27
Set
2012

Disavanzo che trovi, inefficienza che paghi

La Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni pubblicato dalla Corte dei Conti mostra che il 75% della spesa regionale è costituita da quella sanitaria: un livello enorme che le regioni fanno fatica a sostenere, come rivelano i disavanzi. È proprio nelle regioni con i più elevati disavanzi di gestione che si concentra una scarsa qualità e inappropriatezza dei servizi erogati, che rivela quindi la presenza di sprechi per coprire i quali si fa ricorso alle tasche dei cittadini.

I sistemi sanitari regionali sono infatti tenuti a garantire servizi efficaci e di buona qualità per soddisfare i livelli essenziali di assistenza (LEA). La relazione della Corte dei Conti, sulla base dei risultati di un rapporto annuale sul monitoraggio dei LEA diffuso dal Ministero della Salute nel febbraio 2012, evidenzia come nel 2010 ci siano state sei regioni inadempienti (in rosso nella figura sottostante: Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia; Abruzzo e Liguria, in arancione, risultano adempienti ma con impegno su alcuni indicatori), ben il doppio di quelle del 2008.

Tra le aree da migliorare, l’inappropriatezza nel ricorso ai ricoveri ospedalieri e l’insufficiente  disponibilità di posti nelle strutture residenziali o di servizi per l’assistenza domiciliare integrata. I livelli peggiori si registrano nelle regioni centro-meridionali sottoposte a piano di rientro.

In particolare, le regioni meridionali (oltre a Lazio e Liguria) non rispettano gli standard normativi relativamente al tasso di ospedalizzazione (che misura l’assistenza ospedaliera) e all’indicatore di appropriatezza (percentuale di parti cesarei sul totale); l’assistenza distrettuale è inoltre peggiore nelle regioni in piano di rientro e che già si caratterizzano per risultati negativi nei primi due indicatori. Esiti analoghi anche per quanto riguarda la percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata (ADI), per l’assistenza ai disabili e per gli affetti da patologie nella fase terminale. Ancora risultati negativi per gli indicatori di qualità delle prestazioni (tra cui, ad esempio, quello che misura la tempestività dell’intervento in caso di frattura del femore) e i test per la prevenzione di gravi patologie.

Fonte: Elaborazione su dati Ministero della salute e Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni 2011 e 2010

Tali differenze si traducono in costi che dovranno sostenere i cittadini. Innanzitutto, si guardi al fenomeno della mobilità sanitaria interregionale motivata dalla percezione negativa dei servizi che vengono offerti nelle regioni di residenza: nel 2011 i saldi negativi erano concentrati nel sud, soprattutto in Campania (-285,3 mln di euro), Calabria (-230,2 mln di euro) e Sicilia (-200,9 mln di euro). Si è quindi  costretti a continuare a finanziare un servizio sebbene poi non se ne usufruisca in quanto si avverte un disallineamento tra quanto si paga e quanto viene reso in termini di performance. E nonostante a questo segua un calo della domanda, l’offerta non si adegua di conseguenza.

Percependo una bassa qualità dei servizi sanitari, aumenta poi l’incidenza sul reddito della spesa sanitaria “out of pocket” delle famiglie – pari ad esempio al 2,4% in Molise e Calabria e più ridotta (1,7%) in Veneto, Lombardia e Lazio – che si trovano dunque a finanziare due volte la sanità: prima con il prelievo fiscale, poi con ulteriori spese “private”.

Infine, pesa sui contribuenti il maggior contributo Irpef e Irap a cui ricorrono le regioni per coprire i disavanzi sanitari: infatti le regioni sottoposte a piano di rientro possono intervenire attraverso risorse extra messe a disposizione dai bilanci locali o tramite l’aumento delle aliquote Irap e Irpef. La tabella sottostante mostra che il 77% delle misure anti-deficit è rappresentata dall’incremento fiscale.

Fonte: Il Sole24Ore Sanità

Peraltro, alcune regioni – Campania, Molise e Calabria – hanno registrato risultati così negativi da non riuscire a trovare un copertura adeguata neanche con l’aumento delle aliquote e presentano quindi un risultato comunque negativo.

Questo accade perché la consapevolezza di poter attingere a un maggior prelievo fiscale disincentiva le regioni a tenere la spesa sotto controllo. È pur vero che la maggior pressione fiscale trova, auspicabilmente, una “punizione” nella mancata rielezione, ma questo accade solo quando i cittadini se ne renderanno conto. Nel frattempo gli sprechi continuano e a farne le spese resteranno i contribuenti.

È quindi evidente che, soprattutto per coloro che si trovano a vivere in particolari aree del Paese, il sistema sanitario si rivela particolarmente oneroso, a fronte però di un servizio di scarsa qualità che suggerisce come il denaro dei contribuenti venga in realtà sprecato per fini diversi dal cosiddetto interesse pubblico. Sapere di poter continuare ad attingere alla fiscalità generale indipendentemente dai risultati conseguiti e dalle prestazioni garantite deresponsabilizza il fornitore del servizio e consente di trattare i cittadini non come (potenziali) fruitori di cure e pazienti ma come soggetti su cui scaricare costi e  inefficienze.

