4
Ott
2010

Il gattone celtico

Oggi parlo di Irlanda, e siccome dovrò dare ragione ad una affermazione di Krugman, scrivo il presente articolo a letto, sotto le coperte, nella classica postura del malato (gambe sdraiate e mezzobusto sorretto da tre cuscini).

Sono sempre stato del parere, e lo sono tuttora, che una politica di austerità economica e riforme sia necessaria. Per questo motivo ho apprezzato il piano di tagli messo in atto dal governo irlandese finalizzato al contenimento della spesa pubblica e ho creduto che tali scelte fossero le migliori per riportare la tigre celtica sulla via di una crescita sostenibile. Rimango della stessa opinione per quanto riguarda quel tipo scelte, ma ammetto di aver commesso un grosso errore: quello di aver creduto ad un governo che sbandierava austerità mentre emetteva titoli di stato per ripianare le perdite del settore bancario. Quindi, quando Krugman afferma che il mercato obbligazionario sta punendo l’Irlanda rispetto alla Spagna (assai più levantina nel riuscire a varare un credibile piano di riforme) afferma una lapalissiana verità. Ma poiché è affetto da un certo strabismo keynesiano nell’analisi della spesa omette di citare l’andamento del debito pubblico irlandese. Questi è passato dal 22% in rapporto al pil nel 2008, al 64% nel 2009 e le recenti proiezioni di Moody’s lo stimano oltre il 100% entro il 2011. Quadruplicare e oltre il debito pubblico, (essenzialmente per salvare il sistema bancario) non è austerità. Postare in conto capitale i bail out, per poi fare i ganzi su quante frazioni di spesa pubblica si riesce a ridurre nell’esercizio fiscale corrente, è un simpatico esercizio di stile che può servire a prendere per i bassifondi l’elettore mediano e qualche burocrate di Bruxelles. Non certamente i mercati. In realtà anche un bimbo di otto anni potrebbe centrare la questione. Domanda: se riduco il deficit per le spese di casa da -10 a -5 ma compro un’auto nuova che costa -20, quanto dovrò chiedere in prestito ? Risposta: -25. Quindi, in totale, avrò speso meno soldi di prima o di più ? Risposta: di più. L’analisi dei flussi di cassa si occupa di questo. In modo professionale ovviamente, ma la logica sottostante alla politica dello stato irlandese è la medesima del problemino sopra esposto e risolto. E la logica di un governo che spende più di quanto incassa per pagare il conto delle banche si chiama deficit spending, non austerità.

La contabilità pubblica consente una creatività notevole e in particolare consente di glissare sul fatto che gettar denaro in una banca fallita non sia un investimento bensì una spesa e poi se per sostenerla si è costretti ad indebitarsi tanto peggio. Quindi se dobbiamo fare un esercizio di finanza pubblica comparata tra Spagna e Irlanda dobbiamo sommare al deficit corrente le spese sostenute per ricapitalizzare il sistema bancario. Considerate le dimensioni dei valori in gioco, la differenza tra gli stock di debito pubblico misurata anno per anno è una misura soddisfacente. In termini semplici: come possiamo determinare quanto deficit ha prodotto il governo ? Calcolando innanzitutto la differenza con il debito pubblico dell’anno precedente. Per quanto sia grossolana, questa ricomprende tutti i saldi della gestione fiscale. Quindi se la Spagna ha raddoppiato il proprio rapporto debito – pil rispetto al 2008 mentre l’Irlanda l’ha quadruplicato significa che in termini comparati quest’ultima sta facendo più deficit e non di meno.

Il motivo per cui ritenevo lodabile il budget per il 2010 di Dublino non teneva conto degli impegni (espliciti o impliciti, poco importa ormai) di questo nei confronti del sistema bancario. In questi momenti il le sorti del contribuente irlandese, per sua sfortuna, dipendono da quanto denaro riesce a cannibalizzare la Anglo-Irish Bank. L’analisi di Krugman, pur partendo da una constatazione dei fatti non eccepibile (il differenziale dei titoli di stato irlandesi a dieci anni è assai più alto di quello iberico), è in sostanza errata nell’identificarne le cause (eccesso di austerità). La levantina Spagna ha una legislazione meno market friendly dell’Irlanda e sotto questo profilo è decisamente meno competitiva, quindi a parità di fattori è posizionata peggio. Il punto è che gli altri fattori non sono pari ed al momento stanno seguendo dinamiche differenti (anche se il problema delle cajas è lungi dall’essere risolto).

