25
Feb
2010

E continua a non essere una V

Pubblicato oggi l’Interim Forecast della Commissione europea su previsioni di crescita e prezzi per l’Europa a 16 e a 27 membri. Viene confermato lo scenario centrale di una crescita dello 0,7 per cento, sia per Eurolandia che per Eu-27. La crescita resta debole e, soprattutto, fragile. La varianza degli scenari previsionali aumenta fortemente, e non da oggi. Il che significa, per tutti quelli che sono ancora convinti che l’economia sia equivalente alla fisica, che esiste un’elevata incertezza sulla realizzazione degli scenari previsti. Riguardo il nostro paese, la Commissione conferma la previsione dello scorso autunno, una crescita dello 0,7 per cento.

Crescita che deriverà, secondo Bruxelles, da consumi privati relativamente più elevati e dall’export. Il previsto aumento dei consumi scaturirebbe da una riduzione del risparmio precauzionale delle famiglie, favorito dalle migliorate condizioni dei mercati finanziari e da moderate prospettive inflazionistiche. Queste determinanti del miglioramento dei consumi ci lasciano molto perplessi, a dire il vero.

In primo luogo, un incremento del Pil di solo lo 0,7 per cento difficilmente eviterà, anche in un paese a bassa crescita potenziale come il nostro, un aumento della disoccupazione. Ciò ridurrà il reddito disponibile, prescindendo da improbabili misure governative di sostegno, e manterrà elevata l’incertezza delle famiglie, sospingendo i risparmi precauzionali. Inoltre, il rapporto sembra fare troppo affidamento sulla ripresa dei corsi dei mercati finanziari, che per contro stanno manifestando, da inizio anno, un andamento negativo ed accresciuta incertezza. L’incremento dell’export, non solo per l’Italia, appare legato, così come accaduto nel 2009, alla spinta dell’Asia, che oggi appare in decelerazione.

In sintesi, se il primo anno di una ripresa, dopo una crisi in cui sono stati perduti circa 5 punti di Pil, riesce a restituirci neppure tre quarti di punto percentuale di maggiore attività, frutto di misure di stimolo transitorio e di crescita dei paesi emergenti, vuol dire che il problema esiste, per noi come per il resto del mondo occidentale sviluppato. Ed è un problema serio.

4 Responses

  1. juancarlos

    SE LA BOLLA INTERNET SCOPPIATA NEL 2001,HA PROVOCATO 3 ANNI DI CRISI FINO A AL 2003,MI SEMBRA LOGICO CHE COME MINIMO ANCHE QUESTA DURI ALTRETTANTO,NON BASTANO I SOLDI PER USCIRE DALLE CRISI,CI SONO TEMPI FISIOLOGICI,CHE LA BORSA NON RISPETTA.

  2. 2 Mr. Seminerio : Se zoomiano la “V” sul fondo, con i suoi dati alla mano, scopriremo che c’e’ uno spiffero. Analiticamente potremmo definirlo un impulso negativo. Oppure, molto+ prosaicamente, possiamo immaginare che qualsivoglia liquido usato per rabboccare la “v”, uscirà inevitabilmte dal fondo. Ergo sono in totale sintonia con lei. E, per restare sul “parallelo idraulico”, questa “V” mi somiglia troppo ai due corni delle bacchette usate dai rabdomanti, laddove, al posto di questi ultimi, annoveriamo novelli stregoni economici od astrologhi governativi.
    “V”erisimilmente temo che la “V” in questione rappresenti adeguatamente il vertice di un palo turco, sul cui impiego siamo tutti edotti. Nessuno riassumerà coloro che sono stati espulsi dal lavoro, e molti altri ne verranno in un clima di lento ed indefesso stillicidio.
    Serenissimi Saluti
    Martino

  3. Si potrebbe anche azzardare di dire che in realtà siamo ancora ben lontani dal pedice:
    Ciò che tutti si ostinano a chiamare ripresa non è altro che un rallentamento del declino dovuto all’incredibile inflazione monetaria messa in atto dalle varie banche centrali nella fine del 2008.
    verosimilmente, una volta svanito l’effetto puramente anestetico di questo incredibile doping monetario ricomincerà la vertiginosa discesa nel Tartaro di tutto quello che oggi noi conosciamo come il nostro sistema economico…
    Dopodichè si potrà vedere la “V”.

  4. Un problema che io vedo è che si continua a parlare del consumo quale “motore dell’economia”. I lavori di certi autori, da Say a Rothbard, dovrebbero aver insegnato a qualcuno che in realtà è l’attività produttiva a creare sia i beni che le basi reddituali perché si dispieghi il consumo, e non il contrario.
    Gli investimenti calano ben più dei consumi, che più o meno stagnano giusto grazie a spesa pubblica e (odiosi) incentivi; da lì parte una emorragia che è proprio quel buco in fondo alla V (che più che V sarà un U o una L), in cui finirà qualsiasi stimolo al consumo.
    In altre parole qualsiasi politica di stimolo al consumo è solo spreco e redistribuzione, e non può tradursi in PIL.

    Grazie.

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