 

13 Responses

  1. Giordano

    Questa revisione dei dati, con l’analisi cromatica delle inefficienze, dovrebbe testimoniare a tutti coloro che si scagliano acriticamente verso la gestione della cosa pubblica che il problema non e’ lo stato, ma il cattivo stato. Ci sono regioni dove la sanita’funziona bene e costa il giusto ed altre dove nessuna delle due cose. Il problema sta nelle persone e nelle regole, non nella filosofia economica.

  2. Guido Cacciari

    @Giordano
    Veramente, poiché il ns. stato permette questi sprechi, in una regione o nell’altra, ne concluderei con le sue parole che il ns. è un “cattivo stato”.
    Chiuso il discorso sulla qualità del ns. stato.

    Ma il vero problema è una altro, di tipo ideologico.
    Ecco una domanda retorica, la cui risposta può però essere ideologica:

    “E’ meglio che lo stato spenda X per dare al cittadino un cattivo servizio, oppure molto meno di X per il servizio migliore?”.

    La risposta sembra ovvia. Invece non lo è se il secondo caso significa finanziare il servizio privato.

    Perché? Perché siamo accecati dalla demagogia. Che non esiste in altri paesi (ex: Svizzera), dove magari il servizio danitario è il migliore del mondo, è garantito a tutti i cittadini, ma non vi sono strutture pubbliche.

    Salute!

  3. Giorgio Andretta

    Complimenti alla sig.ra Quaglino, la inviterei ad approffondire ulteriormente offrendo un servizio agl’internauti.
    Grazie e buon lavoro.

  4. Giordano

    Mah, trovare dei parametri di valutazione di vari sistemi sanitari è sempre difficile e dipende anche dalle specificità locali. La Svizzera ha la popolazione di Milano, Pavia, e Brianza, e talmente tante di queste specificità da fare venire i brividi (ricordo solo il differente trattamemento rispetto agli immigrati, sia regolari che meno…. in Italia il SSN passa tutto….). Anni fa andai al San Giovanni di Bellinzona (che è l’ospedale Cantonale del Ticino) e rimasi colpito dai ritmi di lavoro che avevano. Nulli. Forse anche l’accesso è un pò diverso. Ricordi che in una pubblicazione WHO 2000 il sistema sanitario italiano era il secondo al mondo dopo quello francese. Il privato italiano va da ospedali d’eccellenza (magari senza fini di lucro) a vere e proprie fabbriche di DRG e prestazioni a qualità bassa-bassissima. Ma anche quelli privati possono saltare, no? O comperare le valvole diffettose, no? @Guido Cacciari

  5. nick1964

    Molto chiara ed interessante la cartina dell’Italia in rosso-blu, che mi riconferma una mia idea per la possibile salvezza del territorio e dell’economia in cui vivo e in cui mi riconosco: la SECESSIONE del nord dal resto d’Italia.
    Come giustamente anche la Catalogna ora vuole perseguire in Spagna.

  6. conosco a fondo la sanità dal 1966. Ci lavoro dentro da allora.
    In queste importanti analisi non si esaminano separatamente i due aspetti cruciali. Il primo riguarda il costo relativo al trattamento e alla diagnosi delle singole malattie. In questo settore i costi, di massima, sono relativamente comprimibili. Non viene indagata,invece, la spesa sanitaria legata alla burocrazia, agli appalti oer costruzione di strutture inutili, acquisti di apparecchiature (con appalti apparentemente legali ma frutto di manipolazioni) e molto altro.
    Si ricordi come ai politici importi molto avere potere nell’ambito delle strutture sanitarie. Consiglierei di approfondre meglio il caso Lombardia, che è considerata “un faro” della sanità italiana.

  7. Roberto 51

    Non c’è via di uscita: o si aboliscono le regioni e si impone una gestione centrale oppure il nord va per conto suo e chi s’è visto s’è visto.
    Il fatto poi che il servizio sia migliore dove c’è meno spreco è una cosa ovvia.

  8. erasmo67

    E’ evidente che il federalismo delle spese senza il federalismo delle entrate non ha nessuna possibilità di funzionare.
    E’ evidente che un federalismo compiuto passa per una modifica della costituzione che non troverà mai i numeri per essere approvata ne in parlamento ne in un eventuale referendum confermativo.
    E’ quindi evidente che la Lega Nord ha preso per il culo i suoi elettori per 20 anni.

    Si ritorni ad un sano centralismo che almeno per i ladri ci sono meno sorgenti a cui attingere e si può fare un controllo migliore.

  9. Marco Tizzi

    @erasmo67
    Il tuo discorso ha anche senso, se non fosse per un particolare: finché si trattava del fatto che il nord ricco (o la baviera, o la catalogna… non è un problema solo italiano) manteneva gli altri, la cosa poteva anche funzionare.
    Ma adesso il nord non è più ricco. Non lo è affatto.
    Quindi se fai tornare tutto a Roma, qui scoppia un macello.

    Come diceva De André: “Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni.”

  10. Riccardo

    Il pecorismo opinionista in Italia non ha pari. Tutti si accodano alla concertata restaurazione neocentralista in Italia. Fermo restando che nessun federalismo ha ancora visto la luce, se dobbiamo considerare la Lombardia come esempio di malgoverno regionale, nonostante la decisa eccellenza dei suoi servizi, cosa dobbiamo fare in Campania e Sicilia? Inviare le divisioni corazzate? Nel frattempo Monti prepara il prossimo governo e la sua agenda, perchè in Italia non si commissaria nulla fuorché la democrazia.

Leave a Reply