21
Dic
2010

Liberalismo, reale e immaginario

Quante volte avete sentito dire che “il liberalismo è atomismo e rinnega la società”, fallacia che parte dal presupposto che la società esiste solo come società politica e non come scambio, cooperazione, corpi intermedi?

Quante volte avete sentito dire che “il liberalismo è individualista e inneggia all’egoismo”, come se i processi decisionali politici implicassero un cambiamento antropologico dell’uomo, che diventa buono solo quando vota o quando “rappresenta” il popolo?

Quante volte avete sentito dire che “il liberalismo è conservatore”, come se conservare lo status quo, cioè un sistema finanziariamente insostenibile che prima o poi ci porterà sul lastrico e che non dà spazio ai giovani ma anzi li sfrutta, non significasse conservare ciò contro cui i liberali hanno sempre lottato?

Quante volte avete sentito dire che “il liberalismo è di destra”, come se Bastiat non sedesse a sinistra in Parlamento, come se Locke non si opponesse ai conservatori, come se i liberali non si opponessero alle politiche corporativiste di Bush e Berlusconi?

Finalmente un articolo, comparso oggi su Libertiamo, che comincia a correggere questi errori di interpretazione. C’è, come dice l’articolo, del lavoro di comunicazione da fare.

33 Responses

  1. già già
    tra l’altro Friedman, uno schiofosissimo liberista, in parlamento sedeva a destra quando si parlava di economia e a sinistra quando si parlava di diritti. Fore a quel tempo negli USA aveva ancora un senso parlare di destra e sinistra, mentre ad oggi la cosa non avrebbe più senso; ma l’aneddoto vale a far capire che le qualificazioni del liberismo, come hai fatto tu, sono preconcetti sbagliati derivanti dall’ignoranza tanto nell’epoca Friedman quanto più nel panorama attuale.

  2. evviva!!! finalmente qualcuno che spende parole illuminate sul liberalismo…purtroppo sono veramente in pochi a sapere cosa è il Liberalismo, Bastiat, Loke, Einaudi, Von Mises, chi erano costoro?…..il guaio poi è che chi si spaccia per liberale oggi, nn fa nulla di liberale e rovina la piazza…

  3. Secondo Sartori, liberalismo è il termine più confuso della politica, anzi “evanescente” (Elementi di teoria politica).

    I liberali, comunque, si sono trovati a destra o a sinistra a seconda dei momenti storici e dei Paesi, perciò la posizione della poltrona non è determinante.

    La “cosa ganza” si chiama lingua italiana e mi pare piuttosto importante per comunicare.

    Il fatto che in inglese si usi la stessa parola per due fenomeni diversi (liberalism, http://www.merriam-webster.com/dictionary/liberalism?show=0&t=1292952022) non mi sembra che debba costringere anche noi a farlo.
    In italiano liberalismo è il fenomeno politico (parola nata nel 1819), liberismo è quello economico (1899). Lo Zingarelli offre la locuzione “liberalismo economico” come sinonimo di liberismo. Si vede che dopo ottant’anni non ne potevano più di usare due parole e ne hanno ideata una nuova!

  4. Liberismo fu un termine coniato da Croce per indicare che il liberalismo era possibile senza libero mercato. La storia dell’URSS ha confutato questa bizzarra teoria, tanto vale quindi abolirne anche l’infondata eredità linguistica. Non c’è libertà senza libertà economica.

  5. Pietro Monsurrò :Liberismo fu un termine coniato da Croce per indicare che il liberalismo era possibile senza libero mercato. La storia dell’URSS ha confutato questa bizzarra teoria, tanto vale quindi abolirne anche l’infondata eredità linguistica. Non c’è libertà senza libertà economica.

    se solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico”, per cui una libertà di tipo sociale non può essere disgiunta da una libertà di tipo economico…

    quelli che in origine cominciarono a teorizzare la superiorità di una pianificazione centrale, quei saint-simon comte hegel & amici del politecnico…, erano gli stessi che sottolineavano come la libertà individuale andasse eliminata. almeno erano coerenti, mentre adesso c’è chi si spaccia per amico della libertà chi finge che i due aspetti, sociale e economico, siano due cose trattabili separatamente; ma sanno da dove intellettualmente vengono?