Dal punto di vista politico, per chi apprezza le virtù di uno stato minimo che si occupi poco di faccende economiche, questo genere di episodi è piuttosto grave e nocivo alla causa della libertà. Quanto è credibile un governo che di giorno si dichiara liberale, chiede sacrifici, morigeratezza e responsabilità individuale mentre la notte si ubriaca e si prostituisce andando a letto con i banchieri ? Ma soprattutto, è politicamente proponibile e sostenibile un “liberalismo” che si rivela nei fatti un socialismo per ricchi ? Ovviamente no: è soltanto fonte di grande imbarazzo e rammarico.

11 Responses

  1. azimut72

    E’ la triste realtà.
    Per salvare le Banche (e le Corporate) si stanno affossando i cittadini.
    L’Irlanda in questo è uguale agli Stati Uniti, all’Inghilterra, etc. etc.

    Chi l’ha detto che non si può tornare indietro?
    Chi l’ha detto che la Globalizzazione è un effetto ineluttabile?
    Chi l’ha detto che i capitali debbano PER FORZA girare liberamente?

    I capitali devono girare…sì, ma siamo sicuri che la velocità con cui girano non sia altrettanto determinante?
    Possibile che non sia possibile fermare questa Finanza creativa?
    Che fine hanno fatto i principi dell’Occidente? a quando bombardiamo la Cina visto che ci diciamo paladini della Democrazia?

    No, mi dispiace. Non era questo il Liberalismo a cui ho fatto sempre riferimento.
    Il liberalismo firmato Goldman Sachs-Harkonnen lo lascio agli altri.

    Ma attenzione!! Per reazione potrebbe arrivare un Paul Atreides…è il suo arrivo sarà doloroso.
    Qualcuno crede veramente che tutto ciò non comporterà tensioni sociali?

  2. Un attimo però. È vero che i bailout alle banche sono un cancro e porteranno solo detrimento all’economia irlandese, su questo non ci piove.

    Ma il passare da un giudizio positivo ad uno integralmente negativo mi pare affrettato. Messa a parte la tragica policy in tema di salvataggi bancari, il tessuto industriale irlandese sta reagendo bene al resto delle policy introdotte, che sono davvero di “austerity”. Non per niente registra +2.7% di crescita del PIL nel primo trimestre 2010 rispetto al precedente, non è robetta visti i tempi che corrono.

    Tolto l’enorme onere dei bailouts, la politica irlandese rimane una buona politica. Krugman resta un buffone nel sostenere le maggiori virtù della spagnola sulla base di un confronto tra stimulus e austerity.

  3. Silvano Fait

    Le misure liberali vanno bene. E’ il rapporto deficit / pil al -32% (proiezione 2010, includendo l’esborso necessario a salvare la Anglo Irish Bank) ad essere è una rapina. Al di là delle cosiderazioni prettamente congiunturali (nel 2Q il GDP è nuovamente calato credo del 1.2%) o monetarie (senza il supporto della bce tutto questo non sarebbe stato minimamente concepibile), è la condotta politica ad essere deplorevole. La dottrina del too big too fail è destinata a non rendere credibili agli occhi del pubblico i buoni motivi per cui vale la pena supportare il libero mercato. La libertà non è separabile dal concetto di responsabilità e in quest’ottica ha senso proporla come strumento principe del progresso sociale. Nel momento in cui la si trasforma in un mero set di regole finalizzato a incentivare la produttività degli individui per tosarli all’occorrenza si perde la credibilità. Vengono meno i presupposti morali che consentono di resistere alla demagogia dell’equità sociale e della redistribuzione della ricchezza.

  4. @azimut72
    1) Chi l’ha detto che non si può tornare indietro?
    2) Chi l’ha detto che la Globalizzazione è un effetto ineluttabile?
    3) Chi l’ha detto che i capitali debbano PER FORZA girare liberamente?

