30
Dic
2013

A sua insaputa, anche la ri-municipalizzazione tedesca insegna che a vincere è il mercato.

Dopo vent’anni di affidamento dei servizi ai privati, in Germania è in corso un’inversione di tendenza che vede tornare le autorità municipali responsabili della gestione di alcuni servizi pubblici, con particolare riferimento alle reti elettrica, del gas e del teleriscaldamento, attualmente nelle mani di alcune multinazionali, tra cui Vattenfall e Eon.

Questo passaggio avviene in virtù di una legge federale tedesca grazio alla quale, una volta giunto a termine il contratto ventennale di concessione, le autorità municipali possono sollecitare offerte da nuove imprese, compresi gli enti locali, che desiderano gestire la rete locale.

Tra il 2007 e metà 2012 oltre 190 concessioni energetiche (soprattutto per le reti di distribuzione) sono tornate in mani pubbliche e sono nate più di 60 nuove utilities locali pubbliche (Stadtwerke).

Dietro a tale iniziativa c’è la volontà di abbandonare il carbone e il nucleare e favorire il passaggio a fonti di energia rinnovabile, attraverso una gestione delle reti e una politica di investimenti volta a favorire selettivamente le energie “verdi” rispetto a quelle convenzionali. A tal fine, sarà necessario un investimento di più di 20 miliardi l’anno: secondo i fautori del pubblico i privati avrebbero incentivi economici ridotti a fare tali investimenti e il crescente utilizzo delle rinnovabili mette a rischio la profittabilità delle esistenti centrali a gas (anche se tra le due cose non vi è necessariamente un nesso, poiché le reti sono un business regolato, e le centrali sono pienamente esposte alla concorrenza).

Per quanto riguarda la ri-pubblicizzazione, è stato indetto un referendum che ad Amburgo ha avuto esito positivo (con il voto del 50,9% della popolazione), mentre a Berlino è fallito.

Dal punto di vista dei cittadini, le motivazioni a favore della ri-pubblicizzazione sono legate al fatto che l’approvvigionamento energetico è un servizio pubblico di base e, in quanto tale, non dovrebbe servire motivi di profitto; inoltre, attualmente le tariffe sarebbero troppo elevate e, in media, maggiore degli altri paesi UE. Bizzarramente, la principale ragione degli aumenti di prezzo degli ultimi anni sta proprio nell’ingente spesa per sussidiare le fonti rinnovabili!

Tuttavia in Germania, come nel resto d’Europa, le reti elettriche sono strettamente regolate quali monopoli naturali dall’Agenzia federale delle reti (l’equivalente, in campo energetico, della nostra Aeeg), quindi il margine di manovra sui prezzi è molto limitato. Peraltro, non è per nulla scontato che una gestione pubblica riduca i costi: proprio in Germania il servizio idrico, sebbene in mano a società pubbliche, si contraddistingue per tariffe molto elevate, necessarie a garantire elevati standard di qualità (eppure, nonostante l’efficienza operativa, si osserva un indebitamento elevato).

D’altra parte, gli oppositori temono che l’acquisto di tali servizi metterebbe in ginocchio le già precarie risorse delle città, mettendone a rischio competitività e credibilità. Ad esempio, Amburgo dovrebbe sostenere una spesa pari a 2 miliardi di euro per riacquistare le reti energetiche che ha venduto a Vattenfall e Eon più di 20 anni fa.

Nei casi di città eccessivamente indebitate, qual è Berlino, è lecito dubitare che si potrebbero garantire investimenti e un alto livello del servizio.

Inoltre, dietro le ri-pubblicizzazioni vi sono rischi di conflitti di interesse: piuttosto che garantire un miglior servizio a prezzi più bassi, potrebbero essere un pretesto per creare delle situazioni di sussidi incrociati e per assicurare posti di lavoro, anche a scapito dell’efficienza.

In questo recente studio sul fenomeno della ri-municipalizzazione (con riferimento, in particolare, al servizio idrico in Francia e all’energia in Germania), gli autori concludono che questa tendenza, sempre più diffusa, dipende da un insieme di fattori politici ed economici. Secondo la letteratura, si tratta di un processo di apprendimento e aggiustamento delle diverse politiche, consentito proprio dal continuo confronto tra il paradigma pubblicista e quello privatistico. Il risultato, inoltre, è strettamente dipendente dalla volontà delle diverse parti in gioco di promuovere riforme pro-stato o pro-mercato e dal grado dell’accettazione sociale dei diversi modelli. In generale, sembrerebbe esserci una più diffusa fiducia per le società pubbliche, che garantirebbero un’efficienza sostenibile duratura, rispetto alle società private, che sarebbero invece più orientate al profitto di breve periodo.

Questo studio e l’esperienza tedesca in particolare confermerebbero, dunque, che le società pubbliche funzionano meglio di quelle private?

No: innanzitutto, perché la decisione di ri-pubblicizzare è stata sostenuta e diffusa da una forte associazione nazionale di utilities locali (la VKU, Verbandkommunaler Unternehmen), che conta più di 1400 membri. Secondo tale associazione, le Stadtwerke garantirebbero meglio l’interesse pubblico. È evidente il conflitto di interessi dietro tale iniziativa e la mancanza di effettive motivazioni economiche.

In secondo luogo, il mercato era dominato da quattro grandi imprese (Eon RWE, Vattenfall e EnBW): il problema, dunque, non è tanto la natura delle imprese – pubbliche o private – ma l’asfittica competizione nel settore elettrico (che emerge anche dall’Indice delle liberalizzazioni 2013).

Infine, diversi studi (un sondaggio dell’università di Leipzig, uno della KPMG e uno della Monopolkommission) concordano che la decisione di ri-municipalizzare dipende da un mix di fattori ambientali, finanziari ed economici, ma il fine principale è quello di mantenere il controllo e l’influenza sul tipo di energia usata, mentre l’efficienza e l’impatto sociale della fornitura privata di elettricità giocherebbero un ruolo secondario. Vi sarebbe inoltre interesse a garantire ricavi da oneri di distribuzione: mentre la redditività delle imprese di distribuzione di energia elettrica regolamentate potrebbe essere troppo bassa per le imprese private, questo consentirebbe di aumentare le entrate comunali senza incrementare le tasse.

In altre parole, dietro la crescente tendenza alla ri-municipalizzazione tedesca ci sarebbero scelte politiche ben precise, e non economiche. Se tale decisione darà i risultati sperati, dipenderà proprio dalla capacità politica di garantire il rispetto dei principi di mercato (tra cui tariffe adeguate, investimenti e concorrenza per il mercato).

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