    @Umberta
    La lingua è una convenzione, soprattutto quella italiana che è stata pezzo pezzo “inventata” e non è esattamente nata “dal basso” o “dalla prassi” come l’inglese ad esempio; non è niente se non le si dà un contenuto. Se si vuole possiamo anche usare i termini liberismo liberalismo libercinismo libercratismo liberbercismo libercoprismo liberfagia… tutto dipende dal “contenuto” che viene riconosciuto. In natura non esiste “una parola per questo e una per quello” come verità assoluta, esiste solo una “convenzione” che associa la parola al concetto. E in Italia si è voluto trasformare uno strumento di retorica (considerare la libertà sociale come diversa dalla libertà economica) in una verità assiomatica usando due termini diversi, visto che il ragionamento si svolge tramite parole quindi picchia oggi picchia domani qualcuno si convice davvero che società e economia siano disgiunte; roba da Orwell.

  6. Gentili amici, qualunque cosa pensiate della lingua italiana, non potete credere di comunicare senza utilizzarla. A meno che non vogliate ritagliarvi un pubblico ristretto, voglio dire.

    Poi, si può non usare parole coniate per scopi particolari, però è necessaio esser chiari sul contenuto di quelle che si usano; soprattutto se si guarda la storia iniziale del nostro Paese, in cui lo Stato cosiddetto liberale era tutto tranne che liberale (o liberista: lo era solo quando gli faceva comodo).

    In questo, vi vedrete appiccicare etichette che magari non vi piacciono. Se, ad esempio, un liberale sostiene che la famiglia è formata da un uomo e una donna, sposati e non accompagnati come viene, sarà etichettato “conservatore”. Se uno pensa che la scuola obbligatoria andrebbe abolita in favore della libertà di educazione (magari in casa), non mi viene in mente un epiteto ma figurati se non se ne troverà uno. E così via.

    Ad ogni modo, un’occhio al Sartori glielo darei, non tanto per il contenuto della parola ma proprio perché il capitolo contiene l’analisi delle parole e la relazione – che viene riaffermata – tra liberalismo e liberismo.

  7. Riccardo

    Io ritengo che liberismo, liberalismo ecc sono termini considerati negativamente semplicemente perché storicamente individuano idee che sono servite e servono tuttora ad alcuni gruppi di interesse (grandi imprese) a danno di altri gruppi di interesse, in genere i gruppi di interesse più debole.
    Se si riuscirà a dimostrare, nei fatti e nella realtà storica, che queste idee possono servire anche ai gruppi di interesse più deboli , non ci sarà bisogno di fare molti lavori di comunicazione

  8. @Riccardo
    Ma ritieni perché ne hai esperienza o perché è un luogo comune? Le grandi imprese, come la Fiat dei tempi andati, campano letteralmente di pirvilegi legali e protezionismo, e altre politiche. Le lobby esistono perché i parlamenti possono vendere privilegi legali e votare leggi che spostano centinaia di miliardi. Se si abolissero queste cose, non ci sarebbero lobby.

    Riguardo i deboli, faccio notare il piccolo problema che la ricchezza di massa è nata col capitalismo, prima c’era solo miseria miseria miseria.

  9. Luciano Pontiroli

    @Leonardo, IHC
    Che la lingua italiana sia stata inventata pezzo a pezzo mi sembra un’esagerazione: si tratta di un latino modernizzato in forma colta (i dialetti italiani e romanzi in genere sono forme di latino popolare, magari imbastardito).
    La lingua è una convenzione? o è, piuttosto, qualcosa che ci avvolge, dà forma e struttura al pensiero e lo rende comunicabile?

  10. spaziamente

    Comunque è una realtà che i liberali hanno sempre fatto a pugni, nel nostro paese, con la comunicazione. Personalmente, fino a pochissimo tempo fa mi sembravano talmente presi dall’essere in pochi che la sola idea che si potesse ingrossare il numero li faceva inorridire. Resto iperconvinto che, per esempi, “la società libera” di hayek dica anche cose facilmente comprensibili e che farebbero pensare parecchie persone…Il più è far in modo che certe nozioni arrivino senza farle arrivare da un ventesimo piano.