    1) il tempo non è reversibile.
    2) la globalizzazione non è un effetto, è un fenomeno che esiste dai tempi di Hammurabi. Il “tuo” problema non è la globalizzazione, ma i suoi effetti di cui tu credo stia guardando solo quelli negativi per “l’occidente”. Chi ha detto che gli effetti debbano essere solo negativi? Nessuno, per evitarli però sarebbe occorso non ostacolare la globalizzazione nei decenni precedenti, in modo che le transizioni, che ci sono sempre state, potessero essere “morbide” dando il tempo a tutti di adattarsi. Se restiti alla globalizzazione arriva un momento in cui questa si impone e tutto ciò che non è cambiato in trent’anni cambia all’improvviso, e qualcuno si fa male (dopo aver vissuto per trent’anni un mondo che non gli spettava). IL fatto che il mondo di ora discenda dal mondo precedente non sfiora mai nessuno…
    3) E’ necessario per permettere l’adattamento imposto (gradualmente, se lo si lascia fare) dalla globalizzazione. Che ora si chiama globalizzazione, per far paura a chi vede minacciato l’orto o il campanile, ma un tempo si chiamava scambio consensuale tra popoli. E non devono girare solo i capitali, ma anche le risorse, in particolare gli uomini.

    Riguardo la finanza creativa, il primo a beneficiarne è lo Stato americano che l’ha utilizzata per forzare mutui a chiunque, e ora un po’ tutti gli Stati che hanno a disposizione mezzi per poter rifilare il loro socialissimo debito nelle tasche di investitori istituzionali prima e dei cittadini poi, debito che poi saranno loro o i figli a ripagare. (Poi magari si dovrebbe parlare non di finanza creativa o altre amenità, ma di singoli contratti o operatività per dare un giudizio, e forse si capirebbe anche quanto sono importanti certi contratti e che non sono loro il problema).

  5. azimut72

    @Leonardo, IHC
    Intendiamoci.
    L’Occidente ha declinato ad alcuni principi etici (eredità della sua Storia) allorchè ha deciso di puntare alla circolazione spinta dei capitali, favorendo una visione a breve termine che ha favorito le istituzioni finanziarie e le Corporate (ecco cosa intendo per Globalizzazione in questi anni).
    So anch’io che la Globalizzazione è un fenomeno vecchio come il cucco (recentemente leggevo che esistono dei dispacci di commercianti veneziani del ‘200 in cui si dà notizia di navi cinesi al largo delle coste dell’Africa occidentale….).

    Il problema è: è giusto che un’azienda cinese si possa permettere delle deroghe che non sono permesse a quelle occidentali? è giusto avere in mano un’Ipad sul mercato italiano sapendo che sarebbe stato impossibile produrlo in europa a prezzi concorrenziali?

    Vado alla radice del problema: è giusto che un soldato difenda il suo Paese e combatta per esso se difende degli interessi che non avranno un ritorno in casa propria? è giusto morire per Goldman Sachs?

    Ti prego, dammi una risposta.

  6. MassimoF.

    Credo che prendere l’esempio dell’irlanda sia nel bene, che nel male ,sia completamente sbagliato. La dimensione del paese relativamente alle sue banche è talmente piccola, che ogni problema delle banche mette all’istante in ginocchio il paese. Semplicemente non è possibile fare un’analisi. Sullo specifico del problema , l’irlanda o lasciava fallire la Irish bank , o visto che le banche hanno il grosso delle loro attività nel resto dell’unione europea , chiedeva l’intervento monetario degli altri paesi europei. Personalmente avrei proposto una ristrutturazione del debito della banca e avrei aspettato a vedere cosa succedeva ( della serie : la germania non vuole aiutarmi, bene lo farai volontariamente di fronte al possibile fallimento ) . Visto che in questo caso non c’era un problema di bilancio ( al contrario della grecia ) , l’intervento europeo era auspicabile.

    Sul problema bancario generale, fino a quando esisterà la banca a riserva frazionaria e la manipolazione monetaria delle banche centrali, possiamo mettere tutte le regole che vogliamo, ma il sistema sarà sempre a rischio.

  7. Riccardo

    @azimut72
    io aggiungerei questo: è giusto che per ogni dollaro di aumento di reddito reale usa tra il 1976 ed il 2006, 58 centesimi siano andati all’1% più ricco della popolazione? (fonte Martin Wolf su Sole24ore, articolo uscito in luglio, che cita Rajan).

