta la benzina che trova, aspettare un mese in modo che tutte le scorte vengano esaurite e rivenderla ad un prezzo sostanzialmente più alto (cioè 30). Dunque nella pratica il prezzo all’insù si adegua subito. La realtà è ovviamente un po’ più complessa perché ci sono costi di stoccaggio, finanziari, tassazione, etc… ma il meccanismo di base è questo.

    Vediamo ora che succede quando il prezzo crolla, cioè il petrolio passa da 20 a 10 e la benzina da 30 a 15. Il sistema continua ad avere un mese di scorte, però tutti hanno acquistato la benzina a 30. Il povero (?) speculatore vede che potrebbe vendere la benzina a 30 e ricomprarla a 15 fra un mese. C’è però un grosso problema: alla pompa uno vuole la benzina, non la promessa di consegna tra un mese. Come fare? Nei mercati finanziari la risposta è semplice: attraverso il mercato repo (pronti contro termini, in italiano) uno può prendere a prestito l’asset di cui intende andare corto per il periodo in cui vuole stare corto, consegnare quello e ricomprare il tutto un mese dopo quando il prezzo dell’asset in questione è sceso. Nel caso del petrolio e della benzina, tutto ciò non succede perché non c’è modo di prendere a prestito del petrolio o della benzina per un certo periodo. In definitiva i problema è che non ci sono investitori che detengono petrolio (o benzina) come asset di investimento e che sono sempre le fonti ultime del mercato repo. Nel caso dell’oro per esempio si può andare corti spot precisamente perché ci sono investitori che strutturalmente investono in oro e sono disposti a farselo finanziare, dando così origine al mercato repo.

    Bottom line: quando il petrolio sale la benzina si adegua subito, quando il petrolio scende bisogna aspettare che le scorte si esauriscano. Non c’è un grande fratello dietro la vicenda… (sorry)…

    Osservazioni benvenute
    Saluti

  6. Piero

    l’altra sera hai detto che la diminuzione del 2% dell’offerta mondiale non giustifica il rialzo del petrolio ed è cosa vera… poi hai detto che dipende non dalla corteccia ma dalla zona limbica ancestrale.. cosa un pò meno vera.. il picco di tutte le commodity (gas a parte) e del petrolio dipende dal qe1 e dal qe2.. era già stato programmato dalla corteccia degli speculatori.. l’accumulo lento di posizioni long è durato quasi due anni ed era visibile nella struttura dei prezzi… la Libia è solo una scusa.. l’avrebbero fatto cmq fra qualche mese con altre motivazioni…

    lo spread tra Brend vs Wti è stato x due anni a -10$ ed ora è a +15$.. variazione dello Spread +25$… i petrolieri comunicano quello che gli fa + comodo..

    la semplificazione della rete benzinai consentirebbe credo un 1%-2% max.. il vero grasso che cola stà altrove..

    PS: leggi il bell’articolo di Stagnaro su Snam..

  7. marco ottenga

    Mi pare che probabilmente ci siano state alcune forse importanti omissioni,, dato che il differenziale mi sembra difficilmente imputabile al solo sistema distributivo “inefficiente”.
    Per mantenerci al solo sistema distributivo direi che abbiamo un paio di carenze “nascoste”
    E’ poco liberalizzato (il carburante e’ sempre il core)

    Non ci sono distributori indipendenti (senza marchio)
    A questa situazione altamente arcaica si aggiungono
    Non abbiamo adeguate riserve che facciano da ammortizzatore
    ENI leader di mercato e’ eccessivamente indebitatoo e detiene asset impropri SNAM
    INFINE ;la ROBIN tax per alzare le quotazioni di tutti gli operatori

  8. Gian Luigi Capriz

    Mi chiedo perchè in nome della trasparenza l’autorità garante della concorrenza non obblighi i mezzi di informazione a dare,oltre al prezzo in dollari/barile, anche quello in centesimi di euro al litro. Spesso il prezzo che sembra aumentare se espresso in dollari in realtà cala se espresso in euro e questo confonde le idee.
    Inoltre sarebbe auspicabile dare anche un prezzo medio della benzina come frazione del prezzo del petrolio, perchè è su questo valore che possiamo giudicare i comportamenti delle compagnie e del governo.
    Credo che ogni tipo principale di petrolio abbia una resa standard e quindi si possa avere un rapporto attendibile fra costo del petrolio e prezzo industriale della benzina
    Gian Luigi Capriz

  9. Chiara

    Viaggiare in auto sta diventando un lusso.
    Per ridurre i costi dobbiamo diffondere l’uso del carpooling come nel resto d’Europa.
    Carpooling significa condividere l’auto, in pratica dare un passaggio in cambio di un contributo spese.

    Provate a iscrivervi su questo sito:
    http://www.avacar.it
    Si viaggia insieme, si condivide il proprio passaggio in auto e si dividono le spese di viaggio (es. benzina, parcheggi e pedaggi).
    Io lo uso e mi trovo benissimo!!!

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