  11. Riccardo

    L’indice di concentrazione della ricchezza e l’andamento del pil procapite negli USA dagli anni 70 in poi mostrano una notevole concentrazione verso i gruppi più ricchi. L’occidente da quando la Cina è entrata nel WTO si avvita in crisi finanziarie sempre piu’ gravi, insomma misembra che i risultati del liberismo Reaganista-thatcheriano non siano dei migliori per chi come me non può viveresulla rendita ereditata dai genitori

  12. @Riccardo
    Qual è la posizione liberale sulla politica monetaria? Regole fisse.

    Qual è stata la politica monetaria degli ultimi 30 anni? Discrezione totale, salvataggi, bailout e moral hazard.

    Cosa predice la teoria economica (austriaca) quando la politica monetaria si comporta così? Bolle e crisi finanziarie.

    Qual è la posizione liberale sulla politica fiscale? Pareggio di bilancio.

    Qual è stata la politica fiscale degli ultimi decenni? Deficit e debiti, violazioni del Trattato di MAastricht e stimoli fiscali discrezionali.

    Cosa predice la teoria economica quando la politica fiscale si comporta così? Fragilità finanziaria e crisi di debito.

    Cosa differenzia lo stato patrimoniale dei ricchi dai poveri? I ricchi hanno più capitale di rischio, i poveri più obbligazioni.

    Cosa succede quando c’è una politica monetaria discrezionale che genera bolle speculative? Il capitale di rischio rende molto, le obbligazioni rendono poco. Dunque la disuguaglianza patrimoniale aumenta.

    Quest’ultimo fattore non so quanto sia effettivamente rilevante perché non conosco gli studi statistici sull’incidenza delle bolle sulla disuguaglianza patrimoniale.

    In compenso che ha fatto la Fed e cosa ha fatto la BCE negli ultimi anni? Hanno salvato banche e finanza.

    E qual è la politica liberale in questi casi? Lasciarle fallire, non aiutare i ricchi ad essere ancora più ricchi a spese del contribuente o dell’obbligazionista.

    Una cosa però è certa sulla disuguaglianza: che da quando Corea del Sud, Taiwan, Cina, India, Brasile, Polonia, Estonia, Lituania, Slovenia e decine di altri paesi sono entrati nel mercato globale, hanno recuperato gran parte del loro svantaggio materiale e si sono arricchiti: per loro la disuguaglianza è scesa, e in un modo che sarebbe stato impossibile senza mercato.

    Purtroppo politiche fiscali e monetarie non sono per nulla liberali, e certamente dietro le crisi degli ultimi anni, e forse dietro l’aumento della disuguaglianza patrimoniale interna ai paesi occidentali (non invece relativamente ai paesi in via di sviluppo, che hanno recuperato terreno), ci sono le necessarie conseguenze economiche di aver lasciato ai governi il diritto di indebitarsi a dismisura, e di manipolare moneta e mercati finanziari ad libitum.

  13. davide

    @Pietro Monsurrò

    Ingegnere, mi è piaciuta molto la frase da Lei scritta nel post dell’articolo linkato, mi riferisco a : “La gente non è abituata a collegare cause ed effetti…”, frase poco liberista e molto myrdalliana.

    Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: “e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” “, mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà?

    Se posso dire la mia per quanto riguarda l’articolo invece vorrei sottolineare che nessun “interventista” o “keynesiano” con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica.
    Le politiche trasmesse in italia (e non solo) sono di tipo Top-Down e non Bottom-Up come invece dovrebbero essere ed è questo quello che fa perdere il vero valore della politica che non è quello di rappresentanza, ma quello di incontro tra pubblico e privato, quello che per gli antichi greci era il valore dell’agorà.

  14. Luciano Pontiroli :@Leonardo, IHCChe la lingua italiana sia stata inventata pezzo a pezzo mi sembra un’esagerazione: si tratta di un latino modernizzato in forma colta (i dialetti italiani e romanzi in genere sono forme di latino popolare, magari imbastardito).La lingua è una convenzione? o è, piuttosto, qualcosa che ci avvolge, dà forma e struttura al pensiero e lo rende comunicabile?

    Secondo me io e lei siamo più d’accordo di quanto sembri.
    Certo, le lingue parlate oggi in area mediterranea sono l’effetto della sovrapposizione delle lingue locali con il latino, con livelli diversi di “omologazione” su quest’ultima (il toscano e il logudorese pare siano le lingue più vicine al latino), quando già il latino aveva preso forme e soprattutto suoni dalle lingue italiche come l’umbro.
    Resta, a mio parere, che gran parte di quelli che chiamiamo dialetti sono in realtà vere lingue romanze (consideri dal veneto, al siculo, al nuorese…).
    Per questo in letteratura è sempre stata cercata una lingua “volgare” che fosse comprensibile a tutti e fosse quanto più aderente alla “grammatica”, cioè al latino.