  8. @azimut72
    la libera circolazione dei capitali non riguarda il breve, ma il lungo termine. Io ripeto che quello che tu vedi, e contro cui ti stai scagliando, sono i riaggiustamenti violenti che si hanno adesso a causa di un disequilibrio accumulato nei decenni passati.
    E’ giusto entrare in casa d’altri e dettare le proprie leggi?
    E’ giusto sovvenzionare (nella miriade di modi possibili, compresi i tassi bassi delle banche centrali, i dazi doganali, le svalutazioni competitive…) la struttura esistente quando è palese che non potrà essere eterna? E’ giusto pagare oggi con il futuro dei figli per resistere all’evoluzione indotta dalla globalizzazione (o scambio internazionale)?
    Della Cina e di come vivono o lavorano non fregava niente a nessuno finché non è entrata nel WTO. Questo è giusto?

    Ma non è un fatto di giustizia, è un fatto di realtà. La CIna è partita da una situazione talmente orrida e arretrata per cui quello che sta accadendo è comunque una evoluzione. Il “tuo” problema è che si scontra con il tuo paese, adesso che può commerciare. A meno di non ritenersi moralmente superiori e voler entrare con i carri armati e imporre le “nostre” leggi, va presa come è, e va preso il “buono” che ha, finché lo avrà (perché anche i cinesi mica ci stanno a fare gli schiavi a vita): importare merci a basso prezzo e noi cambiare il paese e produrre altro che non vada in concorrenza solo di prezzo con gli asiatici.

    E’ il pensare che si devono chiudere i movimenti di capitali e merci ora per “proteggerci” ad essere la vera posizione miope in economia. Adesso abbiamo solo i risultati della miopia del passato.

    Che poi la cosa abbia arricchito o meno Goldman & soci è un altro discorso; GOldman si sarebbe arricchita comunque in altri modi, non è un problema cinese, è un problema che è commista con lo Stato, quello che ora (se ho capito) tu vorresti ci salvasse.
    Le banche, da parte mia, avrebbero dovuto pagare tutto questo, invece sono state salvate dalle autorità fiscali e da quelle monetarie (e la Banca Centrale è un ente politico, condivide il bilancio con il Tesoro e gli esponenti sono di nomina politica, se non lo sai) con tanta liquidità, capitale, e tassi bassi, e a “te” hanno raccontato che lo facevano per i mutuatari. Forse ci sei caduto.

    E’ chiaro che quel che abbiamo oggi non è liberismo vero. Ma non devi scagliarti contro i fantasmi come la globalizzazione. Scagliati contro gli enti statali, o almeno chi li dirige.

  9. Riccardo :@azimut72io aggiungerei questo: è giusto che per ogni dollaro di aumento di reddito reale usa tra il 1976 ed il 2006, 58 centesimi siano andati all’1% più ricco della popolazione? (fonte Martin Wolf su Sole24ore, articolo uscito in luglio, che cita Rajan).

    risultato fantastico per i trent’anni di rivoluzionaria ascesa del welfare occidentale eh?

  10. Inutile prendersela con un capro espiatorio come la Cina: sono i nostri politici, le nostre politiche, le nostre istituzioni, le nostre leggi, i nostri governi, che devono cambiare radicalmente. Nessun sistema economico è così prospero da potersi permettere questi livelli di incompetenza, irresponsabilità e demagogia. Occorre trovare al più presto un modo per frenare il potere arbitrario dei governi e reintrodurre principi di responsabilità nei mercati finanziari e bancari, nei debiti pubblici, nelle promesse non finanziate degli stati sociali. Io dubito che si farà, e dubito quindi che riusciremo a sopravvivere alle nostre demagogocrazie, ma il problema questo è.

  11. azimut72

    @Pietro Monsurrò
    Perfetto: “reintrodurre principi di responsabilità nei mercati finanziari e bancari”.
    Io non ce l’ho con la Cina.
    Ma è bene che tutti siano consapevoli che la politica del DEBITO non può essere sostenibile è favorisce i finanzieri e le grosse Corporate.
    E non è una questione di liberismo o non liberismo, stato leggero o pesante…
    Direi che è una questione di sostenibilità sociale dato che, in sostanza, la Finanza creativa pretende una velocità di adattamento e una flessibilità delle strutture sociali che nella realtà non esiste.
    Prima ce se ne rendo conto e prima si eviteranno tensioni sociali.

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