14
Lug
2009

Que viva el presidente!

UPDATE: L’eterno ritorno dell’uguale.

 

Anche quest’anno non delude, l’intervento con cui Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia, presenta la “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” (qui la relazione e qui il discorso di Ortis). Pur formalmente ineccepibile, Ortis ha approfittato del palcoscenico privilegiato della Sala della Lupa non solo per rivendicare i meriti suoi e dell’organismo da lui presieduto, ma soprattutto per difenderne l’autonomia e il ruolo in un mondo sempre più sballottato dalla crisi economica, e in un paese sempre più incerto riguardo a chi, come, cosa, quando e perché liberalizzare. Tre, in particolare, i passaggi che mi sembrano “caldi”, al di là della polemica (se posso permettermi, un po’ stucchevole) sulla speculazione petrolifera che invece è stata più ampiamente ripresa. (Il che, per inciso, non stupisce, essendo la speculazione petrolifera questione talmente complessa e lontana che, qualunque cosa se ne pensi, non rischia di disturbare alcun manovratore).

Anzitutto, Ortis ha voluto sottolineare la funzione positiva della regolazione rispetto alla creazione di un contesto concorrenziale. Funzione che, per essere svolta in modo efficace, deve essere “stabile e indipendente”. Non solo: deve anche essere poca, perché certi punti dolenti non possono essere risolti neppure “con muraglie cinesi costruite da regolazioni troppo invasive”. Quindi, il garante chiede alla politica di farsi carico del completamento delle riforme iniziate, particolarmente nel settore del gas, e chiede poi – implicitamente ed esplicitamente – che sia rispettata l’autonomia e indipendenza del regolatore stesso (tema di cui avevo scritto pochi giorni fa). La sede e l’occasione istituzionali, dunque, non impediscono a Ortis di togliersi i sassolini dalle scarpe, e di avvertire tra le righe (neppure troppo) il governo che, se i propositi bellicosi manifestati a più riprese da alcune componenti della maggioranza dovessero trovare nuovo vigore, tutti gli equilibri di mercato ne risentirebbero. Ne risentirebbero, in particolare, gli investimenti. Sottinteso (ma forse sono troppo malizioso): ne risentirebbero quindi anche, e soprattutto, gli investimenti nel nucleare, che tanto stanno a cuore al governo. Particolare non secondario che avvalora la mia malizia: la parola “nucleare” (o simili) compare una sola volta nell’intero discorso, e solo in relazione al decommissioning. A questo proposito, Ortis riconosce che la Sogin di Massimo Romano ha “ben implementato” le indicazioni dell’Autorità. Si tratta di un tributo non scontato e denso di significati: Romano è stato appena giubilato come pendant del ddl sviluppo, a dispetto della sua ottima performance nel rimettere in moto un carrozzone pubblico e a dispetto del fatto che aveva interpretato il suo ruolo non solo in senso stretto, ma anche nel tentativo di fornire una sponda alla ripartenza nucleare.

Secondo tema sollevato da Ortis è quello dell’effettivo funzionamento del mercato. Qui due sono i demoni da lui indicati: in primo luogo la mancata separazione di Snam Rete Gas / Stogit da Eni. Si tratta di un vecchio cavallo di battaglia del presidente, di cui ci siamo occupati varie volte. Secondariamente, c’è un problema di investimenti, che egli riconduce a tre macro-cause: le lungaggini amministrative, la confusione delle concessioni, e appunto il permanere di “soggetti verticalmente integrati con posizioni dominanti sul mercato”. Qui non c’è nulla di nuovo, né si tratta di sottolineature fuori luogo, ma anche in questo caso è evidente come Ortis stia indicando criticità che stanno al di fuori del suo perimetro di azione. Insomma, il messaggio che vuole lanciare è che l’Autorità – al di là del giudizio che si può esprimere sui singoli provvedimenti – sta facendo il suo mestiere, ma il paese ha bisogno di portare a termine i processi iniziati alla fine degli anni Novanta.

Terzo aspetto rilevante del suo intervento è la preoccupazione manifestata per l’impatto che le politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili potrebbero avere sulla bolletta elettrica. L’onere complessivo stimato per il paese dovrebbe raddoppiare tra oggi (circa 1,6 miliardi di euro all’anno) e il 2010, e raggiungere l’ammontare di 7 miliardi di euro all’anno nel 2020. Perciò, dice Ortis, “abbiamo già segnalato l’opportunità di una verifica di sostenibilità nel tempo e un riordino degli stessi meccanismi di incentivazione, tenendo conto delle specificità di ogni singola fonte, anche in termini di efficienza, costi, maturità tecnologica e ricadute industriali nazionali”. Quindi, il presidente dell’Aeeg suggerisce “una riflessione in merito alla possibilità di trasferire tali oneri, in tutto o in parte, a carico della più equa fiscalità generale”. Non entro nel merito: mi pare una soluzione migliore dal punto di vista distributivo, ho qualche dubbio sulla sua effettiva efficienza, e in ogni caso non risolverebbe la questione, perché comunque il paese quei benedetti sette miliardi li dovrebbe tirar fuori. Però, il semplice fatto che Ortis sollevi il tema spinge, per esempio, l’Adiconsum a rilanciarlo. Il che è bello e istruttivo, e quelli come noi che queste cose le dicono da tempi non sospetti se la ridono sotto i baffi (ma smettono di ridere quando gli arriva la bolletta).

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