    “inventata pezzo per pezzo” è effettivamente un’espressione troppo forte, ma in realtà fino ai “promessi sposi” la lotta era ancora aperta tra un italiano modellato sul toscano o modellato sul siculo, dove c’era una grandiosa scuola letteraria.

    Questo per dire che effettivamente noi ragioniamo (tendenzialmente) in italiano, e usiamo le sue parole per tradurre concetti complessi; ma l’italiano come ogni lingua è una convenzione (stabilita o “dall’alto” o spontaneamente “dall’uso basso”); il punto è non farci fregare dalla “convenzione” scambiandola per verità. Intendo (e così si torna all’economia) che se viene coniato l’uso del termine liberismo da contrapporre (e sottolineo contrapporre) a liberismo, non è detto a priori che questo corrisponda a una dicotomia reale. Volendo si può parlare di comunismo e comunalismo, definendo il primo su un piano economico e il secondo sul solo piano sociale, ma spero converrà che si tratta di distinzioni forzate perché, filosoficamente e filologicamente, le due cose non sono mai state e non possono esistere separate.
    In tal senso ho fatto riferimento a Orwell… l’avrà capito.

    @Davide

    Leggere poi da un altro utente (leonardo ihc), palesemente fondamentalista di mercato: “e solo si riconoscesse che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico” “, mi fa rimanere a bocca aperta, quasi incredulo, ma è scherzi a parte o la realtà?
    Se posso dire la mia per quanto riguarda l’articolo invece vorrei sottolineare che nessun “interventista” o “keynesiano” con un briciolo di sale in zucca può essere contento del modo in cui si fa spesso, quasi sempre politica.

    L’economia è un fatto sociale perché nasce dall’interazione di tutti i soggetti che compongono la cosiddetta società. Negare questo secondo me implica vedere l’economia come un giochino che un deus può manovrare a piacere, e i risultati si sono visti. Se il suo avviso è diverso mi piacerebbe conoscerlo. Riguardo lo scherzare, direi che Pietro ha mostrato che il conduttore di scherzi a parte è lei.

    Sul fatto dei keynesiani… Il massimo keynesiano esistente, tale Krugman, prima ha detto che i Governi stavano facendo bene a seguire politiche keynesiane, poi che a tale spesa doveva seguire il pareggio di bilancio (coerente con Keynes) e poi ha detto che in realtà hanno fatto troppo poco, dovrebbero intervenire cioè spendere di più per dirsi keynesiani. Per favore, almeno mi dica che Krugman non è un keynesiano con sale in zucca (e dò per scontato che quando ha scritto “politica” intendesse “politica economica” e non il teatrino di discorsi che ci tedia giornalmente).

    IL suo problema, come di molti, è confondere il liberismo con il lobbysmo o con la finanza. Il liberismo è anche quello del piccolo commerciante, e si fonda sulla responsabilità individuale di utili e perdite.
    Confondere poi liberismo con globalizzazione è infine molto ingenuo. La globalizzazione va avanti dai tempi dei Sumeri, e pure il comunismo, con la sua internazionale socialista, mirava scientemente a questo. E ci sono paesi che ne hanno tratto vantaggio, quel che comprensibilmente le rode è che intanto “paga” l’Italia, ma questo non è “colpa” di un cinese che ora guadagna il doppio di dieci anni fa, è colpa di un paese come l’italia che si è arroccato in produzione di bassa gamma protetto da legislazione e svalutazioni competitive, da uno stato protettore o magnaccia, finché il gioco non è stato più possibile portarlo avanti pena un fallimento immediato. Ecco perché la sperequazione italiana cresce da decenni ormai alla faccia di qualsiasi sedicente socialista al governo: le risorse sono allocate politicamente, quindi male, e creano trasferimenti netti verso gruppi stabili.

