5
Mar
2014

La vera tracciabilità nasce come “ground information”—di Marco Malavasi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Marco Malavasi.

Il 12 gennaio del 2000 la Commissione Europea emanò il cosiddetto “Libro bianco” sulla sicurezza alimentare, documento biblico nel quale tutta una serie di proposte finalizzate all’orientamento della politica alimentare dell’Unione europea si dirigevano verso l’obiettivo della sicurezza alimentare e del conseguente accrescimento della fiducia dei consumatori. Trascorso ben più di un decennio dall’introduzione di queste linee guida basate sulla mappatura di tutte le fasi “from field to plate”, il tema della tracciabilità agroalimentare è rimasto argomento di ampio dibattito, senza tuttavia conoscere una concreta applicazione nella prassi produttiva e commerciale lungo l’intera filiera, fino al consumatore finale.
D’altra parte, la globalizzazione del commercio agroalimentare rende senza dubbio rilevante il problema della tutela per le produzioni, specie per quelle tipiche territoriali, quelle di alta qualità e di nicchia che fortunatamente se ne vanno anche in giro per il mondo (altro che chilometro zero!). La necessità è quella di garantire e supportare i prodotti sul mercato interno ed internazionale e li preservi dalle frodi, dalle falsificazioni e dalle sofisticazioni così diffuse in campo alimentare. Questo, unitamente alla sempre crescente preoccupazione da parte del consumatore per gli aspetti qualitativi dei cibi e all’aumentata consapevolezza dell’importanza di nutrirsi con prodotti sicuri nella salvaguardia della salute, rende indispensabile la creazione di sistemi affidabili, ma semplici, di monitoraggio dell’intera, singola filiera produttiva.
Infine l’aspetto nutrizionale e insieme salutistico di taluni alimenti, da qui il termine nutraceutica, spinge inesorabilmente verso una differenziazione sempre più marcata dei cibi ad elevato contenuto di sostanze benefiche, i cui effetti sulla salute godono di crescente considerazione sia a livello preventivo (sostanze antiossidanti) che talvolta addirittura curativo (pharma foods).
Per tutti questi stimoli e per le crescenti esigenze che provengono dal consumatore, serve un sistema che prediliga una tracciabilità “dal basso” (ground information) e che serva a colmare le attuali asimmetrie informative senza che, ancora una volta, la soluzione sia quella del ricorso alla legge per imporre, per disciplinare, per disporre e per regolare sempre e ovunque, pensando che fatta una norma, la questione sia risolta.
Il target dell’informazione è anche quello di un vantaggio competitivo di mercato per le imprese, che favorisca un modello innovativo di rapporto tra produttori e consumatori, uscendo dalle attuali logiche dominanti di tipo push (le aziende spingono e determinano le scelte dei consumatori per lo più disinformati) e realizzando un approccio più bilanciato “push/pull“, nell’ambito del quale il consumatore disponga di dati sufficienti, veritieri e se serve anche analitici, oltre alla possibilità d’interagire con chi produce.
Ne consegue una dinamica socio-economica bidirezionale (confee) all’interno della quale la fiducia del consumatore (confidence) e l’elemento che la rende fattore di svolta e di vantaggio competitivo per l’impresa e il mercato (feedback), siano elementi imprescindibili e interdipendenti di questo nuovo meccanismo di scelta consapevole e di riposizionamento strategico commerciale per le imprese più virtuose. Non è un segreto che tra gli elementi fondanti e più caratterizzanti di un mercato libero, sicuro e informato, ci sia anche l’aspetto meritocratico. Da qui il quid nella competizione commerciale per chi, di propria iniziativa, decida di affrontare il tema della tracciabilità e lo faccia in modo serio, interagendo con chi fa ricerca scientifica.
In quella che il CENSIS definisce “evoluzione digitale della specie” nel suo undicesimo rapporto sulla comunicazione, il consumatore di oggi viene inquadrato nell’era definita “biomediatica”, in cui oltre il 90% dei giovani è on-line e ormai il 60% della popolazione utilizza uno smartphone. Ecco la semplicità e la relativa economicità di un modello di mobile marketing basato su smartphone e QR code, con la creazione di una piattaforma basata su soluzioni software open source che in un’ottica evoluta possa interagire, ad esempio, con gli open data e conduca alla realizzazione di una vera interoperabilità dei sistemi informativi, ad uso delle imprese e dei consumatori.
La vera sfida sociale (societal challenge) che la tracciabilità agroalimentare può rappresentare, è tale quando non sia quindi calata dall’alto, ma si formi nel mercato grazie dalle singole spinte competitive e concorrenziali delle imprese e alla richiesta di informazioni, sempre più pressante ed esigente, dei consumatori. Sarebbe una sorta di rivoluzione di pensiero e di metodo, dalla teoria tutt’altro che nuova (domanda e offerta di informazioni) che, nonostante ciò, è ancora nel libro dei sogni in un ambito, come troppi, in cui la normativa ha abbondato, senza mai produrre una vera svolta.

@MarkMalavasi

 

1 Response

  1. Dino

    Non si realizzerà a breve, purtroppo. Soluzioni come quelle esposte porterebbero diritti alla sperimentazione della DD.

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