  15. davide

    @Leonardo, IHC
    Concordo pienamente che l’economia sia una scienza sociale, certo non posso invece condividere il riduzionismo (tipico di una certa scuola di pensiero economico, quella a cui Lei fa riferimento) che riconduce la società alla semplice interazione tra soggetti, è comunque un passo avanti rispetto a chi affermava :”La vera società non esiste: ci sono uomini e donne, e le famiglie”.
    Societas nell’antica Roma stava indicare non solo la semplice interazione tra soggetti, ma la loro interazione posta in essere per raggiungere insieme obiettivi che individualemente non sarebbero raggiungibili.
    Per quanto riguarda Krugman, credo che sia un grande economista, molto intelligente, questo non vuol dire che debba condividere ogni sua idea, detto questo, la questione da me sottolineata nel post, era molto diversa, secondo un mio modestissimo punto di vista, il problema sta nella modalità di trasmissione della politica (economica), spesso Top-down, raramente Bottom-up.

    Riguardo allo scherzare, continuo a sostenere che siamo su scherzi a parte e il conduttore, mi spiace, non sono io.
    Tralasciando la possibilità di identificare ESCLUSIVAMENTE la politica monetaria come causa del ciclo economico, posizione criticabilissima (criticata tra l’altro da economisti filoaustriaci come Francesco Vito), come posso non pensare che si tratti di uno scherzo quando leggo che i poveri nel loro stato patrimoniale hanno più obbligazioni? O io ho una concezione diversa di poveri o qui viene strumentalizzata ogni affermazione per ricondurla sempre e soltanto a una propria ideologia. Sarebbe meglio essere un pochino più pratici e guardare un pochino di più la realtà, i poveri sono poveri e di titoli in portafoglio non ne hanno.

    Io non confondo liberismo con lobbysmo o finanza, non so dove io possa aver dato questa impressione, però posso capire chi lo fa, infondo oggi la tradizione austriaca è tenuta in vita dal von Mises Institute finanziato interamente da donatori che risultano essere uomini d’affari e conservatori.

  16. Gentile Davide,

    definire l’individualismo metodologico una “riduzione” mi suona molto male, comunque forse non ci capiamo e non possiamo sbatterci la testa contro senza arrivare da nessuna parte. Personalmente lo credo un metodo di analisi valido, che ha per conseguenza quella di non concepire una “società” come un essere a se stante, rispettandone la composita natura; concezioni di “società” come un unicuum da gestire hanno portato aberrazioni un po’ troppo grandi, come lei sa.
    Quanto dico comunque non è inteso a “distruggere” qualsiasi “societas”, perché per lo stesso motivo che ognuno va preso come individuo, ne va rispettata la volontà di associazione di alcuni per l’ottenimento di risultati altrimenti non raggiungibili. Contesto però che sia possibile per una minoranza decidere ciò che è ottimo per tutti, sia nei fini che nei mezzi; e come sa il keynesianismo si innesta in questa ottica (non solo sua).

    In questo sono d’accordo con lei che esiste un problema decisionale TOP-BOTTOM! La soluzione però non ritengo sia ottenibile con una qualche più pervasiva o diversa organizzazione TOP-BOTTOM come sempre è comunque uno stato centrale, o una qualche versione BOTTOM-UP che significa sempre e comunque che qualcuno (qualcuno, non tutti, perché non siamo mai tutti d’accordo) dal basso dica all’alto cosa fare (e dal basso non possono venire mandati “fini”, per cui dall’alto cala sempre e comunque un’ampia dose di discrezionalità e opportunità politica, cioè sempre un processo TOP-DOWN).

    Quel che auspicherei è un maggior decentramento decisionale che arrivi, ove possibile, all’attribuzione di diritti doveri e conseguenze dell’agire sul singolo individuo. Questo è liberismo, e come dice Monsurrò, significa ad esempio che le banche che si sono cacciate in difficoltà devono semplicemente fallire (tanto il mondo non cascherà, come invece tanti politici hanno raccontato).

    La politica fiscale, o la discrezionalità politica, creano disastri, che però non sono esattamente “ciclo” ma shock o situazioni di squilibrio che l’economia come processo tende ad assorbire facendo emergere i dissesti sugli anelli deboli (e uno più debole degli altri c’è sempre), la politica monetaria invece può creare fenomeni propri di “ciclo”, cioè ondate in alto e in basso generate dalle condizioni volta volta precedenti. La sua pervasività è ampia, perché manovrare la massa monetaria crea anziztutto dei vantaggi inflazionistici sui primi prenditori, i rialzi dei prezzi quindi hanno forza sperequativa imponente e pervasiva, inoltre la distorsione operata politicamente sui tassi crea effetti sia sugli investimenti (bolla) che sul risparmio (carenza) stimolando al contempo il consumo (un minor tasso riduce l’orizzonte degli operatori, anche il suo, che avendo un rendimento minore dal suo risparmio finisce per consumare di più tanto che le serve risparmiare? solo nella teoria generale di keynes questo aspetto viene del tutto trascurato mentre resta in tutta la microeconomia… ci pensi). GLi effetti della politica monetaria credo siano più imponenti di quanto si creda.

  17. Postilla:
    a me non frega nulla del Mises Institute, ci ho già litigato con quelli perché credo che affrontino male i problemi e comunque sbaglino totalmente la comunicazione adottando una logica da tribù.
    Io mi riferisco ai testi ed all’elaborazione che ne faccio io personalmente, che mi porta spesso in accordo ma a volte anche contro. Non conosco né profeti né testi sacri.

    Cmq se si parla di finanziamenti, abbia pazienza, guardi chi ha finanziato Obama (GS) e in generale chi finanzia chiunque o quali case editrici pubblicano i libri anche contro il liberismo; se entriamo in questa logica (e chissà forse ce ne sarebbe bisogno) non dovremmo più leggere o ascoltare nulla, quindi tali considerazioni fatte in una specifica direzione non hanno senso.

  18. davide

    @Leonardo, IHC
    Leonardo, vedo che con Lei si può discutere in modo costruttivo e questa per me è la cosa fondamentale a prescindere dalle idee che una persona ha e questo mi fa piacere.
    Io sono con Lei quando afferma che la società non può essere vista come un organismo a se stante e su questo non ci piove, creso forse che l’unica cosa che ci separa sia il fatto che io penso che un ottimo paretiano non sia necessariamente un ottimo sociale.
    Per quanto riguarda le banche, mi creda, non ho motivo di non pensarla come Lei, per quanto riguarda la politica monetaria invece, condivido parzialmente la sua idea, credo che essa sia un forte strumento quando restrittiva, meno forte quando espansiva.
    Ora non vorrei mettermi nella mente di Keynes, ma credo che abbia trascurato il rapporto tax int. consumo per il fatto che secondo lui esistesse una certa rigidità della propensione al risparmio verso il tax. int..
    Detto questo, voglio ancora sottolineare quello che ho scritto prima, non dico che la politica monetaria possa dare vita a fenomeni ciclici, ma contesto l’idea che essa sia l’unica causa.
    Vorrei perciò invitarLa a discutere su questa mia affermazione: l’ autofinanziamento ottenuto con la mancata distribuzione dei dividendi può innescare il sovrainvestimento esattamente come l’aumento nell’erogazione del credito da parte delle banche attraverso la moltiplicazione dei depositi. Naturalmente, la possibilità che le imprese decidano autonomamente di autofinanziarsi è tanto più probabile nei casi in cui le banche decidano di non assecondare la domanda di prestiti, razionando il credito. Infatti, sono proprio le pratiche di razionamento del credito e di innalzamento dei tassi, a spingere le imprese che operano in settori dove si manifestano prospettive particolarmente favorevoli a non distribuire in tutto o in parte i profitti d’impresa.

  19. davide

    @Leonardo, IHC
    questa mia ultima frase, riesce anche a rafforzare il mio pensiero che una politica monetaria espansiva non riesce mai a dare una vera idea delle sue conseguenze, sono le aspettative di reddito ( o profitto) a determinare il livello di investimento ed eventualmente un sovrainvestimento, a prescindere dal tax di int..

    Grazie per l’attenzione.

  20. davide :@Leonardo, IHC l’ autofinanziamento ottenuto con la mancata distribuzione dei dividendi può innescare il sovrainvestimento esattamente come l’aumento nell’erogazione del credito da parte delle banche attraverso la moltiplicazione dei depositi. Naturalmente, la possibilità che le imprese decidano autonomamente di autofinanziarsi è tanto più probabile nei casi in cui le banche decidano di non assecondare la domanda di prestiti, razionando il credito. Infatti, sono proprio le pratiche di razionamento del credito e di innalzamento dei tassi, a spingere le imprese che operano in settori dove si manifestano prospettive particolarmente favorevoli a non distribuire in tutto o in parte i profitti d’impresa.

    Secondo me è fuori strada completamente ed ho il dubbio che sappia di cosa stia parlando (scusi la rudezza): il dividendo è comparabile in significato e in dimensioni a un interesse sul capitale proprio; che questo sia in grado di sostituire il capitale di debito, che normalmente si misura in x volte il capitale proprio, mi pare impossibile.
    Che in fase di contrazione del credito si sostituisca il capitale proprio al capitale di debito è un’illusione: l’imprenditore ha bisogno di capitale di terzi, se si contrae il credito si ha la contrazione dell’attività economica, semplicemente, mentre il capitale proprio viene messo solo, e solo qualche volta, per tappare le perdite. Tra l’altro la contrazione del credito avviene normalmente in fase congiunturali negative, proprio quando gli imprenditori sono più restii a rischiare capitale proprio viste le prospettive, quindi una “staffetta” in queste condizioni è assolutamente da escludere.
    Ho il dubbio di aver letto qualcosa del genere sul Capitale di Marx, me lo conferma o ho un abbaglio?

    “sovrainvestimento” significa investire più delle risorse disponibili per finire il progetto e metterlo a reddito. questo accade se il costo del credito è politicamente abbassato, cioè se non è il tasso che equlibra gli investimenti con il loro funding, i risparmi, ottenendo un livello di consumo sostenibile; se uno investe perché ha risorse proprie da investire, non è sovra-investimento per definizione, e può portare solo maggior produzione a prezzi più bassi (ottimo per i consumatori)… oppure si sbaglia il progetto e si fallisce, allora non è sovrainvestimento ma solo un errore imprenditoriale che fa parte della natura umana. Si liquida e si riparte.

  21. RICCARDO

    @Pietro Monsurrò
    Concordo con la parte finale del commento ma mi domando, se neanche i piu’ liberisti possono dirsi liberisti, ma usano solo il liberismo, non è che il liberismo alla fine è una utopia come il comunismo? Non è che come il comunismo serviva a coprire certi interessi (le oligarchie sovietiche ad esempio) così il liberismo serve a coprire gli interessi delle grandi imprese, o altri interessi? Io sono contento che nel terzo mondo adesso stiano meglio, ma vedo che il loro stare meglio coincide con lo stare peggio del cittadino medio dell’europa e degli USA, e lo stare sempre benissimo delle oligarchie che esistono anche nei nostri paesi e nel mondo intero (oligarchie industriali, finanziarie politiche ecc). Se il liberismo non serve o non vuole (non ha tra gli obiettivi) ridurre la concentrazione della ricchezza e del reddito pro capite a me non interessa, a me non serve, e con me credo a molti altri.Il liberismo può essere superefficiente, ma se significa molti ricchissimi e moltissimi poveri, e pochi che stanno abbastanza bene ( o comunque se il liberismo porta verso questa direzione) la propaganda per il liberismo è appunto solo propaganda.
    Se Bush e Greenspan hanno fatto il contrario di quanto la loro teoria economica (teoricamente quella liberale) suggeriva, forse è perchè questa teoria non è sopportabile dalla società.

  22. davide

    @Leonardo, IHC
    non l’ho letto sul capitale di marx, ma è una critica effettuata da Francesco Vito, economista italiano filoaustriaco.
    E’ proprio sicuro che l’aumento dei tassi di interessi avvenga in periodi di recessione? Io non sono così sicuro.

  23. davide

    @Leonardo, IHC
    secondo poi la logica del suo ragionamento, in una fase congiunturale negativa, non si ricorrerebbe neanche al credito per effettuare investimenti, anche con tassi di interesse bassi, dato che le aspettative di profitto sono negative, vi sarà al max una ristrutturazione organizzativa senza investimenti, perciò si cercherà di intensificare la produzione per aumentare la produttività (escludendo la possibilità di delocalizzare).

    In fase invece si aspettative positive, in un periodo di espansione della domanda, dove spesso c’è una inflazione da domanda, le autorità monetarie tenderanno ad aumentare i tassi di interesse per frenare l’aumento dei prezzi, in tal caso secondo me, Vito aveva colto pienamente il problema, l’autofinanziamento delle imprese, avviene sia senza la distribuzione degli utili, ma anche con aumenti di capitale, e gli azionisti saranno disposti ad accettare tali condizioni, se il rendimento della loro scelta sarà per lo meno uguale ai rendimentii ottenibli con altre forme di impiego del risparmio sul mercato.

  24. davide

    @Leonardo, IHC
    per quanto riguarda il sovrainvestimento, io non lo vedo come investire più delle risorse disponibili, ma lo vedo come investire sopravvalutando il rendimento dell’investimento, perciò avere un eccesso di fiducia verso un investiemento a prescindere delle risorse disponibili, si può sovrainvestire senza utilizzare tutte le proprie risorse.

  25. davide

    @Leonardo, IHC
    pensare poi che il tasso di interesse sia l’elemento riequilibratore tra investimenti e risparmi è una logica ampiamente superata, entrambi sono inelastici rispetto il tasso di interesse.
    La propensione al risparmio dipende da diversi fattori, per lo più dettati dalle condizioni eco-sociali dell’individuo.
    Per questo mi stupivo quando Lei affermava che l’economia è un fatto sociale, e non “tecnico-fisico, perchè poi ragiona al contrario.

  26. @RICCARDO

    Il liberalismo non copre gli interessi di nessuno, infatti nessuna grande impresa è mai stata liberale. Le imprese vogliono il protezionismo, le sovvenzioni, le limitazioni alla concorrenza, il credito facile, i bailout. Tutto ciò che fa lo statalismo, l’interventismo e le politiche monetarie e fiscali e regolamentative è spesso aiutare i produttori organizzati a salvarsi dalla concorrenza.

    Ripeto dunque per chiarezza: nessuno è liberale, chi ha potere lo usa per proteggersi dalla libertà altrui, e la cosa è evidentissima per le grandi imprese, per gli albi professionali, per le corporazioni, per i protetti, i sovvenzionati, i privilegiati… senza statalismo, questi gruppi non saprebbero che fare. Sono i più illiberali degli illiberali, perché lo statalismo li arricchisce moltissimo.

    Diciamo che il liberalismo (che è equivalente al liberismo) non ha trovato una cura ad una malattia degenerativa delle società che è la concentrazione di potere in mano di un elite che controlla le regole e le risorse. La forma che ha preso di recente questa tendenza, mai più forte nell’ultimo secolo che nei secoli precedenti, si chiama “statalismo”, “interventismo”, “socialismo”, “socialdemocrazia” a seconda dei casi.

    Contro queste tendenze il liberalismo ha certamente fallito: è politicamente pressoché impossibile “controllare chi comanda”, cioè impedire che accresca il suo potere, arricchisca i suoi favoriti, usi il suo potere impropriamente, spinga la popolazione alla dipendenza economica, e metta in pratica politiche interventiste esiziali per la crescita e la stabilità dei mercati.

    Questo è il grande problema del liberalismo. Ma non è un problema del liberalismo, è un problema intrinseco a tutte le società umane, che praticamente solo il liberalismo cerca di contrastare, ma con scarso successo.

  27. @RICCARDO
    E’ poi completamente sbagliato dire che i paesi ricchi stanno peggio perché i paesi poveri si sono arricchiti.

    L’Europa Orientale non era poverissima come l’India, ma entrambe si sono sviluppate. Parte dell’Estremo Oriente ha ormai raggiunto redditi pro capiti europei (S. Corea), ma non è che smetteranno di arricchirsi perché ormai sono già ricchi. L’Irlanda ha recuperato tutto lo svantaggio in 20 anni, e se non fosse per il suo governo ora non avrebbe i conti in disordine, certo avrebbe comuqnue una crisi finanziaria, ma queste finisco presto (3-4 anni al massimo se non si fa come quel cretino di Roosevelt) e poi l’Irlanda ricomincerebbe a crescere. La Germania non ha affatto risentito dell’arricchimento del resto del mondo, perché è competitiva e poco corrotta.

    L’Italia e gli USA hanno problemi non per colpa dei cinesi, ma perché hanno istituzioni politiche corrotte. Gli USA hanno avuto politiche monetarie e fiscali insostenibili per trenta anni. L’Italia compra il consenso delle masse a spese del debito pubblico dalla fine degli anni ’60 quasi senza interruzione.

    Questi sono i problemi: sul mercato nessuno è più povero perché gli altri sono più ricchi, si può sempre crescere, come la Germania, se si adottano politiche liberali.

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